Non sei né il primo né l'ultimo a questo mondo; se vuoi vivere devi adattarti a godere di quello che trovi, che d'altronde non potresti cambiare - dice la folla.
Ma devo vivere cosí perché? Per aspettarmi che cosa? Per conservarmi a che cosa per cui io debba rinunciare a quello che voglio, sacrificare quello che per me sarebbe la vita?
No, il mondo è il mio mondo e nel mio mondo sono «io» il primo e l'ultimo, non trovo niente di fatto prima di me, non mi posso affidare che niente venga fatto dopo di me, ma devo prender su di me la responsabilità della mia vita come la devo vivere, che su altri non può ricadere; aver io stesso in me la sicurezza della mia vita che altri non mi può dare, creare io il mondo come io lo voglio, che prima di me non esiste: devo essere padrone e non schiavo nella mia casa. Aver fatto non mi giova ma fare, in qual modo lo faccio, poiché non c'è premio dagli altri, che non sono per me, né dalla cosa fatta, che com'è fatta cosí non è, ma per giungere a fare tutto in un punto: in questo vivendo in tutte le cose tutto me stesso, poiché io sono il primo e sono anche l'ultimo.
Cosa che mi possa fare diverso da quel che sono non esiste, che mi potrebbe togliere di continuare in ciò e per ciò che non esiste, ma non potrebbe mai togliermi il mio mondo: che duri un anno o un secolo sarà stato sempre lo stesso.



Nei momenti che sento un po' d'entusiasmo nel lavoro arido, mi par di lottare per la vita e per il sole contro quell'aridità e quell'oscurità della filosofia universitaria, di lottare per il sole e per l'aria e per i sassi puri del Valentin, d'essere un falco che manda via le cornacchie dalla cima del monte. E vero che lavoro per una rovina [quella del castello sul San Valentino, vicino Gorizia], e che tanto le cornacchie alla cima non ci arrivano, e che continueranno sempre a chiamar cima quella pianura sudicia dove stanno, che continueranno sempre a mangiar cadaveri - a trar la vita dalla morte, e che non c'è forza al mondo che possa tirarle da quell'illusione, che resteranno sempre cornacchie. E che in fondo in fondo tanto vale una cornacchia che un falco. Ché in un modo o nell'altro tutti e due mangiano per vivere e vivono per mangiare; e vivono e mangiano per morire. - Ma lasciatemi almeno per questi mesi l'illusione che valga realmente più d'un falco. Perché soltanto cosi le cornacchie finiranno col dargli la cittadinanza onoraria fra loro - voglio dire la laurea. Ma questa laurea me la fanno pagare cara proprio.


Da Scritti vari in Opere, Firenze 1958, pp. 744-745;
da una lettera alla famiglia del 30 marzo 1909 in ibidem, p. 547.



FONDO CARLO MICHELSTAEDTER



NUNZIO CASTALDI

L'ETICA PERSUASA DI
CARLO MICHELSTAEDTER


INDICE - TESTI - APPENDICI



ANTONIO PIROMALLI

1. La vita e l'uomo nell'Epistolario scelto. - 2. Personalità e assoluto in Michelstaedter. 3. La persuasione e la rettorica. - 4. Le Poesie e gli Scritti vari.

GIACOMO DEBENEDETTI

PENSIERO E STILE DI MICHELSTAEDTER

EUGENIO GARIN

LA RIFLESSIONE DI MICHELSTAEDTER

LETTERE SCELTE

Dialogo in sinagoga

con Michelstaedter


Intervista a Silvio Cumpeta

Carlo Michelstaedter
par Julius Evola
(Explorations. Hommes et problémes;
Puiseaux 1989)

ROSITA TORDI
CARLO MICHELSTAEDTER

GIORGIO VALENTINO FELCHERO
SIGNIFICATO DELL'ARTE NELLA
SPECULAZIONE MICHELSTAEDTERIANA

(IL CASO MICHELSTAEDTER)
© G-V. FELCHERO - PER GENTILE CONCESSIONE