UMBERTO BOCCIONI

LETTERE II


A Nino Barbantini
Milano, 21 giugno 1910

Caro Signor Barbantini,
dalla redazione di "Poesia" riceverà l'elenco delle opere che ho già spedite franche di porto col seguente indirizzo: dott. Barbantini, Galleria d'arte moderna, Palazzo Pesaro, Venezia. È giusto? Come vedrà le opere sono 33 tra quadri, impressioni, pastelli, disegni e incisioni.
Ho obbedito ai di Lei consigli e ho mandato anche gli ultimi, cioè Paesaggio grande e La signora Maffi, questa sotto il titolo Una maestra di scena. Ogni lavoro porta a tergo un numero progressivo corrispondente all'elenco che riceverà. I prezzi per ora sono come sono, in caso di vendita ci intenderemo a voce, perché vengo assolutamente per l'inaugurazione e forse prima.
Mi farebbe sommo favore avvertendomi dell'arrivo per essere più tranquillo. Le opere sono distribuite in due casse più una gabbia con cornici per le acqueforti, perché per far presto ed evitare danni ho voluto spedirle senza vetro e smontate, riservandomi a fare questo personalmente a Venezia: sarà questione di poche ore. Le misure sono inutili considerando che Lei avrà per dopodomani le opere a Palazzo Pesaro.
I due quadri grandi (ritratto e paesaggio) sono coperti perché la vernice data è ancora fresca e la polvere vi si appiccica guastandoli irremediabilmente. Le sarei grato se Lei desse ordine di tenerli riparati il più possibile. Altro non ho a dirLe per ora se non d'accomodarmi per una buona sala perché questa mostra mi costa sacrifici degni di ricompensa.
Il mio amico Marinetti sarà a Venezia dopodomani 23; in questo senso deve averLe telegrafato. Ha gran desiderio di conoscerLa e se

A Nino Barbantini
Milano, 21 giugno 1910

Caro Signor Barbantini,
dalla redazione di "Poesia" riceverà l'elenco delle opere che ho già spedite franche di porto col seguente indirizzo: dott. Barbantini, Galleria d'arte moderna, Palazzo Pesaro, Venezia. È giusto? Come vedrà le opere sono 33 tra quadri, impressioni, pastelli, disegni e incisioni.
Ho obbedito ai di Lei consigli e ho mandato anche gli ultimi, cioè Paesaggio grande e La signora Maffi, questa sotto il titolo Una maestra di scena. Ogni lavoro porta a tergo un numero progressivo corrispondente all'elenco che riceverà. I prezzi per ora sono come sono, in caso di vendita ci intenderemo a voce, perché vengo assolutamente per l'inaugurazione e forse prima.
Mi farebbe sommo favore avvertendomi dell'arrivo per essere più tranquillo. Le opere sono distribuite in due casse più una gabbia con cornici per le acqueforti, perché per far presto ed evitare danni ho voluto spedirle senza vetro e smontate, riservandomi a fare questo personalmente a Venezia: sarà questione di poche ore. Le misure sono inutili considerando che Lei avrà per dopodomani le opere a Palazzo Pesaro.
I due quadri grandi (ritratto e paesaggio) sono coperti perché la vernice data è ancora fresca e la polvere vi si appiccica guastandoli irremediabilmente. Le sarei grato se Lei desse ordine di tenerli riparati il più possibile. Altro non ho a dirLe per ora se non d'accomodarmi per una buona sala perché questa mostra mi costa sacrifici degni di ricompensa.
Il mio amico Marinetti sarà a Venezia dopodomani 23; in questo senso deve averLe telegrafato. Ha gran desiderio di conoscerLa e se Lei avrà la cortesia di trovarsi al Florian all'ora indicata potrà mettersi d'accordo anche su argomenti che mi riguardano.
Mi raccomando a Lei e ringraziandoLa mi creda devotissimo.

Umberto Boccioni

A Nino Barbantini,
[luglio-agosto 1910]

Caro Barbantini,
non mi stupisce se lei trova enormi difficoltà a vendere... È sempre stato così per me e lo sarà ancora per molto. Sono del Suo parere di accettare le condizioni del Signor Volpi, che non conosco personalmente, ma che La prego di ringraziare per me. Adesso Le chiederei urgentemente un favore. Se di questa o di quell'altra vendita ha incassato qualche cosa, Le sarei grato se mi anticipasse un sessanta o settanta franchi, almeno cinquanta, dovendo fare una spesa enorme di colori e tele per nuovi lavori.
Comincio mercoledì un quadro di 2 metri X 3 e altri due poco meno della metà. Vede che c'è carne al fuoco: speriamo bene e morte al passatismo!...
Voglio scrivere allo Stabilimento che fece il catalogo: mi vorrebbe usare la cortesia di inviarmi l'indirizzo?
Saluti a Garbari, Licudis, Wolf e a tutti gli altri e Lei con i miei più sentiti ringraziamenti per la noia, mi creda devotissimo.

Umberto Boccioni

A Gino Severini
[dopo il 1° agosto 1910]

Caro Gino,
ti scrivo per chiedere segretamente (!) il tuo giudizio su chi può ancora firmare il manifesto nostro, tra i nomi che seguono la firma dei Cominetti nella lettera a Marinetti. Noi ci fidiamo completamente del tuo giudizio ma ti debbo avvertire che le firme devono essere di giovani assolutamente convinti di ciò che il manifesto afferma. L'adesione deve essere completa e senza restrizioni mentali.
È necessario che attorno alla fede assoluta nel complementarismo congenito si leghino quelle qualità intellettuali che fanno il completo futurista. Ci vogliono giovani (e ce ne sono pochi) di fede e abnegazione sicura; di coltura e di azione e che nelle loro opere per quanto incerte aspirino a quella completezza di perfezioni che segnano la via luminosa dell'ideale.
Di Cominetti non so che dirti perché non lo conosco. Di Baldo salvo ad aver fatto miracoli, dubito. Però mi fido del tuo parere se i suoi progressi in arte, e la sua vita d'intelletto combaciano con le nostre aspirazioni.
Marinetti ha mandato a tutti i letterati, giornali, riviste ecc. del mondo il manifesto qui unito del quale sarà fatta però una ristampa in cui si potranno aggiungere le firme che credi opportune.
Mi raccomando di nuovo a nome di tutti la massima severità nella scelta. Tu vedi che già uno (il Bonzagni) non firma più il manifesto perché non è convinto del divisionismo... Questo fatto è noiosissimo perché dà a credere agli imbecilli che... gl'intelligenti ci abbandonino!!! Noi ne abbiamo rifiutati a diecine tra i quali Doudrville che tu conosci. Per ciò non temere: scrivi pure senza ritegno ché la cosa resta tra noi.
Io ricomincio a lavorare dopo le battaglie di Napoli e di Venezia. Sono stato a Napoli e ho visto Vallone, rammollito, innamorato fumatore e lazzarone. Ma simpatico e sempre lui. Vive facendo tali porcherie in pittura da far drizzare i capelli. Longo sempre con Jerace... che gli insegna la tecnica!!! A Roma, Balla scoraggiato con qualche quadro zoppicante ma sempre forte. Lo soffocano! Da tre anni non vende, è costretto a dar lezione e soffre quasi la fame!!!...
Costantini non l'ho visto, mi dicono vada molto bene.
Sironi completamente pazzo, per lo meno nevrastenico. Chiuso sempre in sé e sempre in casa. Non chiava più, non parla più, non studia più è veramente doloroso. Lo stavano per rinchiudere in una casa di salute. Immagina che ha la casa piena di gessi e copia in tutti i sensi per 20, o 25 volte una testa greca!!! Ci disapprova naturalmente.
Prini è sempre lui: identico. Cambellotti idem e ci approva in parte, del resto tu lo conosci.
Ciao. Spargi da per tutto il manifesto e dallo ai Cominetti. Un abbraccio tuo
Umberto Boccioni
Saluti affettuosissimi da Marinetti e da tutti gli amici Pittori e Poeti.

A Nino Barbantini
[agosto 1910]

Caro Barbantini,
sono meravigliatissimo di non ricevere alcuna risposta ad una mia lettera espresso con la quale le rispondevo riguardo la vendita di Gisella al Signor Volpi. Le dicevo di accettare per 200 L. e di ringraziarlo.
Inoltre le chiedevo il favore dell'invio se si poteva di una cinquantina di lire, nella speranza che qualche cosa avesse incassato. Ha ricevuta la mia lettera?
Le sarei grato se volesse rispondere a questa e dirmi se la vendita si è almeno effettuata.
Ringraziandola anticipatamente mi creda devoto.
Umberto Boccioni

A Nino Barbantini
[settembre 1910]

Carissimo Barbantini,
grazie mille dell'invio di Lire duecento sulle mie vendite.
Avrei piacere di ricevere la nota delle spese che spero si limiteranno alla réclame del catalogo.
L'autorizzo e Le chiedo il favore di dare cinque lire all'usciere che mi ha scritto di aver incassato e spedito. Vorrei di più ma Lei sa cosa mi fruttano le mie vendite. Altre spese non so quali siano, in ogni modo attendo una sua lettera che mi informi.
Ho piacere che Lei si sia tenuta la piccola impressione dell'Interno con mia madre che lavora. Anche a me sembrava buona e ho piacere che stia presso Lei. Mi farebbe un gran piacere informandomi sulle sorti della Maestra di scena.
Intanto speriamo che non stia all'umido... in qualche cantina... Io lavoro molto. Ho quasi finito tre lavori. Un quadro di metri 3 X 2 dove ho cercato una gran sintesi del lavoro, della luce e del movimento. È forse un lavoro di transizione e credo uno degli ultimi! È fatto completamente senza modello e tutte le abilità del mestiere sono sacrificate alla ragione ultima dell'emozione.
Il secondo lavoro è ancora più sintetico e spero che sia veramente il primo della lunga serie che voglio di quadri in cui il colore diventa un sentimento e una musica in sé. Ho delle idee nate in questi ultimi mesi e maturate in questi giorni, ma sono di una difficile esposizione per iscritto per un pittore.
Si ricorda quelle discussioni al Florian?
Sono su quella via. Se potrò (e spero) l'emozione sarà data ricorrendo il meno possibile agli oggetti che l'hanno suscitata. L'ideale per me sarebbe un pittore che volendo dare il sonno non corresse con la mente all'essere (uomo, animale ecc.) che dorme, ma potesse per mezzo di linee e colori suscitare l'idea del sonno, cioè il sonno universale al di fuori delle accidentalità di tempo e di luogo.
E questo con sensazioni pittoriche, cioè bei colori e belle forme, questo per il terrore dei pittori che appena sentono pensare un collega lo credono sulla via della perdizione se non del tutto rovinato. Vede che son ben lontano dell'essere un pedestre seguace di Helleu o di Chahine... come dice la "Voce." Saluti da Marinetti e dagli amici. Mi scriva presto e mi creda suo devotissimo.
Scusi la forma.
Umberto Boccioni

A Nino Barbantini
Milano, 5 novembre 1910

Caro Barbantini,
ha letto l'attacco feroce di A. Soffici sulla "Voce" a mio riguardo? Ne sono completamente indifferente, ma mi duole veder un giovane che stimo dichiararmi seguace pedestre di quel mascalzone di Helleu, quel mediocre di Chahine e Prunier. Si può demolire ma non si fanno paragoni disonoranti. C'è poca buona fede in quella postilla e molta bile fiorentina. Forse risponderò con una lettera. La pregherei, caro amico, di mandarmi subito qualche notizia sull'arrivo della mia merce e se è possibile aver del denaro il più presto possibile. Il primo del mese è passato e sono sulle spine e ho bisogno di rimettermi in quiete. Mi risponda anche riguardo alla Maestra di scena, ma soprattutto sulle due cose che Le chiedevo sopra. Saluti agli amici e con la preghiera di rispondermi subito mi voglia bene e mi creda suo affezionatissimo
Boccioni

A Nino Barbantini
[dicembre 1910]

Caro Barbantini,
grazie del giornale, ricevuto in ritardo perché mi trovavo a Roma per vedere di organizzare un'Esposizione futurista. Meravigliosa la conferenza: enorme la materia trattatavi. Congratulazioni vivissime da tutti noi che abbiamo letto uno alla volta con immenso piacere e compiacimento. Mi dia notizie sui suoi progetti per l'avvenire, tanto riguardo a Lei quanto riguardo all'Esposizione di Ca' Pesaro. Ricevetti il denaro e La ringrazio: vi sono formalità da definire?
Mi scriva circa la Maestra di scena. Credo inutile rimandarla. Manderò la cassa. Saluti da Marinetti e da tutti. Mi creda dev.mo
Umberto Boccioni

A Nino Barbantini
[maggio 1911]

Caro Barbantini,
non so davvero come cominciare per paura di cadere in qualche vecchia frase convenzionale che serva ad esprimere la mia ammirazione e la mia riconoscenza. L'articolo che Lei ha scritto è così pieno, così profondo e animato da un'analisi così amorosa e sincera che mi ha commosso.
Mio caro amico, debbo dirLe che devo a Lei la prima esposizione individuale (che è quanto dire aver misurato le mie forze) e a Lei devo la prima gioia di vedermi analizzato e penetrato nell'insieme della mia attività artistica, qualunque essa sia.
Potrei e vorrei discutere a lungo con Lei su quello che dice circa l'insistere sulla pittura simbolica. Lei non mette assolutamente in dubbio la mia sincerità nell'eseguire un lavoro che sotto diversa forma meditavo da quattro anni, è vero? Ammesso dunque questo punto Le dirò che nel quadro: Il Lavoro il solo difetto è una leggera insistenza di particolari veristici in un'opera che è una completa visione mentale sbocciata dalla realtà. Dunque non è la mia tendenza simbolica che vada condannata, ma è l'opera particolare che può cadere.
Anche in questo però non esito a dire che un quadro di simili dimensioni, animato da un'intenzione così pura, quale è quella di innalzare alla vita moderna un nuovo altare vibrante di dinamica, altrettanto puro ed esaltatore di quelli che furono innalzati dalla contemplazione religiosa al mistero divino, un quadro dico che tenta questo è infinitamente superiore a qualsiasi riproduzione più o meno soggettiva della vita reale.
Si può sempre concludere con un certo scetticismo su tutte le costruzioni mentali dei filosofi, ma malgrado ciò quando penso all'uomo che prendendo e partendo da alcuni elementi primi o premesse che sono la sua luce interiore, la sua intuizione e su questi con un orgoglio che delira, con una legge ferrea che incute terrore, tenta di costruire un sistema, un mondo, qualunque sia l'esito di quest'opera fatalmente destinata ad essere fiaccata nel tempo, io ammiro, ammiro sempre e anche se tutto ciò porta l'uomo a rompersi il collo. Bisogna perdonare qualche sbaglio e qualche incertezza all'uomo che tenta di volare.
Questo lo ho detto perché il suo articolo ha rinfocolato delle contrarietà quasi acquietate sul mio verismo simbolismo, oggettivismo soggettivismo e simili ismi che significano nulla quando si ha il bisogno di lavorare e liberarsi di un'idea creandola.
Carissimo Barbantini, quando ci potremo vedere e discutere un po' assieme? Per ora non posso che inviarle il mio più fraterno saluto e con la più grande ammirazione i miei vivissimi ringraziamenti.
Aff. Umberto Boccioni
P.S. Dopodomani parto per Roma per tenere la sera del 29 la conferenza sul Futurismo e pittura futurista al circolo artistico internazionale. Mi scriva. Saluti. U .B.

A Gino Severini
[prima del 23 dicembre 1911]

Caro Gino,
ti ho fatto spedire i colori che spero riceverai presto. Ti auguro buon lavoro e un anno meraviglioso!!! Sono in uno stato d'animo strano: conquisto la vita! arrivo col pensiero alle più alte cime dell'arte e l'opera che faccio mi sembra presso che merda!
È un periodo strano, che non è interamente brutto ma mi lascia triste in fondo. Lavoro poco!!!
La Ines mi tormenta a periodi nella fantasia.
Mi pare d'aver perduto molto, alle volte... poi mi pare d'essermi salvato. Non comprendo più nulla!
Gli uomini, le donne, le cose sono tutto in me allo stato di caos!
Marcio verso il trentesimo anno completamente al buio! Io che credevo di sapere tante cose...
Così in pittura così in tutto! Tutto è capolavoro ed io soffro ma lentamente, lontanamente, nel mio profondo.
Vorrei amare molto e ne vedo l'inutilità! Vorrei lavorare e creare molto e temo di non essere in alto, né puro abbastanza, è terribile!
Sono solo e vuoto! e la vita esteriore mi porge tutti i suoi allettamenti! Mi sento nella mia pienezza fisica e sono triste.
Ciao lavora lavora lavora.
Tuo Umberto

Mandami l'indirizzo e nome del Signor Costa. Ciao.
Per le cornici fa a credito un piccolo giro di legno come noi.
Per le fotografie fanne a credito tre delle opere più interessanti. Marinetti verrà a Parigi e pagherà lui. Fai le cose bene. Ai primi di gennaio Marinetti sarà a Parigi. Ciao.

A Nino Barbantini
Parigi, 12 febbraio [1912]

Carissimo Barbantini,
la sua lettera mi ha trovato in preda ad una specie di ebbrezza per l'enorme successo ottenuto dalla mia Esposizione e da quella dei miei amici!
Il successo è consacrato dalla critica di tutti i giornali che pur facendo molte riserve, proclama il nostro trionfo sui cubisti francesi e l'apparizione di una nuova tendenza! Guillaume Apollinaire, divenuto mio amico, dichiara (in agro-dolce francese) che se la modernissima pittura francese aveva dimostrato la "melodia" (sotto un punto di vista nuovo) dalla nostra esposizione appare la possibilità di innalzarsi fino alla "sinfonia."
Tutta la battaglia è stata caratterizzata dai miei "stati d'animo" dei quali si discute in tutti i centri artistici e letterari di Parigi.
I francesi sono sbalorditi che da una piccola città di provincia come Milano sia venuta fuori una parola che li fa rimanere attoniti, loro così abituati a tutte le originalità più assurde...
Nemmeno io credevo che i miei tre lavori suscitassero tanto baccano... Lei sa che ne ho dieci e sette dei quali sono atti a farsi stracciare in un'esposizione italiana, ma questi tre "stati d'animo" hanno bastato ad indicare una via. Certo, che in tutte le ricerche analitiche e accidentali degli impressionisti per la luce, di Cézanne per il colore, di Matisse e Picasso per la forma (e dopo questo i Cubisti) si sente il bisogno assoluto di uscire e dagli elementi costruttivi trovati in questi ultimi tempi passare alla costruzione definitiva.
Questa sintesi - data la tendenza sempre più accentuata dello spirito umano di dare il concreto per mezzo dell'astratto - non può essere espressa se non per mezzo di elementi oggettivi spiritualizzati.
Questa spiritualizzazione sarà data da puri valori matematici, da pure dimensioni geometriche, in luogo della riproduzione tradizionale, ormai conquistata dai mezzi meccanici...
Quali saranno i soggetti che questa oggettività superiore dovrà comporre? Se gli oggetti saranno dei valori matematici, l'ambiente in cui vivranno sarà un ritmo particolare all'emozione che li circonda. La traduzione grafica di questo ritmo sarà uno stato di forma, uno stato di colore ognuno dei quali ridarà allo spettatore lo "stato d'animo" che lo ha prodotto.
Mentre a prima vista questo sembra (secondo alcuni) o filosofia, o letteratura, o matematica, secondo me è pittura pura!
La pittura che sta a quella tradizionalmente rappresentativa, come la musica polifonica sta alla musica del melodramma. La mia conferenza - che tenni a Roma - tradotta da Marinetti e letta alla Maison des Étudiants da lui stesso, ha prodotto un vero entusiasmo! Uguale interesse ha prodotto la prefazione del catalogo da me scritta; le basti sapere che ne sono stati stampati 13.000!
Le conoscenze nel mondo letterario e artistico, maschile e femminile, sono state innumerevoli. Ogni giorno ci si invita a destra e a sinistra! Io resto qui due o tre mesi. Da Londra, l'Aia, Liegi ci giungono inviti vantaggiosi di case che vogliono una nostra esposizione.
L'Esposizione a Palazzo Pesaro non era per aprile? Perché ora in giugno? Mi preme sapere. Dica al simpatico Wolf Ferrari che non abbiamo potuto votare perché eravamo tutti a Parigi. Lo saluti e così la prego di fare per tutti gli amici. Mi scriva e mi voglia bene suo
Umberto Boccioni

Ho ricevuto la sua da Bernheim. Indirizzo: Impasse Guelma 5, chez Severini-Montmartre.

A Vico Baer
Londra, 10 marzo 1912

Carissimo Amico,
non ho scritto fino ad ora, perché a Parigi ho sempre atteso un telegramma che mi annunciasse il suo arrivo... Invece l'Esposizione è finita e sono già a Londra! Tra un'ora c'è l'inaugurazione per il vernissage e la stampa, domani per il pubblico. Dai rappresentanti della stampa venuti fino da ieri si può cominciare a capire che anche a Londra l'Esposizione desterà un enorme interesse.
Lei sa che qui siamo venuti con un contratto magnifico? Dopo Londra siamo quasi completamente impegnati con una grande casa tedesca di Berlino che ci tempesta di telegrammi con proposte eccellenti... così dall'Aia, da Bruxelles, da Dublino, da Liegi, da Amsterdam... L'Esposizione di Parigi ha mostrato a tutta l'Europa l'esistenza di una nuova tendenza armata d'un formidabile entusiasmo e di una sana giovinezza. La mia prefazione sul catalogo ha talmente interessato e piaciuto che si sono stampati 17.000 cataloghi ed ora, ad Esposizione chiusa, se ne vendono ancora. Anche il catalogo inglese è bello. Il negoziante vi ha aggiunto una spiegazione d'ogni singolo quadro che deve essere curiosa, ma che sarà utile per queste bestie di inghilesi... come diceva Benvenuto Cellini!
Del resto il pubblico è imbecille in tutti i paesi e come non capisce in Italia non capisce qui, non capisce in Francia. Solo che in Francia ad esempio, essendovi più cultura moderna, più centri artistici, l'ambizione d'essere un innovatore, un capo scuola è più compresa al di fuori del successo immediato. In Italia invece sono un talento che si guasta e basta!...
Non vedo l'ora di rimettermi calmo a lavorare... Ma era necessario che tutto il lavoro che avevo fatto finora nel buio miserevole di Milano fosse mostrato, e a me stesso dessi la consolazione di vedere a qual punto arrivavo nella mia rivoluzione. E veramente tutti, che qui all'estero conoscono l'Italia e lo stato infantile, ignobile e volgare del suo ideale estetico, non arrivano a comprendere con quale sforzo noi si sia potuti uscire dall'italico pantano, per mettere d'un colpo l'arte italiana a fianco di quella francese. Lei sa che il resto non esiste! E Lei sa bene che in questi due ultimi anni la mia produzione è sorta tra le risate, lo scherno e la compassione...
Ho tanto desiderata la sua venuta a Parigi... Si sarebbe divertito a vedere e sentire come si parlava di me e cosa si attende da me... Fa quasi paura!... Mai come ora sono stato certo della via che devo seguire! E riuscirò!
Carissimo Vico, in questi giorni in cui vivo di certezze! (è un cibo questo, che dà ad ogni istante le vertigini! ...) guardo di tanto in tanto indietro al mio passato, ed ho presenti con una strana lucidità tutti coloro che sono stati buoni con me. E come mi rammento ed odio tanti altri, così sento un'infinita tenerezza per tutti quelli che in momenti difficili mi hanno sorretto! È con questo sentimento che le stringo la mano e la saluto!
suo
Umberto Boccioni

A Vico Baer
Parigi, 15 marzo 1912

Carissimo Vico,
la sua lettera è condita di quella sottile ironia che si conviene quando si parla con un artista. Io però sono troppo sicuro della sua amicizia per non averne sorriso, e desiderato d'essere a Milano per parlare di psicologia e filosofia... come lei dice!...
Purtroppo le confesso che in questi giorni sono un po' agitato dall'indecisione se stabilirmi a Parigi o tornare in Italia. Ho paura che il soggiorno a Milano mi sia insopportabile dopo il periodo, anzi la parentesi, che ho vissuta a Parigi.
Penso che potrei essere molto più innanzi (o forse m'inganno...) se tutto il lavoro interno delle mie trasformazioni si fosse effettuato in un ambiente più favorevole, come ad esempio è Parigi. M'accorgo che molti coraggi mi sono mancati a causa della solitudine completa nella quale il mio spirito ha vissuto. E non solo solitudine, ma corrosione continua di quel nucleo indistruttibile ed ora fatalmente in evoluzione, che è il complesso delle mie scoperte naturali.
Tutto quello che ho fatto a Milano ha preso, in questi giorni, dopo le prove di Parigi e di Londra, un valore enorme ai miei occhi, non nei lavori - che non ci tengo - ma nello sforzo di liberazione e di distruzione che ho dovuto fare.
Ora mi domando: cosa avrei (forse) fatto, in mezzo a gente che mi avesse continuamente incoraggiato? Cosa avrei fatto se non avessi avuto sempre davanti il terrore di essere creduto un futurista, un deviato, un cervello che andava in fumo? Torno sempre su questo argomento e confesso che dieci volte al giorno vi penso e maledico il tempo perduto, la mia miseria, la viltà degli amici, la spaventosa nullità dell'ambiente italiano! E la rabbia di riacquistare quello che credo perduto e di rafforzare ciò che in me ha dubitato fino adesso,
mi rende feroce contro tutti!
In questi giorni sono ossessionato dalla scultura! Credo di aver visto una completa rinnovazione di quest'arte mummificata.
Ai primi di aprile parto per Berlino dove si inaugura la nostra esposizione, in sale offerte da una associazione artistica d'avanguardia. Da Berlino, purtroppo, tornerò direttamente a Milano. L'Esposizione si farà, dopo, a Bruxelles.
Alcuni americani, pittori, di Nuova York, hanno mandato laggiù il catalogo con la mia prefazione e mi hanno detto che tra gli artisti giovani ha destato un grande entusiasmo e che in una scuola d'arte un professore l'ha letta e spiegata agli allievi.
Quando dico dei miei "successi" non mi baso già sulle 40.000 persone che secondo il "Daily Mirror" hanno visitato l'Esposizione di Parigi, ma sui sintomi che io solo forse ho colti, e sulle sette o otto persone che secondo me stimo degne di parlare d'arte.
La Signora Sarfatti è tornata a scrivermi, gentile fino ad irritarmi. Già, tutte le lettere, quasi, che mi son venute dall'Italia mi hanno irritato! È strano come la Signora Sarfatti sia costretta a sdrucciolare e zoppicare nella vita come quando parla d'arte... Fortuna che i ruzzoloni che fa per le scale sono meno gravi di quelli che fa quando protesta altamente contro le astrazioni... ci sarebbe da rimetterci l'osso del collo!... Non lavoro affatto, ma dormo molto, vado a spasso, sono molto amato e carezzato: e penso... quasi felice!
A Londra con Marinetti sono andato a insultare, in casa, un giornalista inglese. Che magnifica gita in automobile fino a sessanta chilometri da Londra! Ho assistito a tutti i disordini delle suffragette, incoraggiandole e acclamandole quando le vedevo arrestare, sorridenti... un po' pallide. Ho fatto a pugni e gomitate per proteggerle dalla folla inferocita che pareva animata da pessime intenzioni.
Londra, bella, mostruosa, elegante, ben pasciuta, ben vestita, ma cervelli pesanti come bistecche. Interni di case magnifici; pulizia, one stà, calma, ordine ma in fondo un popolo idiota o semi.
Quando penso a tutta l'imbecillità socialistica, cooperativista, positivista, igienista che vuoi giudicare le cose italiane attraverso l'ossessione di ciò che è inglese... mi viene la nausea... C'è tanto di Napoli e di lazzarone in questa meravigliosa Parigi, ed è da qui che la luce, come spirito, si proietterà nei secoli!! Solo qui c'è arte e solo l'arte testimonia dell'altezza dei popoli! Cosa conta se un giorno si scaveranno sotto le macerie di Londra degl'impermeabili intatti e dei libri mastri senza macchie d'inchiostro? Quanti imbecilli a questo mondo!
I miei più cari saluti alle Signore Baer e Ruberl e a lei una stretta di mano dal suo
Umberto Boccioni

A Nino Barbantini
Berlino, 13 aprile 1912

Carissimo amico,
sono a Berlino da diversi giorni e sto per finire il mio giro... internazionale. Forse Lei già saprà dell'enorme successo che la nostra esposizione ha ottenuto a Parigi e a Londra. A Berlino si ripete lo stesso interessamento e le stesse discussioni accanite.
Non so se sa che ogni spesa ci viene pagata sotto ogni riguardo e che incassiamo una percentuale sugli ingressi che a Londra ha reso a noi dalle quaranta alle cinquanta lire al giorno.
A Berlino vi è una polemica vivacissima perché la "Secession" di questa città ha fatto pubblicare che noi esponevamo presso di Lei con gli impressionisti, post impressionisti, espressionisti, cubisti ecc.
Non può credere che fervore di interessamento vi sia per le nuove tendenze in queste tre città che ho visitato. Quando dico loro che in Italia ci si copre di insulti non vi credono...
Tra pochi giorni parto e vado a Francoforte invitato da una ricca signora di laggiù e che possiede un mio grande quadro. Il grande pianista Busoni, che vive a Berlino da molti anni, ha comperato a Londra il mio quadro La ville monte che in italiano chiamavo Il lavoro. Lo ha pagato 4.000, di cui 3.000 sono venute nette a me. A Parigi ho venduto per 800 franchi La raffe (La retata) che a Lei piaceva.
Russolo ha venduto per 1.800 lire un gran quadro a Max Rothschild così Carrà, allo stesso, l'Uscita dal teatro per 800; e Severini due quadri per circa 2.000 lire. Vede che tutti siamo contenti e si inizia un'era di lavoro fecondo. A Londra abbiamo avuti più di duecento articoli critici.
Ha ricevuto cataloghi e giornali illustrati con quadri nostri a colori?
Le ho scritto da Parigi ma non mi ha risposto. Forse vengo a Venezia rientrando in Italia. Saluti.
Boccioni

A Carlo Carrà
Berlino, [dopo il 12 aprile 1912]

Caro Carrà,
s'è inaugurata questa mattina l'esposizione con la città tutta bianca di neve. Le entrate sono state pochissime paragonate a quello che ho visto a Parigi e a Londra. La causa di tutto ciò: il tempo pessimo, l'ambiente poco accalorato per le manifestazioni d'arte e, temo, l'essere organizzatore un giornalista, quindi collega e nemico di tutti i giornalisti, quindi dell'unico strumento adatto alla réclame, in casi come i nostri. Vedremo domani se il tempo si rimetterà. Sono solo, triste e nel più elegante e ricco hotel di Berlino, dove l'imperatore viene ai pranzi degli ufficiali... Questo mi rende meno brutta la solitudine. Sale, tappeti, giornali, servitori e una camera meravigliosa e poltrone fatte apposta per fumare e sognare... Questa mattina ho trasformato da solo l'esposizione. Abbiamo quattro enormi sale, le migliori, con luce, ma mal distribuita per mancanza di tende. Vicino a noi c'è una sala di Delaunay (Torre Eiffel e due paesaggi di Parigi); Derain (paesaggio); Vlaminck (idem); Kandinsky (con una composizione musicale).
Al piano superiore: Braque, Herbin, Dufy, Kokoshka, ecc. Ho dovuto trasformare tutto ciò perché i quadri erano disposti senza alcun criterio.
Erano alti più dell'altezza di un uomo. Ho battuto chiodi e sono stanco. Siamo ospitati in una bella villa, in un viale elegantissimo non lontano dal centro.
In tutto siamo tredici o quattordici nomi, e la gioventù di tutti i paesi del mondo deve guardare ai nostri nomi col fremito di curiosità che noi ben conosciamo...
Ma temo che non ci sia il rumore tremendo di Parigi e di Londra, causa la réclame male organizzata.
Marinetti dovrebbe essere qui, sarebbe necessario. Io non sono né giornalista né letterato, né ho il suo nome, la pratica di stampa...
Sono andato dal maestro Busoni dove speravo muovere delle pedine. Sfortunatamente è ad Amburgo per concerti... Non parlo una parola quindi non mi resta che attendere e scriverti. A Marinetti ho telegrafato pochi minuti fa, speriamo che arrivi, ma senza lingua c'è poco da fare.
Quando riceverai questa, recati da lui. Spero sarà già partito, in ogni modo mi occorrono quattrocento lire. Qui la vita mi costa trenta lire al giorno e mi rovino... inutilmente. Fai le cose a modo e scrivimi due righe in lettera. Agisci subito, mi raccomando. Ho ricevuto una lettera di Russolo e Piccoli. Ringraziali.
Ti vorrei parlare della pittura, della "seule chose qui nous reste," ma sono stufo di pensare e non lavorare... Per quanto, pensare, sia l'unico mezzo per evolvermi e dimenticare tutte le orribili forme e metodi che ho imparati e che mi fanno sempre essere un abile pittore. Non c'è più verità che fuori del pittorico (come l'ho inteso fino a ieri); non mi interessa per il momento che la materia espressa secondo me stesso... et tout le reste est littérature, per ripetere ancora con Verlaine!
Per quanto tutto me stesso senta in questi giorni il bisogno e l'impeto della costruzione, sono pronto a sacrificare ogni cosa pur di approfondire in me la nuova concezione delle cose portata incidentalmente o volutamente in molte opere dei giovani d'avanguardia e che noi abbiamo intuite nel buio di Milano.
Marinetti dice che io sono portato ad esagerare il valore degli altri... Ma io non posso negare a me stesso il piacere di considerare l'opera di alcuni giovani francesi come eccellente e dichiarare a me stesso che Picasso è un talento straordinario, ma che mancano di tutto quello che io vedo e sento e per il quale credo e spero di superarli fra non molto.
È ingrandendo l'avversario che ingrandisco me stesso, comprendendolo nella mia vastità e superandolo.
Per darti la solita allegra malinconia sulle cose italiane, ti dirò che il direttore dello "Sturm," il giornale che ha organizzato la nostra esposizione, mi ha mostrato con soddisfazione un numero della "Voce" e mi ha detto che tra loro v'è solidarietà. Io gli ho descritto l'attitudine del caro giornale verso di noi ed è cascato dalle nuvole. Nota che gli artisti difesi da questo giornale, a parte i francesi, sono quanto di più nebuloso e letterario si possa immaginare. È sempre così!
Noi siamo la seconda esposizione fatta da questo giornale. La prossima sarà di Picasso, Gauguin e altri più o meno conosciuti.
La nostra esposizione si può ripetere annualmente e ho già parlato per questo e siamo d'accordo. Veramente, caro Carrà, siamo sopra una strada che se ci sarà calma e denaro per lavorare, basterà a far viaggiare le opere e tutto verrà da sé. Ma solo l'estero conta!
Non so se sai che i maggiori compratori dei cubisti, Picasso, Braque, Matisse e Van Dongen, sono tedeschi e russi, poi americani.
Sarebbe necessario un mio viaggio, ora che sono qui, a Berlino; ma farlo a mie spese vorrebbe dire ritornare in Italia al verde... Non so cosa farò. Addio, saluta gli amici e amami.
Tuo Umberto Boccioni

A Herwarth Walden
Milano, 8 maggio 1912

Carissimo Walden!
Mi sono fatto tradurre l'ultimo numero del "Der Sturm" e ti ringrazio vivissimamente di come parli di me. Grazie. Sei di una grandezza d'animo straordinaria, e di una violenza di convinzioni che mi riempiono di entusiasmo raro. ...
Attendo la lettera famosa. Oggi ho discusso con sette o otto tedeschi sul tuo giornale. La mia proposta di abbonamento fu accolta da risate ironiche che mi fecero montare su tutte le furie!... Ero in casa di amici e non potevo insultare e schiaffeggiare come avrei fatto se fossi stato con estranei. Gridai violentissimamente tutto il mio sdegno e il mio disprezzo per la loro imbecillità e miopia. Spero averli calmati e fatti ricredere sul conto del "Der Sturm" ch'io ho proclamato il solo giornale di Germania degno d'essere letto.
Loro mi dicevano che non capisco il tedesco. Io gridavo che la mia intuizione mi fa comprendere che il tuo atteggiamento in pittura e in musica deve corrispondere anche in letteratura e ciò mi basta.
Insomma ti ho difeso minacciando la mia rottura di amicizia con loro. Sono, questi amici, quelli ai quali farò vedere la tua lettera. Non parlare di questo che ti scrivo. Presente c'era anche la direttrice di una rivista tedesca ora morta e che ha detto che ti conosce... Se ti interessa mi farò dire il nome.
Ora ti chiedo un favore. Abbiamo dimenticato di far fotografare il mio quadro La Ville Monte mentre ero a Berlino. Tu sai che faccio un album di fotografie di tutte le mie opere. Mi occorre assolutamente. Devi farmi il favore di farlo fotografare subito a mie spese.
La grandezza della fotografia deve essere di 24 X 18 centimetri. Mi raccomando di non farle più piccole.
Il colore deve essere seppia quasi nero.
Scrivimi subito se puoi farla e per quando. Mi raccomando! Saluta la tua Signora la tua amica e gli amici. Ti abbraccio affettuosamente tuo
Boccioni