JOHANN WOLFGANG GOETHE FAUST 1 Dedica - Preludio in teatro - Prologo in cielo - Parte prima della tragedia (1) TRADUZIONE DI ANDREA CASALEGNO URFAUST SHOP ONLINE |
DEDICA Vi avvicinate ancora, ondeggianti figure apparse in gioventù allo sguardo offuscato. Tenterò questa volta di non farvi svanire? Sento ancora il mio cuore incline a quegli errori? Voi m'incalzate! E sia, vi lascerò salire accanto a me dal velo di nebbia e di vapori; aleggia intorno a voi un alito incantato che al mio petto dà un fremito di nuova gioventù. Voi recate le immagini di giorni spensierati, ed affiorano ombre che mi furono care; simili ad un'antica, quasi svanita saga ritornano con voi gli amici e i primi amori; si rinnova il dolore, il pianto ripercorre il corso labirintico di una vita errabonda, e nomina i magnanimi prima di me scomparsi, frodati dalla sorte di belle ore felici. Non potranno ascoltare i canti che verranno le anime alle quali i miei primi cantai; la ressa degli amici si è dileguata, ormai, l'eco prima dei canti è, purtroppo, svanita. La mia canzone suona ad una folla ignota, che perfino se applaude fa tremare il mio cuore, e chi allora ascoltava lieto la mia canzone erra, se vive ancora, disperso per il mondo. Ed una nostalgia da tempo sconosciuta mi prende di quel grave, calmo regno di spiriti, si libra adesso in indistinti suoni sussurrando il mio canto, simile all'arpa eolia, un brivido mi afferra, lacrima segue lacrima, si sente molle e tenero questo cuore severo; quel che adesso possiedo lo vedo da lontano, e quello che svanì diventa reale e vero. PRELUDIO NEL TEATRO L'impresario, il poeta della compagnia, l'attore comico L'IMPRESARIO Voi due, che nelle angustie e negli affanni tante volte mi siete stati a fianco, ditemi un po', in terra di Germania cosa sperate per la nostra impresa? Alla folla vorrei riuscire grato, tanto più perché vive e lascia vivere. I pali e le assi sono a posto, e tutti si aspettano una festa. Siedono già, le sopracciglia in alto, rilassati, e vorrebbero stupirsi. So come farmi amico il popolo, eppure non son mai stato tanto in imbarazzo. Non è che siano abituati al meglio; hanno letto, però da far spavento. Come rendere tutto fresco e nuovo, piacevole, ma significativo? Perché, certo, contemplo volentieri la folla come un fiume pigiarsi al botteghino, con sforzi dolorosi e reiterati passar la porta stretta della Grazia, in pieno giorno, prima delle quattro, farsi largo alla cassa a gomitate e, come per il pane ai forni in carestia, quasi rompersi il collo pel biglietto. Un prodigio che può su gente così varia solo il poeta: amico, fallo oggi! IL POETA Non parlarmi di folla variopinta, lo spirito a guardarla fugge via. Nascondimi le onde della calca, che a dispetto ci afferra nel suo vortice. Ma guidami nell'angolo silenzioso di cielo dove solo al poeta fiorisce gioia pura, dove amore e amicizia con mano benedetta coltivano nel cuore divina beatitudine. Ah, ciò che là sgorgò dal profondo del petto, ciò che timido il labbro balbettava per sé, ora fallito, ora forse riuscito, è inghiottito dall'attimo crudele. Spesso per anni e anni si travaglia e solo allora appare nel suo volto perfetto. Per l'attimo è nato ciò che brilla, l'autentico rimane, imperituro, ai posteri. L'ATTORE COMICO I posteri lasciamoli da parte. Se io volessi dedicarmi ai posteri, allo spasso dei vivi chi ci pensa? Ma lo pretendono, e vanno accontentati. Un bravo giovanotto vivo e vegeto non mi sembra, direi, da buttar via. Chi sa comunicare affabilmente non si adombra agli umori della gente; si augura di avere un folto pubblico, per essere più certo di commuoverlo. Animo, dunque, e date il vostro meglio: fiato alla fantasia, con tutto il coro, intelletto e ragione, passione e sentimento, e che, badate bene! non manchi la follia! L'IMPRESARIO Soprattutto, però azione in abbondanza! Si viene per guardare, si vuol veder qualcosa. Se molta roba sfila sotto gli occhi, in modo che la folla rimanga a bocca aperta, il successo all'ingrosso è assicurato, sarete il beniamino della gente. La massa la si doma con la massa, da cui ciascuno attinge a suo talento. Chi molto offre dà qualcosa a tutti, così ciascuno se ne va contento. Poiché date una pièce, datela in pezzi! È un'insalata che non può fallire, facile da inventare e da servire. Il pubblico spilluzzica e nient'altro, non serve propinargli un tutto organico. IL POETA Non capite che è un pessimo mestiere, che non si addice affatto al vero artista? Tirar via, purché piaccia ai benpensanti, eccolo qua, tutto il vostro vangelo. L'IMPRESARIO Questo è un rimprovero che non mi scalfisce: se un uomo vuole incidere sul serio, deve usar lo strumento più efficace. Pensate che dovete spaccare legna tenera, e guardate laggiù, per chi scrivete! Uno ne arriva spinto dalla noia, un altro appesantito da un pranzo luculliano, e non pochi, può esserci di peggio? hanno letto da poco il quotidiano. Accorrono distratti, come ad un ballo in maschera, han le ali ai piedi solo per la curiosità, e le signore sfoggiano se stesse ed i vestiti, collaborando gratis alla recita. Sognate sulle vette di poesia? Non siete soddisfatto che la sala sia piena? Guardate da vicino i mecenati: per metà freddi, per metà volgari! Questo pregusta, dopo, una partita a carte, quello una notte brava sul petto di una femmina. A quale scopo voi, poveri illusi, date il tormento alle leggiadre Muse? Sciorinate di più, sempre, sempre di più, e, ve lo dico io, non potete sbagliare. Cercate di confonderla, la gente, perché non si accontenta facilmente... Ma che vi prende? Una fitta o un raptus? IL POETA Vatti pure a cercare un altro servo! Il poeta dovrebbe sprecare ignobilmente, per compiacere te, il diritto supremo, il diritto di uomo che Natura gli ha dato? Come arriva a commuovere ogni cuore? Come arriva a domare ogni elemento? Non è con l'armonia che preme dal suo petto e che nel cuore gli raduna il mondo? Se la Natura avvolge indifferente sul fuso un filo eternamente lungo, se la folla caotica degli esseri risuona disarmonica e sgradevole, chi suddivide il flusso sempre uguale e lo ravviva, perché si muova a ritmo? Chi consacra l'individuo a universale, dove scandisce meravigliosi accordi? Chi sfrena le passioni con forza d'uragano ed accende il tramonto in una mente austera? Chi sul sentiero della donna amata sparge i bei fiori della primavera? Chi sa intrecciare foglie disadorne, verde corona ai meriti più vari? Chi assicura l'Olimpo? Chi raduna gli dei? La forza umana, che il poeta rivela. L'ATTORE COMICO E allora queste forze rigogliose usatele, e trattate la poesia come le avventure dell'amore. Senti qualcosa in un fortuito incontro, ci stai, a poco a poco sei avvinto; la gioia aumenta, poi cominci a litigare, dopo l'estasi arrivano i dolori: prima che te ne accorgi, è già un romanzo. È lo spettacolo che fa per noi! La vita umana va presa a piene mani! Tutti la vivono, non molti la conoscono, dovunque la rigiri è interessante. Poca chiarezza in quadri variopinti, molte illusioni e un pizzico di vero è la ricetta giusta per un tonico che rianima tutti edificandoli. Ed ecco come a una rivelazione la gioventù più bella accorrere alla recita, ecco le anime più delicate suggere dal dramma un nutrimento malinconico, ecco toccata questa e quella corda, e ognuno vede quel che porta in cuore. Son pronti ancora al riso come al pianto, adorano lo slancio, l'apparenza li appaga; se l'uomo fatto è sempre incontentabile, chi si viene formando non sarà mai ingrato. IL POETA Allora dammi di nuovo il tempo in cui mi stavo formando ancora, in cui un fiotto di nuovi canti in me sgorgava ininterrotto, in cui la nebbia velava il mondo, la gemma era promessa di miracoli, in cui coglievo i mille fiori che ricoprivano tutte le valli. Non possedevo nulla, ma bastavano l'ansia di verità e la voglia di illudersi. Dammi di nuovo quegli impulsi indomiti, quella felicità profonda e dolorosa, il vigore dell'odio, la potenza d'amore, dammi di nuovo la mia gioventù! L'ATTORE COMICO La gioventù ti occorre certo, amico, se il nemico t'incalza alla battaglia, oppure se incantevoli ragazze ti si gettano al collo con violenza, se da lontano il lauro della corsa ammicca da una meta poco agevole, se dopo i vortici di sfrenate danze si annegano le notti in gozzoviglie. Ma far vibrare le ben note corde con grazia e con ardore, ed avanzare indugiando per via, con dolce errare, verso una meta da se stessi posta, questo, signori vecchi, è il vostro compito, per cui non vi facciamo meno onore. L'età non fa tornare fanciulli, come dicono: ci ritrova fanciulli come allora. L'IMPRESARIO Parole se ne sono scambiate quanto basta, fate vedere i fatti, finalmente! Mentre vi rigirate complimenti, qualche cosa potrebbe andare in porto. L'ispirazione non giova averla in bocca, a chi tentenna non appare mai. Se date a intendere di essere poeti, sappiate comandare la poesia. Quel che ci occorre lo conoscete, bevande forti da tracannare: voi preparatemele senza tardare! Se oggi non si fa, domani non è fatto; non ce n'è giorni da buttar via. La decisione deve afferrar subito per il ciuffo il possibile, con animo: dopo non se lo lascia più scappare e va avanti, perché lo deve fare. Sulle scene tedesche, lo sapete, ognuno tira fuori quel che vuole. Oggi perciò non fate economia né di fondali né di attrezzature. Su coi fari celesti, il grande e il piccolo, le stelle le potete scialacquare; acque, fuochi, rocce altissime, bestie e uccelli non ne mancano. Su queste quattro assi percorretemi l'arco tutto intero del creato e passate, rapidi ma cauti, dal cielo per il mondo giù all'Inferno. PROLOGO IN CIELO Il Signore, le schiere celesti Poi Mefistofele Vengono avanti i tre Arcangeli RAFFAELE Intonando l'antica melodia a gara con gli astri fratelli percorre il corso prescritto il sole con passo di tuono. La vista dà vigore agli angeli, benché nessuno possa fissarlo; le opere alte inconcepibili sono stupende come il primo giorno. GABRIELE E ruota inconcepibilmente rapida la terra nella sua magnificenza; chiaro di paradiso si avvicenda a una profonda spaventosa notte; schiuma in larghe ondate il mare contro la base fonda delle rupi, e rupi e mare sono trascinati dal moto eterno e rapido degli astri. MICHELE E le tempeste scrosciano a gara da mare a terra, dalla terra al mare, formando una catena di furore che tutto avvolge irresistibilmente. Fiammeggia il fulmine devastatore e lo schianto del tuono lo rincorre, eppure onorano i messi tuoi, Signore, il soave passare del tuo giorno. A TRE La vista dà vigore agli angeli, benché nessuno possa fissarti, e tutte le alte opere tue sono stupende come il primo giorno. MEFISTOFELE Poiché tu, o Signore, di nuovo ti avvicini e domandi come va giù da noi, e solevi vedermi volentieri, ecco, vedi anche me con il tuo seguito. Perdona, non so dire alte parole, e mi schernisca pure tutta la compagnia; certo il mio pathos ti farebbe ridere, se non ne avessi persa l'abitudine. Di sole e mondi non so cosa dire; vedo solo che l'uomo si tormenta. Il piccolo dio del mondo è sempre uguale, stupefacente come il primo giorno. Vivrebbe un poco meglio, se non gli avessi dato il lume della tua luce celeste; lui la chiama ragione e se ne serve solo per essere più bestia di ogni bestia. Con licenza di vostra grazia, sembra una delle cicale gambalunga che vanno sempre saltellando, e cantano nell'erba la loro vecchia solfa. E se ne stesse sempre in mezzo all'erba! Ma ficca il naso in ogni porcheria. IL SIGNORE Tutto qui quel che hai da dirmi? Vieni sempre soltanto a criticare? Mai nulla sulla terra ti sta bene? MEFISTOFELE No, Signore! Malissimo va laggiù, come sempre. Mi fanno pietà gli uomini, nei loro giorni grami; nemmeno tormentarli mi va più, quei meschini. IL SIGNORE Conosci Faust? MEFISTOFELE Il dottore? IL SIGNORE Il mio servo! MEFISTOFELE Vi serve in modo strano, a dir la verità. Lo stolto non si ciba dei cibi della terra, la mente in fermento lo porta lontano, mezzo cosciente della sua pazzia; dal cielo pretende le stelle più belle, dalla terra ogni suprema voluttà, e nulla, né vicino né lontano, appaga il suo animo sconvolto. IL SIGNORE Se ora mi serve solo confusamente, io lo guiderò presto alla chiarezza. Quando il virgulto è verde il giardiniere sa che il futuro porterà fiori e frutti. MEFISTOFELE Che cosa scommettete? Perderete anche lui, se mi date licenza di guidarlo cautamente a spasso a modo mio! IL SIGNORE Finché vive sulla terra, ciò non ti sarà vietato. Finché cerca, l'uomo erra. MEFISTOFELE Allora grazie, perché con i morti non me la sono mai vista volentieri. Soprattutto mi piacciono le guance fresche e piene; con i cadaveri non mi ci metto: mi piace fare come il topo e il gatto. IL SIGNORE Va bene, questo ti sarà concesso! Distogli quello spirito dalla sua fonte prima, guidalo pure, se saprai capirlo, giù con te sulla tua via. E vergognati, quando dovrai ammettere: un uomo buono nel suo oscuro impulso è pur cosciente della retta via. MEFISTOFELE Benissimo! Però durerà poco. Non tremo affatto per la mia scommessa. Se raggiungo lo scopo, permettete che gridi il mio trionfo a squarciagola. Dovrà morder la polvere, e di gusto, come mio zio, il famoso serpente. IL SIGNORE Ritorna anche allora liberamente; i tuoi simili non li ho mai odiati. Di tutti gli spiriti che negano il Beffardo mi è il meno antipatico. L'attività dell'uomo facilmente si affloscia, egli ama presto indulgere al riposo assoluto; volentieri perciò gli do un compagno che lo stimola e deve fare il diavolo. - Ma voi, figli di Dio veri, gioite della ricca bellezza della vita! Il vivo divenire attivo eterno vi stringa in dolci vincoli d'amore, e le ondeggianti forme del fenomeno fissate con durevoli pensieri. Il cielo si chiude, gli Arcangeli si separano MEFISTOFELE solo Di tanto in tanto il vecchio lo vedo con piacere, e mi guardo dal rompere con lui. È assai carino, per un gran signore, parlare così umano col diavolo in persona. PARTE PRIMA DELLA TRAGEDIA NOTTE In un'angusta stanza gotica dall'alta volta Faust siede inquieto davanti al suo leggìo FAUST Filosofia ho studiato, diritto e medicina, e, purtroppo, teologia, da capo a fondo, con tutte le mie forze. Adesso eccomi qui, povero illuso, e sono intelligente quanto prima! Mi chiamano magister, mi chiamano dottore, e già saranno almeno dieci anni, di su, di giù, per dritto e per traverso, che meno per il naso gli studenti... E nulla, vedo, ci è dato sapere! Il cuore per poco non mi scoppia. La so più lunga, certo, di tutti i presuntuosi, dottori e maestri, preti e scribacchini; né scrupoli né dubbi mi tormentano, non temo né l'Inferno né il demonio... In cambio sono privato di ogni gioia, non m'immagino di conoscere il giusto, non m'immagino d'insegnare agli uomini come correggersi, come migliorare. Non possiedo né terra né denaro, non ho gloria né onori in questo mondo; questa vita non la vorrebbe un cane! Per questo mi sono dato alla magia, se mai per forza e bocca dello spirito qualche segreto mi si palesasse, e non dovessi più sudare amaro a raccontare quello che non so, e potessi conoscere nel fondo che cosa tiene unito il mondo, scoprire i semi delle forze attive, non rimestare più tra le parole. Vedessi, luce piena della luna, per l'ultima volta la mia pena, tu che aspettavo fino a mezzanotte tante volte, vegliando al mio leggìo: poi apparivi con il volto mesto, amica, sui miei libri e sulle carte! Alla tua cara luce ah! potessi andare sulle vette dei monti, librarmi con gli spiriti intorno alle caverne, vagare per i prati al tuo chiarore, strapparmi ai fumi spessi del sapere, rigenerarmi nella tua rugiada! Ah! Sono ancora chiuso in questo carcere? Maledetto buco ammuffito, dove anche la cara luce del cielo penetra fosca dai vetri dipinti! Soffocato da mucchi di libri rosi dai vermi e coperti di polvere, sui quali incombe su fino alla volta una tappezzeria nera di fumo; sconciato da ampolle e da alambicchi, zeppo di decrepiti strumenti accatastati dai progenitori... Questo è il tuo mondo! Questo chiami un mondo! E chiedi ancora perché il tuo cuore ti si stringe pavido nel petto? Perché un dolore che non sai spiegare ti soffoca ogni fremito di vita? Non ti circonda la Natura viva, dentro la quale Dio ha creato l'uomo, ma soltanto tra il fumo e la putredine ossa di bestie e scheletri di morti. Fuggine via! Via nel vasto mondo! E questo libro denso di misteri di mano propria di Nostradamus non è per te una scorta sufficiente? Conoscerai il corso delle stelle, e se la Natura ti ammaestra nella tua anima nascerà la forza dello spirito che parla a un altro spirito. Vano è pensare che l'arida analisi possa spiegarti questi segni sacri. Spiriti, vi librate accanto a me: datemi una risposta, se mi udite! Spalanca il libro e scorge il segno del Macrocosmo A questa vista quale voluttà mi scorre ad un tratto in tutti i sensi! Una sacra gioia di vivere divampa come un giovane fuoco nelle vene. Fu un dio a vergare questi segni che placano dentro di me il tumulto, riempiono di gioia il cuore misero e per un istinto misterioso svelano intorno a me le forze di Natura? Sono io stesso un dio? Tutto mi si fa chiaro! Io scorgo in questi tratti puri la Natura creatrice aprirsi alla mia anima. Solo adesso comprendo quello che il saggio dice: "Non è sbarrato il mondo degli spiriti; è chiusa la tua mente, morto il cuore! Ma alzati, discepolo, e instancabile bagna il petto terrestre nell'aurora!" Fissa a lungo il segno Come tutte le cose s'intrecciano nel tutto, e l'una nell'altra agisce e vive! Come vanno su e giù forze celesti, porgendosi a vicenda i secchi d'oro! Con ali benedette e profumate dal cielo attraversano la terra, e il Tutto ne risuona in armonia! Che scenario! Ah, ma è solo uno scenario! Dove potrò afferrarti, Natura senza fine? E dove, seni, voi? Sorgenti di ogni vita alle quali la terra e il cielo pendono, voi cui si tende questo petto vizzo - sgorgate, dissetate, e io languisco invano? Volta le pagine con dispetto e scorge il segno dello Spirito della Terra Quale diverso effetto ha su me questo segno! Spirito della Terra, tu mi sei più vicino; già sento crescere in me le forze, già sento ardere un nuovo vino. Sento l'animo di arrischiarmi nel mondo, di portare le pene, le gioie della terra, di battermi contro le tempeste, non tremare allo schianto del naufragio. Mi sovrasta una nuvola... La luna nasconde la sua luce... La lampada vacilla! Vapori... Lampi rossi mi guizzano intorno al capo... Soffia giù dalla volta un brivido e mi afferra! Ti libri intorno a me, o spirito che imploro; lo sento. Svelati! Ah! Che fitta al cuore! A sensazioni nuove tutti i miei sensi si sconvolgono! Sento tutto il mio cuore darsi a te! Sì, tu devi! Tu devi! Mi costasse la vita! Afferra il libro e pronuncia il segno dello Spirito con voce arcana. Balena una fiamma rossastra. Nella fiamma appare lo Spirito. LO SPIRITO Chi mi chiama? FAUST voltandosi Vista tremenda! LO SPIRITO Mi hai attratto con forza, a lungo suggendo alla mia sfera, e ora... FAUST Ah! Non ti reggo! LO SPIRITO Implori ansante di vedermi, di udire la mia voce, di guardare il mio volto; la supplica potente del tuo animo mi piega: eccomi! - Quale orrore miserabile ti afferra, superuomo! Dov'è il grido dell'anima? Dov'è il petto che in sé creava un mondo, lo portava e nutriva, che tremante di gioia si gonfiava a raggiungere noi spiriti? Dove sei, Faust, la cui voce udivo risuonare e che tendeva a me con tutte le sue forze? Sei tu quello che ora avvolto dal mio alito trema nelle sue fibre più segrete, pavido verme che si torce indietro? FAUST Dovrò cederti, immagine di fiamma? Sono io, sono Faust, sono tuo pari! LO SPIRITO Nei flutti della vita, nel turbine dei fatti io erro in alto e in basso, io tesso avanti e indietro! Nascita e fossa, un mare eterno, una trama che muta, una vita incandescente, lavoro al telaio ronzante del Tempo e genero a Dio una veste vivente. FAUST Spirito attivo che abbracci il vasto mondo, come mi sento vicino a te! LO SPIRITO Tu assomigli allo spirito che intendi, non a me! Scompare FAUST disfatto Non a te? A chi dunque? Io, immagine di Dio! E neppure a te! Bussano O morte! So che cos'è... il mio famulo... La mia suprema felicità è annientata! Che questa pienezza di visioni sia turbata da quell'arido ipocrita! Wagner in vestaglia e berretta da notte, una lampada in mano. Faust si volta con dispetto WAGNER Perdonate! Vi sento declamare, leggevate di certo una tragedia greca? È un'arte in cui vorrei fare progressi, perché ai giorni nostri è efficacissima. Ho udito tante volte proclamare che un commediante può insegnare a un prete. FAUST Sì, se il prete non è che un commediante, e a volte può succedere benissimo. WAGNER Ah! Se uno si esilia nel suo studio e non vede il mondo nemmeno al dì di festa, nemmeno da lontano al cannocchiale, come potrà convincerlo e guidarlo? FAUST Non l'otterrete se non lo sentite, se non vi viene su dall'anima e con la forza di un moto spontaneo s'impone al cuore di ogni ascoltatore. State pure seduti, appiccicate, mescolate un ragù con gli avanzi degli altri, soffiate fiammelle sparute dal vostro mucchietto di cenere! Stupirete i bambini e le scimmie, se questo accontenta i vostri gusti... Ma non potrete mai unire cuore a cuore, se non viene dal cuore quel che dite. WAGNER E tuttavia l'eloquio fa grande l'oratore; io sono molto indietro, lo so bene. FAUST Cercate il guadagno degli onesti, non scuotete sonagli da giullare! L'intelligenza e la rettitudine s'impongono da sé con poca arte. Se quel che avete da dire è serio, a che pro andare a caccia di parole? I discorsi forbiti che ammannite, cincischiando ritagli per la gente, sono uggiosi come il vento nebbioso che brancica in autunno foglie secche. WAGNER Ah, Dio! Ma l'arte è lunga, breve la nostra vita. Io spesso nello sforzo della critica temo che testa e cuore mi tradiscano. Com'è difficile conquistare i mezzi per salire alle fonti del sapere! Non arriva nemmeno a mezza strada un poveraccio, e già deve morire. FAUST La pergamena, è questo il sacro fonte che con un sorso placa per sempre la tua sete? Ristoro non lo guadagnerai mai, se non sgorga dalla tua propria anima. WAGNER Perdonate! È un grandissimo diletto entrare nello spirito dei tempi, ripensare a quei savi che ci hanno preceduto, poi agli alti progressi che noi abbiam compiuto. FAUST Sì, alti come stelle! Per noi, amico, i tempi del passato sono un volume con sette sigilli. Quel che chiamate spirito dei tempi è in sostanza lo spirito degli uomini nei quali i tempi si rispecchiano. E questo è spesso così meschino! Al primo sguardo si scappa via: solo immondizia e vecchia roba inutile, o tutt'al più tragedie di duci e paladini infarcite di massime di vita che stanno bene in bocca ai burattini! WAGNER Eppure il mondo! Il cuore, lo spirito dell'uomo! Tutti vorrebbero conoscerne qualcosa. FAUST Sì, quello che chiamano conoscere! Chi può chiamare il bimbo col suo nome? I pochi che qualcosa ne conobbero, che non chiusero, folli, il cuore traboccante e al volgo rivelarono visioni e sentimenti li han da sempre crocifissi o bruciati. Amico, ve ne prego, è notte fonda, per questa volta dobbiamo interrompere. WAGNER Volentieri avrei vegliato ancora con voi, a conversare dottamente. Ma domani, domenica di Pasqua, permettetemi qualche altra domanda. Ho studiato con tutto il mio fervore, e so già molto, è vero: ma vorrei saper tutto. Esce. FAUST solo Come non perde tutte le speranze solo chi è perso dietro cose futili; scava con mani avide in cerca di tesori, trova solo lombrichi, ed è contento! Può risuonare una simile voce dove mi circondava una piena di spiriti? Eppure questa volta ti ringrazio, dei figli della terra il più meschino. Tu mi hai strappato alla disperazione che stava per confondermi la mente. Ah, così immensa fu l'apparizione che non potevo non sentirmi un nano. Io, immagine di Dio, che già credevo di toccare lo specchio di eterne verità, che godevo me stesso nel limpido fulgore del cielo, cancellato il figlio della terra, io, più di un cherubino, la cui libera forza si arrogava presaga di scorrere le vene della Natura, e creando godere una vita divina, come devo scontarlo! Una parola di tuono mi ha schiacciato. Io non posso presumere di assomigliare a te! Se ho avuto la forza di attirarti, non ho avuto la forza di tenerti. In quell'attimo di felicità mi sentii così grande, così piccolo; tu mi hai respinto crudelmente nella sorte incerta degli uomini. Chi mi sarà maestro? Cosa devo fuggire? Devo obbedire a quell'impulso? Ah! I nostri atti stessi come il nostro patire frenano il corso della nostra vita. In ciò che di più splendido concepisce lo spirito penetra sempre più una materia estranea; quando otteniamo i beni della terra, i migliori si chiamano inganno ed illusione. I sentimenti splendidi che ci hanno fatto vivi nel groviglio terrestre irrigidiscono. Spesso la fantasia con volo audace si dilata all'eterno con speranza, ma le basta poco spazio quando naufraga nel vortice del tempo ogni felicità. L'angoscia già si annida in fondo al cuore, vi genera segrete sofferenze, inquieta vi si culla, turba il piacere, turba il riposo, si copre di sempre nuove maschere, appare come casa, podere, moglie, figlio, come fuoco, acqua, tossico, pugnale; tremi di tutto ciò che non ti coglie, e sempre devi piangere quel che non perdi mai. Non somiglio agli dèi! Troppo a fondo lo sento. Somiglio al verme che fruga nella polvere, che nella polvere in cui si nutre e vive il passo del viandante annienta e seppellisce. Non è la polvere di cento scaffali a farmi angusta quell'alta parete, il ciarpame di mille cianfrusaglie a chiudermi in un mondo di tignole? Devo trovarlo qui quel che mi manca? Devo leggere forse in mille libri che gli uomini dovunque si tormentano e qua e là ne vive uno felice? - Che cosa mi sogghigni, teschio vuoto, se non che il tuo cervello sviato come il mio cercava il giorno chiaro assetato di vero brancolando nelle ombre del crepuscolo? Voi, strumenti, di certo mi beffate con le ruote ed i giunti, con i cilindri e i manici: io ero sulla soglia, eravate la chiave, ma gli ingegni ritorti non alzano il paletto. Misteriosa anche nel chiaro giorno la Natura non si fa rubare il velo, e quello che al tuo spirito non vuole rivelare non lo potrai estorcere con le viti e le leve. Vecchio alambicco che non ho mai usato, sei qui soltanto perché ti usò mio padre. Vecchio rotolo, ti sei annerito mentre fioca la lampada fumava sul leggìo. Quel poco che possiedo l'avessi scialacquato, invece di sudare sotto il peso del poco! Quel che hai ereditato dai tuoi padri guadágnatelo, per possederlo. Quel che non giova è un carico pesante; l'attimo può giovarsi solo di ciò che crea. Ma il mio sguardo perché si fissa su quel punto? Quella piccola ampolla è un magnete per gli occhi? Perché una luce amica mi illumina di colpo, come a notte nel bosco raggi effusi di luna? Io ti saluto, unica fiala, che prendo adesso con devozione! Onoro in te l'ingegno e l'arte degli uomini. Quintessenza di umori soavi che assopiscono, estratto di ogni forza che uccide con dolcezza, dimostra al tuo padrone il tuo favore! Io ti vedo, e il dolore si lenisce, io ti prendo, e l'anelito si smorza, la piena dello spirito a poco a poco scema. E sono spinto verso il mare aperto, ai miei piedi scintilla lo specchio delle onde, un giorno nuovo invita a nuove sponde. Un carro di fuoco su ali leggere vola verso di me! E io mi sento pronto a librarmi nell'etere verso nuove sfere di pura attività, su una via nuova. Questa alta vita, delizia degli dei, tu, che eri un verme, proprio tu la meriti? Sì, se tu volgi senza tentennare le spalle al sole dolce della terra! Abbi l'ardire, e spalanca le porte da cui ognuno vorrebbe scantonare. Qui è tempo di provare coi fatti che non cede alla maestà divina la dignità degli uomini, di non tremare davanti all'antro oscuro dove la fantasia da sola si tortura, di tendere al passaggio alla cui stretta bocca l'Inferno intero avvampa tutto intorno, di risolverti lieto a questo passo, e fosse pure a rischio di perderti nel nulla. Ecco, coppa di limpido cristallo, a cui per tanti anni non pensai, esci dal vecchio astuccio e vieni qui! Alle feste gioiose dei padri scintillavi, rallegrando gli ospiti severi quando ciascuno ti porgeva all'altro. Il ricco fregio di artistiche figure, l'obbligo a chi beveva di interpretarle in rima e di vuotarti con un sorso solo mi rammentano notti giovanili. Questa volta non ti porgerò al vicino, non sfoggerò il mio ingegno lodando la tua arte; inebria troppo in fretta questo liquido che ora ti empie con un flutto scuro. L'ultimo sorso che io ho preparato e che io scelgo sia con tutta l'anima, saluto alto e solenne, offerto ora al mattino! Porta la coppa alla bocca. Scampanìo e canto di cori. CORO DEGLI ANGELI Cristo è risorto! Gioia ai mortali che gli esiziali peccati aviti, subdoli avvinsero. FAUST Che profondo brusio, che suoni chiari distolgono con forza il vetro dalla bocca? Campane roche, annunciate già la prima ora solenne della Pasqua? Cori, cantate già l'inno consolatore che intonarono gli angeli la notte del Sepolcro, promessa certa di un nuovo patto? CORO DELLE DONNE Di unguenti e balsami l'abbiamo unto, noi, pie fedeli, l'abbiam deposto, in lindi panni l'abbiamo avvolto, ah! e non troviamo più Gesù Cristo. CORO DEGLI ANGELI Cristo è risorto! Gioia a chi amandolo resse alla prova più dolorosa e salutare. FAUST Perché mi cercate nella polvere, suoni celesti potenti e lievi? Risuonate dove sono uomini deboli. Il messaggio lo sento, ma la fede mi manca; il miracolo è il figlio diletto della fede. E io non oso tendere alle sfere da cui suona la buona novella. Eppure con le note consuete in gioventù la fede mi richiama ora alla vita. Nella quiete solenne del sabato scendeva su di me il bacio, allora, dell'amore celeste, le campane presaghe suonavano a distesa, pregare era un'ardente voluttà; mi spingeva a vagare per i boschi ed i prati un dolce struggimento che io non mi spiegavo, e fra mille lacrime cocenti sentivo in me nascere un mondo. Giochi giovani e lieti annunciava quel canto, la libertà felice di feste a primavera; ora coi sentimenti dell'infanzia il ricordo mi toglie dal grave passo estremo. Dolci canti celesti, continuate! Sgorgano lacrime, la terra mi ha di nuovo! CORO DEI DISCEPOLI Se già il sepolto è asceso in alto, vivo e sublime nella sua gloria, se nel piacere di trasformarsi è vicino alla gioia creatrice, ah! nel seno della terra noi restiamo per soffrire, poiché lui lasciò a languire i discepoli quaggiù. Ah, Maestro! Noi piangiamo sulla tua felicità! CORO DEGLI ANGELI Cristo è risorto dal grembo di putredine, strappate i vincoli gioiosamente! Per voi che lo lodate con le opere, date prove d'amore, ristorate i fratelli, lo annunciate alle genti promettendo letizia, per voi il Maestro è vicino, per voi è qui! FUORI PORTA Gente di ogni sorta esce a passeggio. ALCUNI APPRENDISTI Perché proprio di là? ALTRI Noi andiamo al casino di caccia. I PRIMI Noi prendiamo la via verso il mulino. UN APPRENDISTA Vi consiglio di andare al lavatoio. UN SECONDO Da quella parte la strada non è bella. GLI ALTRI E tu che fai? UN TERZO Me ne vado con gli altri. UN QUARTO Venite su alla rocca, ci troverete certo le ragazze più belle e la birra migliore, e botte di prima qualità. UN QUINTO Ehi, buontempone, ti prude forse la pelle per la terza volta? Io non ci vengo, quel posto mi dà i brividi. UNA SERVETTA No, no, io torno in città. UN'ALTRA Lo troviamo di certo laggiù, sotto quei pioppi. LA PRIMA Per me sai che fortuna; andrà con te a braccetto, al palchetto ballerà solo con te. Tu te la spassi, e io che ci guadagno? L'ALTRA Di sicuro oggi non è solo; ha detto che veniva anche il ricciuto. UNO STUDENTE Fulmini, come corrono quelle pupe gagliarde! Dài, fratello, dobbiamo accompagnarle. Birra forte, tabacco pizzicante e una servetta in ghingheri: per oggi ecco i miei gusti. UNA RAGAZZA BORGHESE Guarda laggiù quei bei ragazzi! È proprio una vergogna; potrebbero ottenere la compagnia migliore, e corrono dietro a quelle serve! IL SECONDO STUDENTE al primo Vai piano, dietro ce n'è due vestite che è un amore. Una è la mia vicina, una ragazza che mi sta molto a cuore. Camminano come se niente fosse, ma ci staranno a far la strada insieme. IL PRIMO Ah no, fratello! Stare in soggezione non mi garba. Su, svelto! O la preda ci sfugge. La mano che di sabato ramazza ti accarezza meglio la domenica. UN BORGHESE No, il nuovo sindaco non mi piace proprio! Ogni giorno che passa è più arrogante. Per la città che cosa fa? Non va ogni giorno peggio? Bisogna obbedire più di prima, e sborsare più che mai. UN MENDICANTE cantando Buoni signori, signore belle, guance di rosa, vestite a festa, degnate volgere lo sguardo a me, per addolcire la mia miseria! Non mi lasciate suonare invano! Solo donare rende felici. In questo giorno tutti festeggiano: sia un giorno fausto anche per me. UN ALTRO BORGHESE Non so nulla di meglio le feste comandate che parlare di guerra e urla di guerra, quando laggiù quei popoli lontani, in Turchia, se le danno all'impazzata. Tu stai alla finestra, ti fai un bicchierino, guardi scendere il fiume navigli colorati; la sera torni a casa soddisfatto, benedicendo il tempo della pace. UN TERZO BORGHESE Ma sì, signor vicino! Anch'io li lascio fare; si rompano la testa a piacimento, e vada pure tutto a gambe all'aria, purché qui a casa nostra tutto resti com'è. UNA VECCHIA alle ragazze borghesi Come siete carine! Che bella gioventù! Chi non ne cascherebbe innamorato? - Ma non tanta superbia, su! Che male c'è? Saprei trovarlo io, quel che desiderate. UNA RAGAZZA BORGHESE Agata, allontaniamoci! Sto bene attenta, sai, a non farmi vedere con quella fattucchiera; mi mostrò in carne ed ossa, a Sant'Andrea, il mio futuro innamorato... L'ALTRA Ed a me l'ha mostrato nella sfera, con piglio da soldato, in un gruppo di audaci; mi guardo in giro, lo cerco dappertutto, ma lui non vuole venirmi incontro. SOLDATI Rocche con alte mura merlate, fiere fanciulle sprezzanti e altere vorrei piegare! Audace sforzo, splendido premio! La tromba squilla ad arruolarci, chiama alla gioia, chiama alla morte. Questo è un assalto! Questa è una vita! Rocche e fanciulle devono darsi. Audace sforzo, splendido premio! E già i soldati via se ne vanno. Faust e Wagner FAUST Ecco fiume e ruscelli già liberi dal ghiaccio al dolce sguardo della primavera che infonde vita; lieta verdeggia la speranza nella valle. Spossato, il vecchio inverno si è appartato in monti inospitali, e di lassù, fuggendo, scaglia solo il brivido impotente della grandine, a raffiche, sul piano verdeggiante. Ma il sole non tollera più il bianco: dappertutto si destano le forme e i desideri, su tutto vuole infondere la vita dei colori, e poiché i prati mancano di fiori, ci mette uomini vestiti a festa. Vóltati, guarda indietro da queste alture verso la città. Dal vano cupo della porta esce un brulicare di gente variopinta. Oggi hanno tutti voglia di sole. Festeggiano la resurrezione del Signore, perché anche loro sono risorti: dalle umide stanze in case basse, dai vincoli del mestiere e degli affari, dall'oppressione dei tetti e dei comignoli, dal pigia pigia delle strade anguste, dalla notte solenne delle chiese, eccoli, tutti escono alla luce. Guarda! Guarda come rapida la folla si frantuma per campi e per giardini, come il fiume trascina in lungo e in largo tante allegre imbarcazioni, e come l'ultima, laggiù, si allontana stracarica fino ad affondare. Anche sulla montagna dai viottoli lontani ci ammiccano vestiti colorati. Sento già il tumulto del villaggio. Il vero paradiso del popolo è qui, dove piccoli e grandi felici fanno festa; qui io sono, qui posso essere uomo. WAGNER Passeggiare con voi, signor dottore, è un onore e un guadagno; tuttavia io qui da solo non verrei a perdermi, perché sono nemico della volgarità. Non sopporto il rumore dei violini, né le urla, né il cozzo dei birilli; si scatenano come indemoniati, e lo chiamano cantare, divertirsi. CONTADINI sotto il tiglio Danza e canto Il pastore si agghinda per la danza, col farsetto sgargiante, il nastro e la corona, e fa la sua figura. Sotto il tiglio c'è folla e stretti stretti tutti stanno ballando come matti. Oilì! Oilà! Oilì! Oilì! Oilà! Al tempo dell'archetto. Lui si fa avanti rudemente e ha urtato una ragazza con un colpo di gomito. Punta sul vivo quella si rigira e gli dice: Che modo di fare! Oilì! Oilà! Oilì! Oilì! Oilà! Siate meno insolente. Ma il cerchio gira sempre più veloce, un volteggio a destra, uno a sinistra, e volano le gonne. Accaldati, rossi in volto, braccio nel braccio prendono fiato, Oilì! Oilà! Oilì! Oilì! Oilà! le anche contro i gomiti. Tu non prenderti tanta confidenza! La fidanzata quanti l'han lasciata contenta e canzonata! Ma lui la porta via con le moine, e ormai dal tiglio suonano lontani Oilì! Oilà! Oilì! Oilì! Oilà! gli strilli ed i violini. UN VECCHIO CONTADINO Che bel gesto che voi signor dottore non ci evitiate un giorno come questo, e vi mischiate, voi così sapiente, a tutta questa gente. Prendete questa brocca, la più bella, da noi riempita di una bevanda fresca. Ve la porgo augurandovi a gran voce che possa non soltanto dissetarvi: le gocce che contiene siano tante quanti saranno i giorni che vivrete. FAUST Prendendo la bevanda che ristora vi ringrazio e ricambio l'augurio. Il popolo si raccoglie in cerchio intorno a lui. IL VECCHIO CONTADINO In verità avete fatto bene a comparire in un giorno di gioia, voi che un tempo in giorni di dolore ci siete stato di grande aiuto! Qui molti sono ancora vivi che vostro padre all'ultimo momento strappò al furore di una febbre altissima, quando fermò la pestilenza. Già allora voi, ancora un giovanotto, entraste in ogni casa di malato; portavano via molti cadaveri, ma voi ne usciste sempre vivo e vegeto. Quante prove difficili avete sostenuto! Chi dava aiuto lo ebbe di lassù. TUTTI Salute all'uomo tanto provato, possa aiutarci ancora a lungo! FAUST Inchinatevi a colui che sta lassù, che manda aiuto e insegna ad aiutare. Prosegue il cammino con Wagner WAGNER O grande uomo, davanti a questa folla che ti venera cosa devi provare! Felice chi può fare scaturire dalle sue doti tali benefici! Il padre ti addita al suo ragazzo, tutti domandano, accorrono, si pigiano, il violino si ferma, il danzatore aspetta. Tu cammini, la gente ti fa ala, lanciati in aria volano i berretti; manca poco che cadano in ginocchio come davanti all'ostia consacrata. FAUST Ancora pochi passi, su fino a quella roccia. Qui ci riposeremo di questa passeggiata. Qui mi sedevo spesso, solo nei miei pensieri, a tormentarmi pregando e digiunando. Ricco in speranze, saldo nella mia fede, piangendo, sospirando, torcendomi le mani pensavo di strappare al signore del cielo la fine della peste. Adesso il plauso di questa folla mi risuona scherno. Se tu potessi leggermi nell'animo quanto poco il padre e il figlio furono degni di questa fama! Mio padre era un bieco galantuomo, che investigava con zelo maniacale, onestamente, per quanto a modo suo, la Natura e le sue sacre sfere. Circondato da adepti si chiudeva nella nera cucina a combinare, inseguendo ricette senza fine, elementi contrari. E là sposava al Giglio un Leone Fulvo, ardito pretendente, in un tiepido bagno; quindi li tormentava a fiamma viva dall'una all'altra camera nuziale. Poi quando la Giovane Regina appariva nel vetro, iridescente, ecco la medicina: i pazienti morivano, e nessuno chiedeva chi guarisse. Insomma, noi con pozioni infernali funestammo questi monti e queste valli assai più della peste. Io stesso quel veleno l'ho dato a migliaia di persone. Loro si consumavano e io debbo sentire gli sfrontati assassini che vengono lodati. WAGNER Come potete crucciarvene così? Un uomo onesto non fa abbastanza se applica in coscienza, esattamente, l'arte che a lui è stata tramandata? Se da giovane onori il padre tuo, imparerai da lui volenteroso, e se da uomo fatto accrescerai la scienza, tuo figlio potrà giungere a mete ancor più alte. FAUST Felice chi ancora può sperare di emergere dal mare degli errori! Ci servirebbe ciò che non sappiamo, e di ciò che sappiamo non sappiamo servirci. Ma non lasciamo che un umore tetro ci guasti il bel tesoro di quest'ora! Guarda come nel rosso del tramonto le capanne scintillano, circondate dal verde. Il giorno sta morendo; il sole se ne va, e si affretta laggiù, a destare nuova vita. Ah, nessuna ala mi solleva dal suolo, perché possa protendermi per sempre ad inseguirlo! Vedrei nei raggi di un'eterna sera disteso ai piedi il mondo silenzioso, tutte le vette accendersi, tutte le valli quiete, flutti d'oro increspare il ruscello d'argento. Non frenerebbero la mia corsa divina questo monte selvaggio e tutte le sue gole; e già davanti agli occhi stupefatti si apre il mare dai golfi intiepiditi. Il dio alla fine sembra inabissarsi, ma ecco il nuovo impulso si ridesta, mi slancio a dissetarmi alla sua luce eterna, alle spalle ho la notte, avanti ho il giorno, il cielo su di me, sotto, le onde. Un bel sogno, ma intanto il sole si dilegua. Difficilmente, ah! le ali della mente possono dare ali al nostro corpo. Eppure in tutti noi un sentimento innato si proietta in avanti e verso l'alto quando l'allodola persa nell'azzurro lancia sopra di noi il suo squillante grido, quando l'aquila volteggia ad ali tese sulle ripide cime inabetate, e quando sopra i mari e le pianure vola la gru, protesa al nido avito. WAGNER Anch'io ho avuto spesso ore smagate, ma questo impulso non l'ho mai sentito. Vedere boschi e campi sazia presto; le ali degli uccelli non le invidierò mai. Ben altrimenti portano le gioie dello spirito di libro in libro, di pagina in pagina! Belle, amiche diventano le notti dell'inverno, una vita beata ti riscalda le membra, e se svolgi un'augusta pergamena, ah, è la volta del cielo che scende fino a te. FAUST Tu sei cosciente di un impulso solo; possa tu non conoscere mai l'altro! A me nel petto, ah! vivono due anime, e l'una vuol dividersi dall'altra. In una crassa bramosia d'amore una si aggrappa al mondo con organi tenaci, e l'altra si solleva con forza dalla polvere, verso i campi di nobili antenati. Oh, se aleggiano spiriti nell'aria, e reggono lo spazio che sta tra terra e cielo, discendete dagli aurei vapori, conducetemi via, verso una vita varia, nuova! Avessi solo un mantello fatato, che mi portasse in terre sconosciute! Non lo darei per le vesti più preziose, non lo darei per un manto di re. WAGNER Non evocare la ben nota schiera che dilaga per l'aria travolgente, e che da tutti i punti cardinali sovrasta l'uomo coi suoi mille pericoli! Da nord t'investono coi loro denti aguzzi spiriti dalle lingue puntute come frecce; da oriente ti divorano i polmoni con un soffio che tutto inaridisce; se mezzogiorno li manda dal deserto e a vampate ti assediano le tempie, ne rovescia occidente che prima ti ristorano, per annegarti poi con i campi ed i prati. Di buon grado ci ascoltano, già pregustando il danno, di buon grado obbediscono, ansiosi di ingannarci; assumono l'aspetto di inviati del cielo, e con voci di angeli sussurrano menzogne. Ma andiamocene! Il mondo già imbrunisce, scende la nebbia, l'aria si rinfresca. La sera fa la casa più gradita. - Perché ti fermi e guardi là stupito? Che c'è nella penombra che ti attira? FAUST Vedi quel cane nero, tra le messi e le stoppie? WAGNER Da un pezzo l'ho veduto, ma senza darci peso. FAUST Guardalo attentamente! Cosa credi che sia? WAGNER Un barbone, che come fanno i cani cerca affannosamente la traccia del padrone. FAUST Non hai notato che in ampie spirali ci gira intorno sempre più vicino? E, se non erro, dietro le sue orme corre come una scia fosforescente. WAGNER Io vedo solo un can barbone nero; la vostra sarà forse un'illusione ottica. FAUST Sta tracciando, mi sembra, intorno ai nostri piedi lievi nodi fatati, per ricavarne un laccio. WAGNER Ma no, ci salta intorno incerto e timoroso, perché vede due estranei invece del padrone. FAUST Ha stretto il cerchio; eccolo vicino! WAGNER Lo vedi, è un cane, non è uno spettro. Brontola, esita, si accuccia, scodinzola, come fanno i cani. FAUST Su, vieni qui e facci compagnia! WAGNER È un barbone mattacchione. Se ti fermi ti aspetta; se gli parli ti si avvicina e si alza sulle zampe; se perdessi qualcosa te la riporterebbe, e salterebbe in acqua a prenderti il bastone. FAUST Hai ragione, non trovo traccia alcuna di spiriti; è solo addestramento. WAGNER Al cane, quando è ben educato, anche un uomo savio si affeziona. E merita davvero il tuo favore quest'ottimo scolaro di studenti. Entrano nella porta della città. STUDIO FAUST entrando con il barbone Ho lasciato i campi e i prati, e la notte profonda che li copre con un brivido sacro carico di presagi risveglia in noi l'anima migliore. Assopiti gli impulsi sfrenati insieme alle azioni scomposte, si desta l'amore per gli uomini, si desta l'amore per Dio. Stai tranquillo, barbone! Non correre su e giù! Che cosa vai fiutando sulla soglia? Accucciati dietro la stufa, ti darò il mio miglior cuscino. Se fuori sul sentiero del monte ci hai rallegrati con le corse e i salti, accetta adesso le mie cure da ospite gradito e silenzioso. Ah, quando nella nostra cella stretta brucia di nuovo la lampada amica, allora si fa chiaro anche nel nostro petto, anche nel cuore che si conosce. Ricomincia a parlare la ragione, ricomincia a fiorire la speranza, si sente il desiderio della vita che scorre e, ah! della fonte della vita. Barbone, non latrare! Ai santi suoni che mi avvolgono adesso tutta l'anima la tua voce di bestia non si addice. Gli uomini, ci siamo abituati, deridono ciò che non capiscono, e davanti al buono e al bello, che spesso sono scomodi, mugugnano; il cane vuole fare come loro? Ma, per quanto mi sforzi, ah! già non sento più l'appagamento sgorgare dal mio petto. Perché la fonte deve inaridire così presto, lasciandoci la sete? Quante volte ne ho fatto l'esperienza! Ma a questo difetto c'è un rimedio: impariamo a dar peso al trascendente, sentiamo il desiderio della rivelazione, che mai come nel Nuovo Testamento rifulge di bellezza e dignità. Sento l'impulso ad aprire il testo antico, e finalmente con cuore sincero a tradurre il sacro originale nel mio amato tedesco. Apre un volume e si mette all'opera Sta scritto: "In principio era la parola!" Qui già m'impunto. Chi mi aiuta a proseguire? No, porre così in alto la parola non posso. Devo tradurre in altro modo, se mi darà lo spirito la giusta ispirazione. Sta scritto: In principio era il pensiero. Medita bene la prima riga, la tua penna non abbia troppa fretta! È il pensiero che foggia e crea ogni cosa? Dovrebbe essere: In principio era la forza! Eppure mentre sto scrivendo questo, già qualcosa mi avverte che non me ne accontento. Lo spirito mi aiuta! Di colpo vedo chiaro e scrivo con fiducia: In principio era l'atto! Se vuoi dividere con me la stanza, barbone, smetti di ululare, smettila di abbaiare! Un compagno così molesto vicino a me non posso tollerarlo. Uno di noi due deve lasciare questa cella. A malincuore revoco la mia ospitalità: la porta è aperta, sei libero di andartene. Ma, che cosa vedo? Può essere possibile in natura? È un'ombra o è realtà? Come si allunga e si allarga il mio barbone! Si erge con violenza; questa non è la forma di un cane! Quale spettro mi son portato in casa? Ecco, sembra un ippopotamo, con occhi di fuoco e zanne spaventevoli. Oh, non mi sfuggirai! Per questa razza mezzo infernale c'è la Clavicula di Salomone. SPIRITI nel corridoio Uno là dentro è prigioniero! Restate fuori, non lo seguite! Come la volpe nella tagliola smania una vecchia lince d'Inferno. Ma state attenti! Volteggiate avanti e indietro, volteggiate su e giù, e lui si libererà. Se potete aiutarlo, non piantatelo in asso! Perché ha dato a noi tutti gran motivi di spasso. FAUST Per prima cosa affronterò la bestia con lo scongiuro dei quattro: La Salamandra avvampi, si ritorca l'Ondina, si dissolva la Silfide, il Coboldo si sfianchi! Chi non sapesse degli elementi, di loro forze e qualità, comanderebbe forse gli spiriti? Dissolviti in fiammata, Salamandra! Scorri via mormorando, Ondina! Splendi come meteora, Silfide! Reca aiuto domestico, Incubus! Incubus! Esci e falla finita! Nessuno dei quattro è dentro la bestia. Se ne sta imperturbabile e mi ringhia; non le ho ancora fatto male. Mi udrai pronunciare più forti scongiuri. Sei forse, compare, evaso dall'Inferno? Vedi allora il simbolo a cui si piegano le schiere nere! Si gonfia e rizza il pelo. Essere immondo! Lo riconosci? L'Ingenerato, l'Ineffato, per tutti i cieli Effuso, empiamente Trafitto? Bandito dietro la stufa, si gonfia come un elefante, invade tutto lo spazio, vuole sciogliersi in nebbia. Non sollevarti alla volta! Accucciati ai piedi del padrone! Lo vedi, io non minaccio invano. Ti brucerò con una vampa santa! Non aspettare la luce tre volte ardente! Non aspettare il mio mezzo più potente! MEFISTOFELE sbuca, mentre la nebbia cade, da dietro la stufa, in veste di chierico vagante A che pro tanto chiasso? In che posso servirvi? FAUST Questo era dunque il nocciolo del cane! Un chierico vagante? Il caso è divertente. MEFISTOFELE Saluto il sapientissimo signore! Mi avete fatto sudar sette camicie. FAUST Come ti chiami? MEFISTOFELE Che domanda meschina per chi disprezza tanto la parola, e distaccato da tutte le apparenze aspira solo al fondo delle essenze. FAUST In voi, signori, di solito l'essenza la si legge nel nome fin troppo chiaramente, quando vi chiamano dio delle mosche, corruttore e padre di menzogne. Insomma, tu chi sei? MEFISTOFELE Parte di quella forza che vuole sempre il male e produce sempre il bene. FAUST Cosa vuol dire questo indovinello? MEFISTOFELE Sono lo spirito che nega sempre! E con ragione, perché tutto ciò che nasce è degno di perire. Perciò sarebbe meglio se non nascesse nulla. Insomma, tutto ciò che voi chiamate peccato, distruzione, in breve, il male, è il mio specifico elemento. FAUST Tu ti dici una parte, e mi stai innanzi intero? MEFISTOFELE Ti dirò una modesta verità. Se l'uomo, microcosmo di follia, usa pensarsi come un tutto - io sono parte di quella parte che in principio era tutto, della tenebra che partorì la luce, la luce superba che adesso a madre Notte contende lo spazio e il rango antico. Ma senza mai riuscirvi; per quanto si cimenti resta incollata ai corpi e prigioniera; dai corpi emana, rende belli i corpi e ogni corpo ne ostacola il cammino. Spero perciò che non ci vorrà molto e con i corpi perirà anche lei. FAUST Ora conosco il tuo degno compito! Non potendo distruggere alla grande, cominci a farlo in piccolo. MEFISTOFELE E così, certo, raccapezzo poco. Ciò che si oppone al nulla, il qualcosa, questo goffo mondo, per quante io ne abbia fatte, non ho saputo venirne a capo: tempeste, inondazioni, incendi, terremoti - ma poi torna la calma sulla terra e sul mare! E la dannata razza dei viventi, siano uomini o bestie, non c'è verso di nuocerle. Quanti ne ho già sepolti! E sempre circola nuovo sangue, sangue giovane. Di questo passo c'è da impazzire! Dall'aria, dall'acqua, dalla terra i germi si sprigionano a migliaia, all'umido e all'asciutto, al caldo e al freddo! Se non mi fossi riservato il fuoco, non resterebbe un angolo per me. FAUST Tu dunque opponi alla forza sempre attiva che crea e dà salvezza eternamente il freddo pugno del demonio, che invano perfido si serra! Cercati altro da fare, strano figlio del caos! MEFISTOFELE Su tutto questo ritorneremo a meditare le volte prossime! Per questa volta potrei allontanarmi? FAUST Non vedo perché tu me lo domandi. Ora che ho fatto la tua conoscenza, vieni a trovarmi quando vuoi. Ecco qua la finestra, ecco la porta, e se non basta la cappa del camino. MEFISTOFELE Un piccolo impedimento, lo confesso, mi vieta ora di andarmene a spasso: quel piede d'elfe sulla vostra soglia - FAUST Il pentagramma ti dà pensiero? Ma dimmi allora, figlio dell'Inferno, se questo ti respinge, com'è che sei entrato? Come venne ingannato un tale spirito? MEFISTOFELE Guardate attentamente! Non è tracciato bene; quell'angolo che dà verso l'esterno è un poco aperto, come vedi. FAUST Che fortunata combinazione! Saresti dunque mio prigioniero? Ho fatto centro tirando a caso! MEFISTOFELE Non lo notò il barbone, quando saltò qui dentro; ma per il diavolo le cose cambiano, e adesso non può uscire dalla casa. FAUST Perché non te ne vai dalla finestra? MEFISTOFELE Hanno una legge i diavoli e gli spettri: da dove sono entrati, di là devono andarsene. Liberi a intrufolarci, siamo schiavi ad uscire. FAUST Anche l'Inferno ha le sue leggi? Ecco una buona cosa. E ci sarebbe modo di stringere con voi, signori, un patto certo? MEFISTOFELE Ciò che è promesso te lo godrai tutto intero, neanche un'oncia in meno. Ma non si può trattarne in due parole, fra breve tempo ne riparleremo; adesso tuttavia ti prego vivamente, per questa volta, di lasciarmi andare. FAUST Trattieniti ancora per un attimo, a dirmi la buona ventura. MEFISTOFELE Adesso lasciami! Presto tornerò e potrai domandarmi a tuo piacere. FAUST Non sono stato io a insidiarti, sei cascato da solo nella rete. Chi ha preso il diavolo lo tenga stretto! Prima di riacciuffarlo dovrà aspettare un pezzo. MEFISTOFELE Sono disposto, se così ti piace, anche a restare a farti compagnia; a patto tuttavia che le mie arti possano offrirti un degno passatempo. FAUST Le vedrò volentieri; ne hai piena facoltà. Purché il passatempo sia gradevole! MEFISTOFELE Amico mio, i tuoi sensi godranno più in quest'ora che in tutto un anno di monotonia. I canti dei miei spiriti soavi, le belle immagini che ti porteranno non sono un vuoto gioco di magia. Anche l'olfatto ti sarà grato, ne avrai delizia per il palato, e il tatto poi sarà beato. Non occorre nessun preparativo; siamo tutti presenti, incominciate! SPIRITI Svanite, oscure volte incombenti! Si affacci ameno l'incanto amico del ciel sereno! Le nubi oscure siano dissolte! Le stelle brillano, soli più miti gettano luce. Ed ecco aleggiano, fluttuano chini leggiadri spiriti figli del cielo. Ed ecco senti slanci struggenti; nastri ondeggianti di vesti vaghe coprono i campi, coprono fronde dove gli amanti per sempre uniscono voti e pensieri. Fronde su fronde! Tralci fiorenti! Uve pesanti cadono in ampi torchi prementi, cadono in rivi vini spumanti, scorrono in puri duri cristalli, volgon le spalle agli alti colli, formano laghi di cui gioiscono verdi colline. Bevon gli alati inebriati, volano incontro al sole, incontro a isole chiare che onde ingannevoli vanno cullando; dove ascoltiamo cori esultanti, dove vediamo genti danzanti muoversi libere sparse sui prati. Alcuni salgono colli svettanti, altri s'immergono in laghi ameni, altri si librano, tutti alla vita, tutti all'amore tesi e a lontane stelle beate. MEFISTOFELE Dorme, soavi figli dell'aria, molto bene! Me l'avete cullato a perfezione! È un concerto per cui vi sono in debito. Non sei ancora uomo da tener stretto il diavolo! Avvolgetelo in dolci forme oniriche, immergetelo in un mare d'illusione; ma per spezzare l'incanto della soglia ho bisogno di un dente di topo. Non occorrono lunghe invocazioni; ne fruscia già qui uno disposto ad ascoltarmi. Il signore dei ratti e dei sorci, delle mosche e dei rospi, di cimici e pidocchi, ti comanda di farti avanti ardito e di rosicchiare questa soglia, man mano che egli la unge d'olio - Eccoti che arrivi saltellando. Svelto, all'opera! La punta che mi blocca è la più esterna, proprio accanto ai cardini. Ancora un morso, è fatto. - Adesso, Faust, continua nei tuoi sogni finché ci rivedremo. FAUST ridestandosi Sono stato ingannato un'altra volta? La ressa degli spiriti è svanita e io non so se l'ho sognato, il diavolo, e se a scappare è stato un can barbone. |