DICAS
EROTISMO JOYCEANO
Ora finalmente è venuta a galla la parte mancante dell'abbondante
corrispondenza di James Joyce, la sezione più piccante e di più
difficile trattazione: le lettere scritte alla moglie Nora. fenomeno
raro nella storia della letteratura, si tratta di lettere di sesso
esplicito, con un livello di carnalità paragonabile solo agli scritti
di Sade o alle poesie di Catullo, tanto che le citazioni diventano
presso che impossibili.
Non essendosi praticamente mai separati ci sono pochi blocchi
epistolari, distanti nel tempo. Il primo copre l'anno 1904, periodo
iniziale del rapporto. Già allora la fisicità della passione era
evidente: oltre a supplicarla di rinunciare al corsetto le invia un
bacio sul collo di venticinque minuti chiedendone altre tante. Il
secondo gruppo è scritto dal 1909 al 1912 quando Joyce torna in Irlanda
con il figlio per pochi mesi. Tra le più svariate proposte libidinose
compare un forte sospetto sulla fedeltà della moglie "George è mio
figlio? La prima notte che abbiamo dormito insieme a Zurigo era l'11
Ottobre e lui è nato il 27 Luglio. Sono nove mesi e 16 giorni e mi
ricordo che c'è stato poco sangue quella notte". Due settimane sono
passate fino all'arrivo di una sdegnata risposta di Nora.
La rivelazione di un Joyce erotico ci giunge sorprendente benché i due
abbiano iniziato ad avere rapporti giovanissimi: rispettivamente 22
anni lui e 19 lei. Ciò che si intravede tra la scatenata ansia, il
voyerismo e la flagellazione sadomasochista è un caso straordinario
d'amore duraturo tra un grande intellettuale e una semplice donna
popolare.
Ci rimane solo un dubbio sulla legittimità e la correttezza di
addentrarci pubblicamente in una corrispondenza privata e come tale
concepita.
JOYCE E PROUST IN UN TAXÌ
Chi potrebbe immaginarlo? Le strade dei due più importanti scrittori
europei della prima metà del secolo finirono per incrociarsi una volta
il 18 Maggio del 1922, quando Joyce viveva a Parigi. Si sono seduti uno
accanto all'altro: Proust in pelliccia, con le sue occhiaie, Joyce
quasi cieco e già con il bicchiere in mano in un ricevimento che, con
un amico comune, lo scrittore inglese Sydney Schiff, offriva ai Ballets
Russes all'Hotel Majestic. Oltre a loro erano presenti quella sera
anche delle personalità interessate al balletto: Stravinskij, Picasso,
Diaghilev. Una tale occasione ha ispirato diverse ipotesi.
Secondo una di queste i due autori scambiarono semplicemente un
bollettino di salute, parlando di asma, cecità, e d'altri
acciacchi.
Secondo un'altra si sono reciprocamente scusati per non aver letto l'uno i libri dell'altro.
Un'altra ancora, sostenuta da Joyce, ritrae Proust al tavolino parlando
di duchesse - mentre lui s'interessava unicamente alle cameriere.
Dopo la cena sono usciti insieme e hanno preso lo stesso taxì che ha
lasciato prima Proust e dopo Joyce. Quest'ultimo ha fumato nella
macchina e aperto il finestrino, la qual cosa ha fatto quasi svenire
Proust.
Il 18 Novembre dello stesso anno Proust sarebbe morto e Joyce sarebbe andato al suo funerale.
IL NIAGARA FILOSOFICO
Sappiamo bene che la storia degli Stati Uniti è caratterizzata da periodi di scambio e
di apertura con "il resto del mondo" che si alternano tuttavia a momenti di profondo isolamento.
Anche nell'area del pensiero filosofico prende forza ora un movimento
di sostituzione dei grandi nomi europei che da qualche decennio
pontificavano nell'ambiente universitario di quel paese, (Jacques
Lacan, e Jacques Derrida), per pensatori "nativi", come Leslie Fiedler,
Norman O. Brown, e l' appena rivalutato canadese McLuhan.
Il movimento è in parte capeggiato dalla più polemica delle saggiste
post-femministe del paese, Camille Paglia, professoressa di
"Humanities" all'Università di Philadelphia e autrice dell'esplosivo Persone sessuali. Questa intellettuale afferma
che le opere degli europei appartengono ad una Europa distrutta dal
post- guerra, e le cui idee si adattano male alla tradizione
anglo-americana e insiste sulla possibilità che esista un pensiero
statunitense in grado di rispondere alla loro fame di senso e di
risposte. "E' il rispetto romantico per la natura- scrive recentemente
in un articolo per la rivista Salon - ciò che io definisco come la
principale caratteristica della tradizione intellettuale americana. Il
mondo claustrofobico del post-strutturalismo, riconosce solo una
società oppressiva agendo su un'umanità passiva e indifesa. La natura
selvaggia e sublime raramente si trasforma in un argomento a Parigi.
Nell'America del nord, invece, con i suo potenti sistemi climatici in
constante mutazione, con la sua vasta geografia, con i suoi monumenti
naturali, come le cataratte del Niagara, ed il Grand Canyon, la natura
costituisce la base onnipresente per qualunque pensiero ed azione
umana".
CINA: IL NUOVO RUOLO DELLA LETTERATURA
Poche settimane prima di sapere che uno dei suoi cittadini sarebbe
stato premiato con il Nobel per la letteratura del 2000, la Cina ha
organizzato un incontro mondiale sul tema: "Il futuro della teoria
letteraria. La Cina e il mondo". Da quanto si è potuto capire, questo
seminario aveva una motivazione politica di fondo: stabilire il ruolo
che la letteratura potrà assumere in un paese che vive una fase di
radicali cambiamenti in bilico tra comunismo e capitalismo
selvaggio.
Alcuni teorici conformi alle posizioni ufficiali, come Zhuc, Liyuan, o
Xu Ming, hanno messo in rilievo il fenomeno della globalizzazione
difendendo l'idea di un rapido passaggio dal pensiero marxista verso la
corrente liberale. Già il professore Xu Dai appoggiava la tesi secondo
la quale il nuovo mondo "globalizzato" avrebbe dovuto liberarsi della
"cultura del narcisismo" per poter riprendere un vero "discorso
umanista".
Ancora una volta assistiamo al tentativo di uno stato totalitario di
strumentalizzare la letteratura in favore delle proprie direttive
politiche. E per capire meglio vale la pena ricordare il commento di
Michael Dutton in Streetlife China: "Ora cominciamo a capire che il
socialismo alla cinese è in realtà una creatura molto strana. È una
forma di socialismo in cui la classe conta."
LA MORTE DELL'AUTORE
Cosa voleva dire esattamente Rolland Barthes quando in uno dei suoi
saggi più discussi decretava la "morte dell'autore"?
Apparentemente vorrebbe ridimensionare l'importanza di questa figura a
sua parere sopravvalutata nel XX secolo e propone dunque di sostituirla
con la figura del lettore. I tentativi finora falliti di scrivere
racconti ipertestuali a più mani via Internet sono un segno di tale
intenzione. I rituali istituzionalizzati delle società del libro,
continuano tuttavia a rinforzare la sacralizzazione dell'autore.
Conviene a questa società preservare a tutti i costi la sacralità che
riveste la figura del creatore, l'unico proprietario dell'opera.
Secondo Barthes questo permetterebbe di occultare la materialità del
prodotto che diffonde il nome dell'autore e anche il sistema economico
che lo sostiene. Tanti dei problemi di sopravvivenza degli scrittori di
oggi, nonostante questa loro sacralità istituzionale, vengono dalle
difficoltà che la classe letterata ha affrontato quando ha cominciato
ad esigere un pagamento per il proprio lavoro. Scrivere è veramente un
lavoro? Avere delle idee, metterle sulla carta, corrispondeva ad un
servizio degno di remunerazione? Il fatto che gli autori siano stati
complici della trasformazione dell'immagine pubblica di questo servizio
in una sorta di sacerdozio disinteressato, manifestazione di creatività
e d'espressione di genialità ha fatto sì che finissero per pagare un
alto prezzo perché sono rimasti senza argomenti in mancanza di
rimunerazione e allo stesso tempo, a scapito di loro stessi, hanno
lavorato per l'occultamento dell'operazione capitalista che riguarda la
produzione e la commercializzazione di un libro.
Questa coraggiosa immersione di Barthes nel mondo delle identità
istituzionali del nostro tempo ci può offrire la possibilità di
ridisegnare il ruolo dell'autore letterario in un'epoca in cui i suoi
prodotti sembrano diventare sempre più influenti.
AMORE CORTESE
Scritto nel XII secolo il Trattato dell'amore cortese
di Andreas Cappellanus è un prezioso documento per la comprensione dei
meccanismi che hanno dato origini ai moderni rapporti amorosi.
L'amore cortese è nato come una reazione all'anarchia dei costumi
feudali. Erano comuni allora le violazioni di tutte le norme e in mezzo
a tanta brutalità le donne rappresentavano la forza civilizzatrice,
perché erano loro a stabilire le regole del gioco. Tra i Catari (che
significa "puri") la cui origine risale al movimento manicheista,
l'amore umano tra marito e moglie, così come qualsiasi sessualità, era
visto come bestiale, non come spirituale. L'amore vero sarebbe
l'adorazione della donna redentrice, una mediazione tra Dio e gli
uomini. Molti storici credono che l'amore cortese, da cui si è creato
l'amore romantico, sia soltanto una continuazione profana del Catarismo
e che i cavalieri e le donne che per primi le avevano praticato erano
tutti Catari nascosti. Già nei Primi capitoli del Trattato è chiaro il
suo carattere censorio. Il secondo capitolo per esempio, Persone tra le quale l'amore è
possibile,
prevede come seconda condizione per l'amore (la prima è che i partners
siano di sessi opposti) che l'amante agiato mantenga la sua fortuna con
onestà, perché "la povertà non ha di che nutrire l'amore". Gli altri
capitoli sono Come ottenere l'amore, Come conservarlo, Cosa può farlo decadere, Come finisce e Quali le sue
regole.
Nel settimo capitolo sono descritti diversi casi esemplari con lo scopo
di dimostrare la correttezza delle indicazioni dell'autore. Su
Andreas Cappellanus si è riusciti a sapere molto poco. Era legato alla
corte e doveva lealtà alla Contessa Marie de Champagne, una figura
fortemente influente nella vita letteraria alla fine del XII secolo.
SPLENDIDI
Jean-Paul Sartre considerava la pièce Splendidi il capolavoro teatrale di Jean Genet, superiore addirittura alla famosissima
Le serve. Ma stranamente Genet ha rinnegato questa sua opera, che è stata pubblicata soltanto nel '86, a seguito della sua morte.
Dopo poche presentazioni lontano nel tempo, è oggi caduta nel più completo oblio.
Splendidi
è un brillante e compiuto esempio della poetica teatrale genetiana:
quella in cui lui crea una sorta di nuovo ordine a margine del mondo
normale, capovolgendo tutti i valori, trasformando assassini in eroi, e
prestando dignità al tradimento.
Ciò che in un altro autore apparirebbe come semplice prevaricazione, assume con Genet un alto livello letterario.
Quale storia racconta Splendidi?
La pièce mostra una banda di gangsters vestiti in frac in un albergo di
lusso vuoto. Accerchiati dalla polizia prendono una donna come ostaggio
e quando lei accidentalmente muore, Johnny, il capo, veste i suoi abiti
e sfila nei balconi del palazzo per ingannare i suoi persecutori. Una
situazione limite di circostanza si trasforma in un modo per fare
affiorare la verità interiore di questi personaggi.
SCHIAVI
Gilberto Freyre, grande sociologo del Brasile, afferma, nel suo libro del 1947,
Interpretazione del Brasile,
che qui le condizioni degli oltre quattro milioni africani portati a
forza nel paese e ridotti in schiavitù, era più blanda che in altri
posti. Secondo lui "svolgevano liberamente le loro feste, non erano
separati dai figli e dalle mogli, alcuni ricevevano la stessa
educazione che i signori impartivano ai loro figli, e vivevano in
condizioni migliori degli operai europei di quel periodo".
Questa affermazione è stata profondamente contestata dalla storica Mary C. Karasch nel suo libro
La vita degli schiavi a Rio de Janeiro.
L'indagine sulla schiavitù urbana a Rio de Janeiro tra il 1808(con
l'arrivo dell'erede del Portogallo che scappava da Napoleone con tutta
la sua corte) fino al 1850 (con l'interruzione del traffico degli
schiavi), si è prolungata per molti anni. La sua conclusione è che sono
passati per il mercato di schiavi di Rio de Janeiro quasi un milione di
Africani e in maggior misura bambini e adolescenti. Dopo un lungo
viaggio attraverso l'Atlantico arrivavano deboli e molto malati. Alcuni
a causa delle epidemie di aftalmia contratte nella stiva delle navi
negriere, e sbarcavano ciechi. Ma nonostante ciò erano portati al
mercato del Valongo. La vita degli schiavi era segnata da un lavoro
sfinente con giornate lavorative di anche diciotto ore che si
protraevano per l'intera settimana. Qualsiasi manifestazione di
scontentezza era severamente punita. La frusta a quattro o cinque punte
era utilizzata spesso per punirli. Dopo decine o centinaia di frustate
lo schiavo aveva il corpo bagnato da aceto e pepe. In seguito lo
schiavo riceveva un collare di ferro alla caviglia. A causa delle
torture si aprivano piaghe e gli schiavi contraevano il tetano.
Pessimamente nutriti, vestiti di pochi stracci, oppressi da violente
punizioni, e sempre in ambienti insalubri, non riuscivano a resistere
alla malattia: la "città meravigliosa " divorava i neri. La mortalità
era altissima. Molti padroni abbandonavano lo schiavo agonizzante e
morto nelle piazze e nelle strade di Rio de Janeiro per non dover
spendere per il funerale.
Così si può comprendere che anche se nei più svariati modi, lo scopo
degli schiavi era sempre lo stesso: sfuggire alla prigionia e tornare
in Africa.
STORIE DI PROZAC
La depressione, argomento che ha già avuto in Italia una importante trattazione in
Il male oscuro, di Giuseppe Berto più recentemente oggetto di un piccolo capolavoro di William Styron,
Darkness visible,(lo
stesso autore di La scelta di Sofia ), sembra essere passata dal campo
della psichiatria a quello della letteratura internazionale.
Due altri titoli sono infatti recentemente usciti con successo nel
mercato degli U.S.A.: Malignant sadness (tristezza maligna), di Lewis
Wolpert e Prozac backlash (la reazione del Prozac) di Joseph Glenmullen.
Il primo libro inizia con questa frase: " E' stata la peggiore
esperienza della mia vita, ancora più terribile che veder mia moglie
morire di cancro. Ho vergogna di confessare che la mia depressione
sembrava peggiore della sua morte, ma è questa la verità".
Diversamente il libro di Glenmullen prende come base gli eventuali per
quanto rari effetti collaterali del Prozac come il Parkinson, e le più
comuni sindromi di astinenza o di assuefazione.
Ironicamente questo stesso autore menziona lo slogan di un medicinale
antidepressivo della famiglia del Prozac, lo Zoloft: "Una giornata
meravigliosa per papà. Una giornata meravigliosa per la mamma. Una
giornata meravigliosa per la famiglia. Lascia che sia. Il sabato di
Zoloft".
TANGO IN LUNFARDO
Si celebra quest'anno il centenario di Roberto Arlt. Meno conosciuto in
Italia dei suoi celebri connazionali Borges o Cortázar, ma ugualmente
rilevante nella moderna narrativa argentina, questo autore ha
inaugurato il romanzo urbano di una Buenos Aires fatta di farabutti,
prostitute, e delinquenti. "Loro sono lontani dalla verità - ha
confessato una volta - ma mi affascina il selvaggio impulso iniziale
che li ha spinti all'avventura."
Autodidatta che ha studiato fino alla terza elementare, lo scrittore ha
creato uno stile molto particolare unendo il linguaggio del popolo
della strada (il lunfardo, gergo carico di italianismi e proprio delle
classi disagiate),lo stile pomposo e magniloquente delle traduzioni
scadenti, l'influenza di grandi scrittori che a poco a poco scopriva da
solo: "Scrive in un idioma che non è propriamente lo spagnolo, è il
porteño".
Dei suoi libri più conosciuti ci sono I sette pazzi, Il lanciafiamme, e Il terribile viaggio.
L'universo letterario di Arlt nasce, come quello di Genet, da un
rifiuto anarchico del capitalismo e di valori piccolo borghesi. Un
rifiuto pieno di deliri messianici, e della presenza costante del male
come possibilità e della trasgressione come via di uscita.
IL TEATRO NEL POST-CINEMA
Sceneggiatore, scrittore, vincitore di un Premio Goncourt, Jean-Claude
Carrière conosce come pochi l'arte del narrare di cui si serve in
molteplici modi.
Diventato famoso a partire dal suo contributo al cinema come
sceneggiatore di Jean-Luc Goddard, Jacques Tati, Milos Forman e Buñuel,
ha fatto anche diversi addattamenti letterari, tra i quali i
Mahabharata, per il teatro, con Peter Brook, e per il grande schermo. È
dunque con grande cognizione di causa che riflette, nel suo libro Il linguaggio segreto del cinema, sul ruolo che
il teatro ha assunto dopo l'avvento del grande schermo: chiaramente
minacciato dalla vocazione del cinema allo "spettacolare", il teatro
all'improvviso è diventato più leggero, si è spogliato della sua antica
pompa, ha riscoperto un'avvicinamento diretto, reale, con il suo
pubblico. Anche agli estremi limiti. A ciò aggiunge in un altro
brano "siamo oggi così caricati di immagini del passato che i dettagli
sono diventati più importanti dell'insieme, e alcune deficienze
tecniche del cinema hanno un forte impatto sulla nostra percezione
della storia. L'assenza di odore, per esempio".
Carrière crede che il cinema abbia "igienizzato la storia". E allo
stesso modo, soprattutto nei film moderni, il sesso è diventato una
cosa molto superficiale o addirittura falsa: "nelle scene che sembrano
erotiche, nelle quali il membro maschile non è mai mostrato in piena
erezione, la penetrazione è sempre effettuata con incredibile facilità,
senza un secondo di esitazione. Così i film di oggi sono un insieme di
eiaculazioni precoci".
LA FAVOLETTA DI CARRIÈRE
Ancora su Jean-Claude Carrière, vale la pena di trascrivere una delle favole del suo ultimo libro,
Il circolo dei bugiardi: racconti filosofici di tutto il mondo, scritto miracolosamente tra un film e l'altro. La favoletta s'intitola
I desideri precipitati:
<<Un'antica storia anamita ha fatto diverse volte il giro del mondo.
Un uomo ricco, conosciuto per i suoi smisurati appetiti sessuali, donò
tutte le sue ricchezze ad una divinità chiedendole - come al solito -
di concedergli la realizzazione di tre desideri. La divinità,
assecondando il volere dell'uomo, gli consegnò tre bastoncini di
incenso, e gli raccomandò di bruciarli quando avesse voluto veder
realizzati i propri desideri.
Tornando a casa l'uomo trovò un corteo matrimoniale. La sposa era
circondata da un gruppo di almeno quaranta giovani donne che ballavano
allegramente. Meravigliato l'uomo le esaminò bene, totalmente dominato
dal desiderio ma senza riuscire a decidere per una di loro.
Bruciò il primo bastoncino per chiedere di possedere le quaranta donne
in una sola volta. Esauritosi il bastoncino vide quaranta peni eretti
sbocciare da ogni parte del suo corpo. Quaranta sessi maschili in
erezione spuntavano dalla sua carne, persino dalla pelle del suo volto.
Le ragazze cominciarono ad urlare con orrore di fronte a quel mostro
mai visto prima, e scapparono. L'uomo stesso spaventato dalla
germinazione di quelle pustole oscene, decise di bruciare subito il
secondo bastoncino esclamando: - Che spariscano tutti questi organi! I
sessi scomparvero immediatamente, come lui desiderava, tanto che si
trovò col basso ventre liscio e sprovveduto.
Non gli restò che bruciare il terzo bastoncino per tornare ad esser
quello che era prima. Dopo di che tornò tristemente alla sua città
lamentandosi della fortuna scomparsa e
dell'incenso perso in inutili fumi.>>
L'ANIMA DEI "NATIVI"
Torniamo per l'ultima volta su Carrière. Dopo aver girato con successo
per diversi paesi europei, esordisce nell'America Latina la sua pièce
teatrale La controversia di Valladolid, il cui scenario e leitmotiv è proprio l'America Latina. Il fulcro della pièce è costituito dal libro
Brevissima relazione sulla distruzione delle Indie
scritto nel 1540 dal domenicano Bartolomé de Las Casas, che in esso
rivela le atrocità dei colonizzatori spagnoli nel Nuovo Mondo. A
partire da tali accuse e durante un anno intero (1550-1551) quattordici
giudici tra teologi, giuristi e letterati, dovevano decidere se gli
Indios fossero esseri razionali dotati di una anima o meno. Las Casas
si schiera in loro difesa e il teologo Juan Jeinès de Sepúlveda
abbraccia invece la tesi opposta. Una tesi che, pur smorzata, continua
ad esistere in buona parte dell'opinione pubblica europea dei nostri
giorni. Una sorpresa: il patrocinatore di questa pièce a Rio de Janeiro
è il giocatore Ronaldo dell'Inter.
Copertina.
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