FRANCESCO TENTORI

LE CORBUSIER


TRE RICHIAMI

Fedelissimo a questi presupposti ecco il triplice enunciato che Le Corbusier offre agli architetti su L'Esprit Nouveau:

"Primo richiamo: il volume. L'architettura è il gioco sapiente, corretto e magnifico, dei volumi raccolti sotto la luce...
I cubi, i coni, le sfere, i cilindri o le piramidi sono le grandi forme elementari in cui il rilievo appare netto, preciso, senza ambiguità... L'architettura egiziana, quella greca e quella romana sono architetture di prismi, cubi, cilindri, triedri e sfere... Gli architetti contemporanei, immersi negli scarabocchi sterili dei loro progetti, ricchi di viticci e di pilastri, non hanno ancora scoperto il valore plastico del volume elementare...
Secondo richiamo: la superficie. L'architetto ha il compito di far vivere le superfici che inviluppano i volumi, e di impedire che esse, divenute parassite, li divorino e li annullino... Lasciare al volume lo splendore della sua forma sotto la luce e pensare la superficie in funzione dei bisogni, talvolta utilitan...
Terzo richiamo: la pianta. Il volume e la superficie sono determinati dalla pianta... La pianta è il determinante essenziale dell'opera architettonica... La pianta non è bel disegno come il viso di una madonna: è una astrazione austera, un'algebrizzazione, un'operazione matematica... L'ordine è un ritmo percepibile che reagisce su ogni essere umano allo stesso modo. La pianta ha in sé un ritmo elementare determinato: da questo ritmo si sviluppa l'opera in estensione e in altezza... La pianta ha in sé l'essenziale della sensazione... Ritroveremo la verità dell'architettura quando avremo costituito un nuovo sostegno logico per ogni manifestazione architettonica. Si preparano vent’anni di lavoro per questa creazione. Periodo di grandi problemi, periodo di analisi, di esperimenti, di grandi sconvolgimenti estetici, di elaborazione di una nuova estetica. Bisogna tornare allo studio della pianta, chiave di volta di questa evoluzione" (“Tre richiami per i signori architetti”, su L'Esprit Nouveau im. 1?4, 1920).

È dunque perfettamente chiaro, fin dall'inizio, a Le Corbusier che i suoi propositi non si possono realizzare, per magia, all'improvviso. Occorrono anni di ricerca paziente. Agli architetti che vivono alla giornata, che riempiono i fogli di "scarabocchi", che finita la scuola, e per di più una scuola sbagliata, accademica non vogliono più fare un solo sforzo per pensare, egli indica la strada lenta, faticosa ma l'unica, a lungo andare, 'sicura e fruttosa della ricerca scientifica.


LA NAVE COME UNITÀ D'ABITAZIONE

Per intanto, come si è detto, se non esistono esemplificazioni architettoniche, bisogna guardarsi intorno, cercare dimostrazioni del nuovo modo di vivere in altri prodotti della tecnica contemporanea. Le illustrazioni de L'Esprit Nouveau, raccolte in “Vers une Architecture”, sono coerenti all'assunto: rarissime le architetture e quasi sempre di altre epoche, oppure opere d'ingegneria e architetture industriali, "non distorte"; abbondantissime le testimonianze della tecnica nuova. In copertina, il ponte coperto di un transatlantico. All'interno un lungo capitolo dedicato ai transatlantici; un altro agli aerei; un terzo alle auto: architetture in movimento, le uniche che soddisfano questo straordinario ricercatore e viaggiatore. Perché egli, che aveva cominciato verso gli anni '10 a viaggiare a piedi, sacco in spalla, per le città d'Italia e d'Europa, ora è un utente, entusiasta, dei treni, delle navi, degli aerei, dei dirigibili, navi volanti. Soprattutto i piroscafi lo appassionano.

"Un architetto serio che guardi da architetto (creatore di organismi) troverà nel piroscafo la liberazione dalle maledette servitù secolari... La casa degli abitanti della terra è l'espressione di un mondo decaduto alle piccole dimensioni. Il piroscafo è la prima tappa verso la creazione di un mondo organizzato con spirito nuovo" (1921).

Dei piroscafi diventa, nelle sue conferenze, un descrittore acuto, fanatico. La gente non crede ancora alle sue architetture, non le ha mai viste realizzate, diffida, vorrebbe toccare con mano. Ebbene, Le Corbusier descrive una realtà:

"...due parole sulla vita che si svolge a bordo di un piroscafo: per quindici giorni, da Bordeaux a Buenos Aires, sono tagliato fuori dal resto del mondo, dal mio parrucchiere, dalla mia lavandaia, dal mio fruttivendolo, dal mio macellaio. Ho aperto i bauli, mi sono sistemato nella mia casa: sono nei panni di un signore che ha affittato una casetta. Ecco il mio letto... Ecco l'armadio... Questo armadio potrebbe essere attrezzato infinitamente meglio; però è molto utile lo stesso. Di fronte, fra i due letti la scrivania, con tre cassetti molto preziosi; un tappeto di moquette, molto piacevole per i piedi scalzi (è bello stare a piedi scalzi!). Attraverso una piccola porta: un grande lavabo, un buon armadio per la biancheria, cassetti per gli oggetti da toilette, specchi, molti attaccapanni, luce elettrica a profusione. Attraverso una seconda porta: vasca da bagno, bidet, cesso, doccia con scolo diretto dell'acqua a terra. Ho un telefono a portata di mano, dal letto e dalla scrivania. E tutto qui. Dimensioni: 3 m x 3,25 m per la camera. Tutto compreso: 5,25 m X 3 m = 15,75 mq. Ricordiamoci la cifra... Un uomo è felice, realizza tutte le funzioni della vita domestica, dorme, si lava, scrive, legge, riceve gli amici in 15 mq. Ma voi interrompere per dirmi: "Già! E il mangiare? E la cucina? E la cuoca, il domestico, la domestica?".
Proprio qui vi volevo, proprio a questo punto volevo portarvi! Il mangiare? Non me ne occupo. Lo fa il ristorante, che ha a disposizione frigoriferi, cucine, macchine per cuocere, per lavare, e un esercito di personale. Sul piroscafo siamo da 1500 a 2000 abitanti. Se ci sono 50 uomini in cucina, le mie esigenze richiedono 50/2000 = un quarantesimo di cuoco. Signori, a me basta un quarantesimo di cuoco; sono l'uomo che ha scoperto il trucco per assumere al suo servizio soltanto un quarantesimo di cuoco. Ma scusate, non ho ancora finito: non mi preoccupo del cuoco, non mi curo di lui, non gli do né ordini né soldi perché vada al mercato. Se volete, poi, posso invitarvi tutti a cena, dopo la conferenza, e potrete mangiare caviale di Mosca o pollastrelli francesi, bere birra inglese o birre di Monaco, o stappare una bottiglia di Veuve Cliquot! Non avrò neppure un momento di imbarazzo.
Al mattino, alle sette, il cameriere, che è singolarmente educato e compito, viene a svegliarmi: apre la finestra, spalanca le persiane e mi porta la cioccolata. Poi scrivo o leggo. Faccio una passeggiata sul ponte, e intanto il cameriere mette in ordine la stanza, la toilette e il bagno. Nel pomeriggio mi porta il tè e il giornale di bordo con le ultime notizie. Con discrezione, alle sette di sera mi prepara lo smoking e a notte, quando torno, mi fa trovare il letto preparato e la lampadina da notte accesa. Dio santo, come scorre dolce la vita! Insieme a me, il mio cameriere provvede ad altri venti viaggiatori. Al mio servizio ho perciò un ventesimo di cameriere. Come si abbassa il costo della vita!... Finora, ho al mio servizio un quarantesimo di cuoco e un ventesimo di cameriere, totale: tre quarantesimi di domestico!... Vi faccio buono il resto, ormai ho le cifre... Nel piroscafo, che ospita nel suo interno di 7 o di 10 piani, 2000 abitanti, debbo rilevare ancora una cosa molto importante: dall'appartamento che vi ho descritto, passando attraverso un piccolo corridoio privato, si arriva ad una passeggiata che è come un viale, il deck. Là si incontra la folla come sui boulevards... Nella parte più alta del piroscafo, un'altra passeggiata, grande come potrebbe esserlo un tettogiardino su una grande casa di città. Nell'interno del piroscafo ci sono molte di queste strade… con dei numeri alle porte delle cabine, come quelli che ci sono in tutte le case di tutte le strade di tutte le città. Queste case che non sono appoggiate sul suolo, ma sovrapposte, mi incantano; ricordano un'atmosfera spirituale simile a quella che mi ha indotto a creare, sia pure attraverso considerazioni diverse, le mie 'strade aeree'...
Eccoci arrivati nel vivo della questione: i servizi comuni.
Sulla puntuale realizzazione di questi devono fondarsi l'urbanistica moderna e la casa d'abitazione moderna. I problemi dell'architettura cambieranno di scala. La casa di 10, 20, 30 metri di facciata, costruita per un privato, diventa un'anomalia, un anacronismo... Spingendo a fondo la nostra azione, sottrarremo la costruzione ai metodi preindustriali: il costruire non sarà più un'attività stagionale, paralizzata dagli scherzi delle intemperie. Arriveremo alla casa "a secco", costruita in officina, coi metodi perfetti del meccanismo, come una carrozzeria d'automobile..." (conferenza a Buenos Aires, 10 ottobre 1929).

Insensibilmente, come si è visto, Le Corbusier arriva al vero oggetto del suo interesse d'architetto: la casa dell'uomo, la cellula in scala umana, base di tutta la vita associata. Cogliamo la data: 1929. Non venti, ma quasi quarant'anni dopo, una industria automobilistica francese, la Renault, prende per la prima volta sul serio le sue parole, intavola con lui trattative, gli commette i primi progetti (ancora in corso di elaborazione)!
Torniamo ai metodi di industrializzazione:

"le imprese di costruzione debbono accordare i loro metodi con le esigenze dell'epoca macchinista, eliminando la piccola costruzione privata. Non si devono più fare le case a metri, ma a chilometri... si deve dimenticare la casa esistente, l'attuale codice dell'abitazione, tutte le abitudini e tutte le tradizioni. È necessario studiare con sangue freddo le nuove condizioni nelle quali si svolge la nostra attuale esistenza. Si deve avere il coraggio di analizzare e di sintetizzare. Si deve sentire l'influsso della tecnica moderna ....
Da un punto di vista urbanistico, con questi metodi daremo soluzione al problema della circolazione, che è regime fluviale (di arterie) con ruscelli, fiumi ed estuari e porti autonomi di sbarco sulle rive dei fiumi stessi (i parcheggi). Da un punto di vista architettonico, daremo alle città maestose e immense prospettive, folte di bella e necessaria vegetazione".

È tutto nuovo, frutto della sua soggettiva fantasia, questo mondo nuovo? Con orgoglio Le Corbusier risponde: "Se sapeste come sono felice quando posso dire: "le mie idee rivoluzionarie hanno riscontro nella storia in tutte le epoche e in tutti i paesi" (le case di Fiandra, le palafitte del Siam e dei lacustri, magari la cella di un certosino beatificato)".


L'UOMO MISURA DI TUTTE LE COSE

"Io immagino la cellula d'abitazione la cui sezione è così definita: essa ha due solai, è alta due piani. Nella parte inferiore, posteriormente, inserisco una strada per accedervi... una strada aerea... a 6, 12, 18, 24 metri sul livello del suolo. Continuo a chiamarle "strade" invece che corridoi per precisare che si tratta di organi di circolazione orizzontale, indipendentemente dalle "ville sovrapposte" che le contornano e che sboccano in esse. Queste strade aeree fanno capo, a distanza utile, alle batterie di ascensori, alle rampe o alle scale che stabiliscono il contatto col suolo della città. C'è anche il collegamento col tetto giardino, dove sono posti il solarium, la piscina, la palestra, le passeggiate fra il verde dei giardini pensili. In certe città che hanno una topografia tormentata, potremo disporre sopra questi tetti, anche un'autostrada.
Da una delle porte disposte nelle strade interne, si entra in una delle ville. La distribuzione interna è fatta secondo I desideri di colui che vi abita (infatti la pianta è libera, la struttura portante dell'edificio è indipendente, e la cellula si può scompartire come si vuole). In ogni caso la facciata anteriore è chiusa da una parete di vetro, alta i due piani della villa. Sottili combinazioni permettono una prospettiva a doppia altezza...
In questo punto vitale della villa, dalla parete di vetro si accede al giardino. Un giardino "pensile", chiuso su tre lati. Lo abbiamo costruito al Padiglione de L'Esprit Nouveau, nel 1925..." (sempre la stessa conferenza del 10 ottobre 1929 a Buenos Aires, vero condensato della teoria di Le Corbusier. Questa conferenza, le altre pronunciate nella stessa città e a Montevideo, San Paolo e Rio de Janeiro, durante lo stesso viaggio, sono raccolte nel volume “Précisions sur un état présent de l'architecture et de l'urbanisme”, 1930).

Si badi bene: Le Corbusier sogna di realizzare milioni di queste cellule, di queste ville sovrapposte, per tutti i paesi della terra, tutte le condizioni, tutti i climi, sempre diverse al l'oro interno, anche se condizionate, subito al di fuori, è all'interno stesso dell'edificio da situazioni standard, razionalizzate, riproducibili all'infinito. Eppure ha potuto costruirne una sola, e per di più provvisoria, in un padiglione disperso e nascosto di quella sterminata e babelica mostra che fu l'Esposizione Internazionale di Arti Decorative a Parigi, nell'estate 1925. Per un uomo continuamente tacciato di materialismo, non ci potrebbe essere migliore prova di straordinario idealismo: ma un idealismo non disarmato, inerme, anzi aggressivo, audace, temerario. Il mondo sciorinava le sue vanità nelle futili esposizioni d'arte, Le Corbusier, con tutte le sue forze, cercava di richiamano alla realtà.


UNA CITTÀ DI TRE MILIONI DI ABITANTI

Vale l'aneddoto da lui riferito (“La mia opera”, 1961):

"Nel 1922 si volle creare al Salone d'Autunno di Parigi una sezione urbanistica. Il direttore andò a trovare L-C. per assicurarsene la collaborazione. Colloquio:
L-C.: "Che cos'è secondo voi l'urbanistica?"
"Beh, l'urbanistica è l'arte della strada, dei negozi, delle insegne di ferro delle botteghe, e si estende persino ai pomelli di vetro delle rampe sulle scale di case..."
LC.: "Bene, bene, vorrà dire che farò per voi una fontana monumentale, e dietro ci piazzerò una città di tre milioni di abitanti".
L-C. si dimenticò della fontana, e fece, con Pierre Jeanneret, il progetto completo di una città di tre milioni di abitanti, dagli alloggi tipo, dalle "Unità d'abitazione di grandezza standard", fino agli ampi viali del Centro degli Affari...".

In precedenza si era già occupato di case tipo, le case "Domino", con elementi strutturali (solai, pilastri, scale) prefabbricati e standardizzati in grande serie. Prima risposta costruttiva alle prime devastazioni provocate dalla grande guerra in Fiandra, nel settembre 1914. Sei anni dopo: case "Citrohan" ("pour ne pas dire Citroen") perfezionate tenacemente per sette anni, realizzate per la prima volta alla colonia Weissenhof di Stoccarda, 1927.
Nel 1922 esplode il suo talento di urbanista, ed ecco i piani per una Città Contemporanea di tre milioni di abitanti. Non importa dove, quello che conta è il sistema. Esamineremo attentamente questo primo progetto perché, salvo pochissimi residui del gusto dell'epoca (specie nel disegno delle quattro piazze), esso contiene in germe tutto lo sviluppo ulteriore di Le Corbusier urbanista: i piani e le proposte successive non segneranno che ritocchi apportati a questo primo piano.
La città vera e propria occupa un rettangolo di metri 4000 per 6500, intersecato ortogonalmente da due grandi autostrade, mentre altre strade veloci, che collegano il centro ai quartieri giardino, lo tagliano in diagonale a 45°; vi è poi la rete delle strade minori che congiungono i vari quartieri. Non si vedono ferrovie o altri trasporti pubblici perché sono posti in sotterraneo. Al centro della città sorgono 24 grattacieli: destinati agli uffici, agli affari, agli alberghi, tutte le attività insomma della city. Oggi lo si chiamerebbe un "centro direzionale". I grattacieli sono disposti tutt'intorno alla "stazione" di arrivo di tutti i mezzi di 'trasporto, pubblici e privati. Coperta superiormente da una enorme "piattaforma d'atterraggio precisa Le Corbusier per gli aerotaxi" (fantascienza? forse è la consueta anticipazione, se nei nostri anni assistiamo ad una intensificazione degli studi per aerei a decollo verticale), la stazione ha quattro livelli di cui tre sotterranei: al piano terreno, tutte le stazioni e biglietterie; al piano sotterraneo, le linee metropolitane; al secondo, le ferrovie vicinali; al terzo, le ferrovie di grande comunicazione.
Ogni grattacielo ha una pianta cruciforme che occupa metri 150 per 150, ed è alto sessanta piani, più di 200 rn. Al suo interno possono lavorare da 10 a 50.000 persone. In tutto il centro direzionale è prevista una popolazione stabile di 40600 mila abitanti; l'area ad esso destinata è di metri 1500 per 2400, e solo pochissima è coperta dalle 24 torri: tutto il resto è destinato a giardino, a parcheggio, a ristoranti, caffè, negozi di lusso, teatri. Su uno dei lati brevi del centro direzionale vi è il centro 'amministrativo con i grandi edifici pubblici, il municipio, il museo. Più in fuori, nella stessa direzione, un grande parco: destinato anche come zona di riserva per un eventuale raddoppio della city. Dai lato opposto, ma molto più discosta dalla città, la zona industriale, dotata di un grande canale navigabile con docks per l'attracco delle navi, scali merci, stabilimenti, ecc. Il resto della città vera e propria è destinato alle residenze di media densità per 600 mila abitanti.
Sono previsti due tipi edilizi che Le Corbusier continuerà a studiare e a riproporre negli anni successivi: un tipo "aperto", costituito da tanti corpi lineari che si incontrano ad angolo retto formando come una "greca" continua; un tipo "chiuso" su grandi cortili rettangolari interni di circa 90 X 300 m. Queste case sono già le "ville sovrapposte" di cui abbiamo letto la descrizione e di cui il solo prototipo costruito sarà, per molti anni, il Padiglione de L'Esprit Nouveau, 1925.
Gli altri due milioni che completano la popolazione della città, risiedono nelle città giardino, a cinque o più chilometri dal centro. Verso questi irriducibili individualisti, Le Corbusier non si stancherà però mai di predicare che la città giardino è una delusione, perché rende meschina la natura, il verde, spezzato in tanti fazzoletti insufficienti, e perché sottrae agli abitanti tutti i vantaggi della vita urbana.
Con ben pochi cambiamenti appena qualche deviazione nell'ortogonalità dei grandi assi viari si tratta, in fondo, dello 'stesso piano che viene esposto n'ei '25 al Padiglione de L'Esprit Nouveau: ribattezzato Voisin, dal nome del costruttore di aerei la cui munificenza ha consentito la realizzazione del padiglione. Novità ben più grossa: il piano non riguarda più un terreno ideale; la proposta aggredisce il cuore stesso di Parigi, tra Montmartre e la Senna, a contatto con Place de la Concorde, le Tuileries, il Louvre, quasi a ridosso dell'isola di Notre Dame! A chi grida allo scandalo, Le Corbusier risponde con un solo disegno: un fotomontaggio che fa vedere, alla stessa scala, una foto aerea dei quartieri urbani di Parigi che andrebbero abbattuti e i grandi grattacieli circondati da verde che li sostuirebbero. Nella vecchia città, case soffocate, a ridosso le une delle altre, che non vedono mai il sole, malsane, congestionate. Nella nuova, tutto io splendore dei tempi moderni. La scelta è aperta.
I tempi non sono ancora maturi? Pazientemente, undici anni dopo, nel 1936, Le Corbusier ripresenta ai parigini lo stesso piano, per la stessa zona della capitale: si chiama "Parigi 1937". Non basta ancora? Dieci anni più tardi, nel 1946, lo riproporrà di nuovo, immutato. L'unica variante, nelle due edizioni del '36 e del '46, è costituita dalla forma dei grattacieli. Continuando, come è sua abitudine, ad analizzare minuziosamente le sue creazioni, Le Corbusier si è persuaso che la forma a croce lascia due facciate male esposte, con poco sole, e cambia perciò la pianta in una specie di Y molto aperta, che ha utilizzato per la prima volta nel piano Macia per Barcellona, 1932, riproposto l'anno dopo nel piano per la riva sinistra dell'Escaut a Anversa. E così contento di questo suo grattacielo, della sua razionalità, che lo chiama grattacielo cartesiano, dal nome del filosofo che più gli è caro.


I CINQUE PUNTI DELLA NUOVA ARCHITETTURA

Studi urbanistici e studi architettonici procedono di pari passo. Nel 1926, insieme a Pierre Jeanneret (suo cugino e suo socio di studio dal 1921 al 1940), ha sintetizzato le sue idee architettoniche in cinque punti famosi: i cinque punti di una architettura nuova.

"1. I ‘pilotis’ (palafitte, si potrebbe tradurre in italiano, visto che Le Corbusier ci ha ricordato che l'ispirazione gli è venuta dai villaggi palafitticoli). Ricerche assidue, ostinate, sono maturate per ora solo in poche realizzazioni parziali, che possono però essere considerate come risultati di laboratorio. Questi risultati aprono delle nuove prospettive per l'architettura; essi si offrono all'urbanesimo che può trovare, nel loro aiuto, mezzi di soluzione per la più grande malattia della città attuale. La casa su pilotis! La casa finora è stata immersa nel suolo: locali oscuri e spesso umidi. Ma il cemento armato ci offre i pilotis. Ora la casa può sorgere nell'aria, discosta dal suolo. Il giardino si trova anche sopra la casa, sui tetto.
2. I tettigiardino. Da molti secoli un tradizionale tetto a spioventi sopporta, di norma, l'inverno con la sua coltre di neve, mentre la casa è riscaldata con stufe. Ma dal momento che viene installato l'impianto di riscaldamento centrale, il tetto tradizionale non conviene più. Il tetto non deve essere più rilevato, ma concavo. Esso deve cioè scolare le acque piovane non più verso l'esterno, ma all'interno della casa. La verità innegabile ci viene dai paesi nordici: i climi freddi impongono la soppressione del tetto inclinato e invocano la costruzione dei tettiterrazzo, dove la neve si scioglie sopra la copertura e viene poi convogliata negli scarichi posti all'interno della casa. Ora il cemento armato consente la realizzazione di un tetto piano perfettamente omogeneo e compatto. È vero, esso nei climi caldi si dilata fortemente, e la dilatazone provoca, di conseguenza, fessurazioni della copertura, che si aprono nelle ore del brusco raffreddamento notturno. Ma per questo, anziché cercare di scolare il più rapidamente possibile l'acqua piovana (come succede nei tetti a spioventi) bisogna cercare i trattenerla sopra la copertura, sforzarsi di mantenere una consistente umidificazione sul cemento della terrazza e, attraverso l'umidità, una temperatura costante e senza sbalzi improvvisi nocivi al cemento armato. Un'efficace misura di protezione: sabbia o terra, ricoperta da piastre di cemento, disposte con giunti molto larghi nei quali si può seminare l'erba. Sabbia e radici non lasciano filtrare l'acqua altro che con estrema lentezza. E i giardini terrazzo divengono perciò ricchi dí verde: fiori, arbusti e alberi, prati d'erba.

3. Il piano libero. Fino ad oggi i muri portanti della casa, che partivano dal sottosuolo, delimitavano rigidamente e in modo uniforme il piano terreno e i piani superiori e salivano fino al tetto. La pianta dell'edificio era perciò schiava dei muri portanti. Ma il cemento armato introduce nella casa la pianta libera. I vari piani non sono più costretti nella medesima scompartizione. Essi sono liberi. Grande risparmio di volume dei muri (che non devono più reggere il peso della casa, sostenuto ora dagli esilissimi pilastri), grande risparmio di spazio, impiego rigoroso di ogni centimetro della pianta. Grande economia di denaro. Razionalità di una pianta nuova!

4. La finestra in lunghezza. La finestra è uno degli elementi essenziali della casa. Il progresso costruttivo porta ad una sua completa libertà (un tempo le finestre dovevano essere limitate, perché si aprivano nei muri che dovevano sostenere il peso della casa). Il cemento armato rappresenta una rivoluzione nella storia della finestra. Le finestre possono ora correre da uno spigolo all'altro della facciata. La finestra è anche, può esserlo in breve, il primo elemento meccanicotipo della casa. Lo stesso elemento può servire per tutti i nostri alloggi, tutte le nostre ville, tutte le nostre case operaie, tutte le nostre case d'affitto...

5. La facciata libera. I pilastri che sorreggono l'edificio sono arretrati rispetto alla facciata, posti all'interno della casa. Oltre essi, il pavimento prosegue a sbalzo. Le facciate non sono più, per conseguenza, che delle leggere membrane di muro isolato termicamente, o delle finestre ininterrotte. La facciata è interamente libera; le finestre senza interruzione possono correre da un bordo all'altro della faccia".

Dal 1945, puntualmente vent'anni dopo, il mondo intero si va ricoprendo di edifici dalle facciate interamente di vetro. Le tecniche di condizionamento dell'aria, di produzione industrializzata dei serramenti, consentono finalmente di realizzare senza preoccupazioni quelle facciate di vetro che Le Corbusier ha ideato per primo, e applicato per primo nei suoi edifici (a Mosca, nel 1929, nel Centrosoyus; a Ginevra, 1930-32, nell'edificio "Clarté"; a Parigi, 193032, nel padiglione svizzero alla Città Universitaria, capolavoro dei "cinque punti"; ancora a Parigi, nel 1932-33, nella Cité du Refuge), sia pure, talvolta, con qualche noioso inconveniente (impianti di condizionamento bloccati e gente che soffoca dal caldo...).
Ma proprio nel 1945 quando tutto il mondo si mette a produrre pareti di vetro dopo i primi esperimenti pratici nel Ministero dell'Educazione Nazionale a Rio de Janeiro (1936-45) e nel progetto per un grattacielo nel quartiere della Marina ad Algeri (1942), Le Corbusier ha teorizzato, senza tante complicazioni meccaniche, un sesto punto, da aggiungere ai precedenti: il loggiato brise-soleil, frangisole, da sovrapporre alla facciata di vetro. Il suo ragionamento, come sempre, è elementare: d'inverno egli dice è piacevole il sole in casa, solo d'estate diventa fastidioso. Ma è anche vero che d'inverno i raggi solari arrivano con minore inclinazione sull'orizzonte, mentre d'estate sono quasi verticali. Ecco che una loggia, anteposta alla facciata, li lascia passare d'inverno, li intercetta e li ferma d'estate. Tutto qui, per l'architettura.