TUTTI I DIPINTI SONO DI NICOLAS TARKHOFF


Il giovane Quasimodo alle prese con l'endecasillabo. I numeri indicano
la sillaba accentata del verso. Gli endecasillabi 6 - 10 (a maiore, cioè con
la prima parte più lunga) e 4 - 8 - 10 (a minore, cioè con la prima parte
più corta) sono i più diffusi. Rarissimo nei primi secoli della letteratura
italiana fino all'Ottocento il 4 - 7 - 10 che era percepito dai trattatistri
come ritmicamente sghembo. Di uso più frequente dalla fine dell'Ottocento
e per tutto il Novecento.


Viale con pioppi (1902)


VISIONI AUTUNNALI
Facce spettrali
di lune, sorgenti
silenti
sull'ali
impalpabili.
Riverberi di stelle
opaline come lampadine
infinite nel cielo di pece.
Goccioline di pioggia
stillanti
come tanti
smeraldi su scheletri arborei,
giganti nodosi e contorti,
come morti,
nello spasimo infinito
sull'aspro
cammino del dolore.
Riverberi di vespro
sanguinolenti come carne
macellata da poco.
Roco
lamento di fronde ingiallite
e cadenti, marcite
nella mota non sazia
di pasto.
Impasto d'ombra verdastra e di fango
sul cànlice de' prati
pallenti
e morenti.


Paesaggio con campi sotto il sole (1907)


PRIMULE
Grumi pensili di sangue sul lacero velluto verdognolo.
Oh le ferite dei prati!
La primavera respirando voluttuosamente l'aria soave,
ha rotte le vene del suo seno turgido.
Un fiotto di vento con le labbra avide; un bacio! E le
primule sanguigne galleggiano su l'onde filamentose e
senza spuma.


Avenue du Maine con uomini e cavalli (1905)


SFIORITURA
Oh l'orchidea cristallina
del mio sogno,
sbocciata nel vespero
agonizzante
intriso di sangue,
striato
da fili di latte
coagulato;
sfiorita ne la sera
fuligginosa, senza trilli metallici
d'usignoli,
senza voli
di capinera,
senza tremuli tintinni
di sonagli opalini
della veste celeste
abbrunata d'una dama misteriosa!...

Oh l'orchidea!
In un'alba imbellettata
di biacca rosata
con le labbra violacee
da brividi alitanti di gelo,
rividi i petali biancastri, malaticci
del mio sogno iridescente
imputriditi laggiù
nel palude affogato
di limo - calice
di lacrime salmastre stillate
da un salice
che non piange più!


Avenue du Maine con uomini e ferrovia (1900)


SCONFINAMENTI DELL'ANIMA
Dilagare su la rude, tiepida fronte di un monte non ancora incipriato, dopo che il tramonto ha già lavato il sangue diaspro de le sue ferite enormi!
Sentirsi baciati da le prime boccate voluttuose d'aromi che le ventose carnose de la sera fiottano per l'aria, quando, tra un olivastro cipresseto sonnacchioso la prima collana sfilacciata di gocciole di mercurio iridescente sgocciola il suo umore luminoso!
Oh! sognare sulle corolle sbocciate, laccate, azzurrate, striate da vene ambrace e di fiori campestri, velate da un molle tappeto di giunchi - fasciati da lembi setacei di solitudine azzurra - dopo che la bambagia del silenzio ha soffocato le note noiose, rugginose de le cicale, e i trilli scoppiettanti di grilli macchiettati, di verdognolo, brilli di fiamma vesperale.
Oh! l'anima vagabonda per strade imbottite di soffici piume di neve, punzecchiata da brividi di vento, immersa ne l'aria opaca bucherellata da voli rettilinei d'uccelli, increspata da folli starnazzate d'ali di polli freddolosi!
Anima vagabonda per strade lavate di sole sofferente, con cuspidi d'ombre spruzzate di macchie giallognole!
Anima vagabonda, per strade fiammeggianti di lingue di sole furente, incipriata dal fiocco vellutato del vento, di polvere densa, battuta da ruote piangenti!


Stazione Maine-Montparnasse di notte (1905)


FREMITI MATTINALI
C'è sola una lacrima nel cielo -
non pianta ancora da la notte insonne
che tremola sul colle
ai primi pallori luminosi;
come la lacrima che non vuoi sgorgare
quando ha bisogno l'anima di pianto.
Per te - o notte - ci sono tanti e tanti
piccoli fazzoletti verdi
sui campi,
ch'hanno raccolto le tue fresche lacrime
ch'hanno sentito l'anima
ammollirsi di pianto
ed ora aspettano il sole
che venga ad asciugarli
col suo alito caldo
per l'altro pianto
- ancora! -
Ma chi raccoglie invece
il pianto mio? - Forse tu - povera amica
che sei tornata un'altra volta ancora
a me -che ti credevo lontana e sonnolente
immersa nei tuoi sogni di bambina
azzurri troppo, e forse troppo folli.
E ora mi sembri pallido sorriso di luce,
quel solo sboccio bianco di pace
di questo cielo filigranato
di brividi violetti!
O gioia di gustare tutto in pianto
nuovo e umano!
Sentii ne l'anima
dolce una frescura
filtrare a gocciole di gioia o di dolore...
E non pensare a nulla,
vagabondo il pensiero,
a le cime rosate del mattino!
O quante volte le pupille smorte
ha scrutato
i rossi crepuscoli serali,
cercando forse una cosa vana,
sentita lieve brividar ne l'anima...,
e mai avuta...
solo intravista appena
e poi svanita!...


Fattoria (1907)


ALBORE
Ho tutta l'anima incrinata di brividi di stelle.
Trillano ancora dei grilli lungo i lembi verderame dei fossati polverosi, e dai pantani melmosi scoppiano cori lontani di rane arrochite.
Il silenzio intorno a quel pino bagnato d'ombra, che ogni sera al vespro china mesto il capo, dopo aver sorriso a l'ultima vampata di sole, mi succhia l'anima ai ricordi.
Sento ancora il volitare vellutato dei lapilli d'un mucchio morbido di sogni, incenerito una sera lontana sotto l'archetto di platino dorato de la luna.
I freschissimi ciclamini di luce de l'alba non hanno ancora del tutto distrutto il mosaico de la notte: qualche pietruzza lucente, paurosa, tremola ne l'ignoto...


Paesaggio (1907/1910)


SILENZIOSA
Tu già mi vuoi. Sul tuo viso livido
le spirali delle pupille sadiche
scavano, nell'attimo d'un brivido,
distanze amare come amare radiche.

Fermati un poco sulla buia rampa,
l'ultima ch'ascende al labirinto,
c'è sole ancora dentro la mia lampa
se pure l'ombra è imagine di vinto.


Gigli (non datato)


IN TONO MINORE
Cheta l'anima com'olio di lampa
sogna i rivoletti di fiori oltremarini
sui muri del tuo orto la vampa
di primule ch'arde la nuvola dei biancospini.

Marta, sorella amara, sì lieve è l'incanto
che basta un tintinnio di piccolo sonaglio,
un respiro d'ape perché torni il pianto
a battere il mio cuore come un maglio.

Tu prega presso il ceppo ulivigno
perché sia tratto nel sole, or che mi brulica
dentro il formicaio, tra il loglio ed il macigno
dove Lazzaro lasciò la benda abulica.

E così sia. La volontà sia fatta:
dal mistero del seme alla minuta cellula,
dalla gemma di brina che profuma la fratta
al miracolo d'un'ala di libellula.

Dio viene nei miei sogni inquieti,
al bivio d'ogni tiepida vigilia,
non ignoto, né carico di lucidi amuleti,
ma Padre di creatura che s'umilia.

Ma io, sorella, non sono che un dolore
fatto carne da un verbo che m'induce
alla preghiera nel tono suo minore
che mai raggiunge la più alta luce:

Poeta: arcobaleno sospeso tra due cime
come ponte di cristallo lieve lieve
per il valico dei sogni e delle rime
dall'abisso ai germogli della neve.


Bouquet di gigli (non datato)


LA PORTA CHIUSA
Viandante, che trovasti chiusa
la porta della città straniera,
ch'era fiorita nella tua pupilla
come una serra di stelle,
torna alla piccola terra,
tagliata dal mare: lontana,
ma tanto vicina al tuo cuore.

Chiudi nell'ombra come in un sepolcro
i sogni d'infinite lontananze,
e statuario, re nel tuo rifugio,
scaccia dalla soglia immacolata
la porpora nova che copre l'antico cencioso,
ed apri la porta, solo, per tua madre.

La troverai all'angolo del tempio,
dove si fermano, a sera, i pezzenti malati
a chiedere limosina di sole;
fra i tisici, i lebbrosi,
i luetici dalle ossa slegate,
chiamala a gran voce:

una si leverà fra tanti,
e bacerai le piaghe dei suoi piedi.


Boulevard des Italiens di notte (1901)


VESTIRE GESÙ
Tutte le sere, quando gli ubriachi
come stracci invetriti dalla pioggia,
pare s'appendano ai muri
e ragionano di cose molto gravi,
un colpo di tosse, rotto,
come qualcosa che gli altri
non amino d'udire, gela nel vicolo.

Non ti conosco, piccolo fanciullo;
ma su tutte le strade t'ho incontrato,
e pure tu l'hai visto, e hai pianto
pensandoti sua madre, pallida mercenaria,
camminatrice di dolore.

E hai pregato con me
che dolce fosse la notte
come una casa al sole:
- O primavera che, alla balza agreste,
annuvoli del pesco i nudi rami,
dammi un poco d'azzurro per la veste
d'un bambino, e due stelle per ricami.


La Senna e Notre-Dame di notte (1905)


EREMI
Strade di lumache e di pungoli d'agave;
di cipressi che fitte ne le gore
hanno l'ombre e ferme come schiave,
di felci e di muschi dalle vizze spore;

come serenatrice, eremi montani,
mi date in sintesi la morte:
l'oggi impietrato senza alcun domani
col sogno suo a radiche contorte.


Paesaggio con alberi, fiori e contaddino con l'aratro (1911-1912)


LA LUSSURIA

I
Venisti con passi di sogno nel giardino
dove coloravo i miei pallidi poemi
ne l'ore taciturne del mattino.

Così: smorta come il fiore di zagara,
le mie mani non osarono toccarti.

II
La strada t'aveva dato il passo zingaresco,
l'occhio, vivo come i cieli de l'agosto
il sole, un tono acceso di moresco
sul marmo de la carne: un po' scomposto.

Ma tu sognasti il tempio di corallo,
ebbro d'avvinazzati, ne la luce azzurra
che torceva le colonne di cristallo,
le coppe d'agata rotte ne la suburra

al tuo nome divino: lussuria!

III
Ti pregai come un bimbo, stanco
di giocare col medesimo gingillo:
chiudimi nel sonno!
E mi bruciasti gli occhi
col fuoco dei capezzoli.

Ti chiesi acqua per le mie labbra bianche,
e per le mani che sentivo, ora,
lorde al tuo contatto.
Sul limitare del crepuscolo,
mi piegasti i ginocchi
dinanzi a pozze torbide di sangue.

Ma quando, una notte, ti dissi,
a mezza voce, col tremito dei malati d'amore:
non aprire al sole le porte,
ne la luce non ti sento mia;
nel giardino del silenzio
trasvolava appena
al chiaro della fontana una falena:
era il mio sogno buono di rinunzia.

Il tuo corpo s'era incenerito di piacere,
e ti credesti l'eletta, la meravigliosa amante
del solitario errante.

Non venne il sole;
e in ciò tu fosti amore,
solo per questo: avevi creduto alle mie parole.

IV
Io non amavo te: baciavo la notte;
mi piaceva coglierti così: come un fiore nascosto
che si senta, solo, per il suo profumo.

Poi, non eri che l'ombra d'una mammola
ne l'ombra d'un cipresso: nulla!


Ressa sul boulevard (1901)


OFFERTA
Eccoti un canto che sa d'acque sorgive
tra i narcisi e le mammole di bosco,
su cui il vilucchio si china ad ascoltare
il fruscio della polla che si scioglie
nella conca di ghiaia candida e turchina;

un'offerta di sole mattutino
ai semi che salgono negli orti
e già verzicano in boccio,
alle marze che gemmano sugli alberi d'acherdo,
alla calbigia ed alla lupinella
su cui l'allodola precipita zirlando.

Un canto: una stella d'azzurro che consuma
nel cuore d'una lampada
ch'ha l'olio solo per l'ora della semina.

Che non c'è luce che basti per raccogliere
né ginestre, né bacche di ginepro,
se non t'accosti alla terra che ti chiama
con la voce del fiore su cui il frutto allega,
se non senti il respiro delle rose
che al sole si spogliano su l'acque
curvando i petali in piccole conchiglie.


Crisantemi (1905)


SOLITUDINI
Una sera: nebbia, vento,
mi pensai solo: io e il buio.

Né donne; e quella
che sola poteva donarmi
senza prendere che altro silenzio,
era già senza viso
come ogni cosa ch'è morta
e non si può ricomporre.

Lontana la casa,
ogni casa che ha lumi di veglia
e spole che picchiano all'alba
quadrelli di rozzi tinelli.

Da allora
ascolto canzoni di ultima volta.
Qualcuno è tornato, è partito distratto
lasciandomi occhi di bimbi stranieri,
alberi morti su prode di strade
che non m'è dato d'amare.

Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera.


La Senna di notte davanti alla Gare de Lyon


IL FRASSINO
Da poco una pingue nube di vinaccia
si dondola, beata degli ozi del crepuscolo,
sul capo ricciuto d'un frassino che traccia,
ora, con improvviso cruccio un arco minuscolo

di rondini come un nerissimo laccio.
Che fosse una posa la tua umiltà, uso ai cipigli,
si sapeva da tempo; ma un braccio
alzato sempre negli eterni sbadigli

potevi pur darlo per breve riposo
a creature che vedi in nero sì stretto
non certo per gioco, né per risalto vezzoso
al bianco glaciale del petto.

Irsuto fauno, intento pari su la pista recente
d'una ninfa ribelle ai tuoi maschi richiami
che rise lanciandoti un serto di mente
e di fiori di bosco dai fragili stami.

Le streghe che colano, a notte,
raggi di luna e profumi di mare,
per dare la fiamma alle pentole rotte
ti sfrondano con barbugli d'alveare.

Tu attendi. Con freddi piumini
la neve ti copre a tenui liste,
e povero, un giorno, chiedi una gemma ai fratelli piccini
che cantano al sole per farti più triste.

Ed ecco, ti chiama la voce
che abbiamo chi sa in quale cielo;
t'inchioda un lampo simile a una croce
fra i tuoi semi ch'hanno già lo stelo.


Impressioni a Sulac sur mer


PIAZZA SAN PIETRO
L'acqua delle fontane con murmure liturgico
si piega in ginocchio sul limite marmoreo;
l'obelisco brilla con la luna in cima,
nell'azzurro claustrale, come un ostensorio.

Serena notte, taciturnamente una stella
salutò Iddio nel firmamento:
vana la sua, vana la mia parabola.

Tre giorni di digiuno,
sgranati lungo i muri umidi e vischiosi,
godendo il lezzo rancido
di grasse cucine casalinghe,
sul trivio, cercando anche nel ladro
un viso di fanciullo triste e buono!

Quando il sangue risponde, ch'era sordo,
e s'ha bisogno di spartire il pianto
con un cuore ch'è vicino al nostro,
ancora si può avere della gioia,
anzi se più pestati e più sepolti.

Ma a tutti i crocicchi, il teschio della beffa,
pronto, sagace, il motteggiar di Circe
non destra alla spola e alla conocchia,
sganasciò nel verbo attossicato.

Pescatore d'uomini, sono tutto solo;
per te mi chino sotto il porticato
e piango la mia terra e la mia casa:
tormenta di cenere che svampa.


Natura morta con enormi zucche e frutta


SERENITÀ
Non gettare il pane che t'avanza;
c'è qualcuno dietro la tua porta,
c'è chi non perde mai la speranza

se non vede la tua faccia torta.
E limpido il chiaro del mattino
che, in silenzio, copre l'alba morta

dorme nei suoi occhi di bambino.


Girasoli (non datato)


IL SOGNO
Zone rotanti d'esile metallo,
in mimetismo d'albe boreali,
vibrano intorno a un centro fisso e giallo:
cerchi sonanti in onde sinfoniali.

Un'aquila trascende il vivo spazio,
bianca come la calce che fermenta
verso l'immoto globo di topazio
fra le anella che girano in tormenta.

Aspro t'è il sonno e s'agita il sofisma,
Erode Antipa, che aguzzò l'incesto
nell'attimo che storce come prisma,
se barcollante lampada l'ha desto

e la misura e il senso dell'imagine.
Un nazireo salvatico t'addita,
il cui verbo procede dalle pagine
ch'hanno l'alfa e l'omega della vita.

Tu alle sorgenti dalla gola azzurra,
nel querceto ch'arpeggia per il vento,
ridi, e nel riso arguzie di suburra
oscillano: tuo cibo e tuo sarmento.

Così il meriggio ti trovò talvolta,
urlante, come di follia gremito,
e attento se una sagoma stravolta
ghignasse briaca preludiando il rito.

In verità non sorse alcuna voce
ed annegò il silenzio il tuo richiamo;
soltanto, nell'acqua, snebbiò la croce
dell'ombra tua, nodosa come un ramo.>


Faubourg Sanit-Antoine (1905)


CULLA CHE DONDOLA
Quando le lucciole s'accendono
sui cristalli vaporosi dei castelli incantati,
e le canzoni del sonno hanno cadenze di stelle,
si sveglia una fata
ch'ha una campanuccia d'oro
legata ai capelli con due raggi di luna.

Il tuo nome, trilla sommesso
quando la fata scioglie le sue trecce.


Ressa (1901)

***

SOLO CHE AMORE TI COLPISCA
Non dimenticare che vivi in mezzo agli animali
i cavalli i gatti i topi di fogna
bruni cometa donna di Salomone tremendo
campo a bandiere spiegate,
non dimenticare il cane dalla lingua e la coda
d'armonie dell'irreale né il ramarro il merlo
l'usignolo la vipera il fuco. O ti piace pensare
che vivi fra uomini puri e donne
di virtù che non toccano
l'urlo della rana in amore, verde
come il più verde ramo del sangue.
Gli uccelli ti guardano dagli alberi e le foglie
non ignorano che la Mente è morta
per sempre, la sua reliquia sa di cartilagine
bruciata di plastica corrotta; non dimenticare
di essere abile animale e sinuoso
che violenta torrido e vuote tutto qui
sulla terra prima dell'ultimo grido
quando il corpo è cadenza di memorie accartocciate
e lo spirito sollecita alla fine eterna:
ricorda che puoi essere l'essere dell'essere
solo che amore ti colpisca bene alle viscere.

(dalla raccolta Dare e avere)


Boulevard Saint-Denis a Parigi (1901)