BUSONI DIRIGE A NAPOLI
L'ORCHESTRA DI BOLOGNA

maggio 1914

L'ARTE PIANISTICA nº 10, 15 maggio 1914.
Ferrucclo Busoni ebbe l'anno scorso, qui. a Napoli, un colossale successo di pianista. Ora vi è ritornato a capo della sua giovane orchestra bolognese e si è presentato nella veste di direttore.
Non è alle sue prime armi in quest'ufficio. In Germania, in Inghilterra e altrove egli ha già diretto. Ma in Italia dirige per la prima volta. E, in Italia, dove, forse , non vi sono le più grandiose orchestre dei mondo, si è, nondimeno, buoni giudici in fatto di esecuzioni orchestrali. Una nazione ch'ebbe Angelo Mariani, Franco Faccio, Giuseppe Martucci, ed ha Arturo Toscanini, per tacere di altri, giustifica la sua buona reputazione in materia. Napoli , che è gelosa dei suo senso d' arte e che deve da più che trent'anni la sua educazione sinfonica a Giuseppe Martucci, Napoli sa intendere, sa apprezzare, sa esaltarsi. Il Busoni era atteso con fede. L'applauso entusiastico che il pubblico unanime ha tributato al maestro al suo apparire, era l'esplosione ammirativa per la sua personalità nel mondo dell'arte: era l'espressione sincera di simpatia verso l'artista italiano, che dopo anni ed anni di profondo e costante lavoro, è oggi il più acclamato interprete di Bach e di Beethoven.

Beethoven! Il primo programma era dedicato esclusivamente a lui. Eleonora N. 2. Concerto per violino. VII sinfonia. Gli applausi tacciono. L'orchestra è intenta. Il maestro fa il cenno dell'attacco e l'esecuzione incomincia. Fin dai primi gesti e dalle prime note il pubblico si accorge di trovarsi innanzi ad un'affermazione artistica: nel corso dell'esecuzione tutte le anime sono conquise, affascinate, quasi trascinate nella fiamma della musica divina e, alla fine dei pezzo, tutto il pubblico fa al maestro un'ovazione prolungata.

Pochi minuti dì pausa, ed ecco apparire, col Busoni, il violinista
Arrigo Serato, l'artista bolognese che ha tanta fama in Italia e all'estero. La fede che si aveva in lui è stata confermata con l'inappuntabile esecuzione dei concerto. Tecnica perfetta, intonazione sicura, stile severo, ed insieme calore e colore, fanno del Serato uno dei maggiori interpretí della musica classica.

L'orchestra, nell'accompagnare li solista, è stata d'una sobrietà e di una efficacia straordinarie. La fusione era perfetta, e à volte si avea la sensazione di un grande organo.
Nel brillante finale, svolto su un tema di caccia, il Serato è apparso un superbo artista.
Alla fine del pezzo il pubblico gli ha tributato calorosi applausi e lo ha chiamato più volte alla ribalta in compagnia del Busoni.

La settima sinfonia - l'Apotepsi della danza - ha avuto nel Busoni un degno interprete. La sua esecuzione ricorda nell' insieme quella del Martucci; ciò che è naturale, data la profonda coltura classica dei due grandi artisti. Il Martucci era forse più severo, più rigido: il Busoni, invece, afferma talora la sua personalità, come, ad esempio, in certi trattenuti improvvisi nel primo tempo. Una certa scuola direttoriale, in Germania, consente un po' di elasticítà ritmica anche nelle opere dei classici. A me pare che ciò sia discutibile.
I quattro tempi della Sinfonia hanno elettrizzato il pubblico, il quale, alla fine dei concerto, ha fatto all'artista una nuova e commovente ovazione.

Le attrattive del secondo concerto erano due: i pezzi orchestrali del Busoni e la presentazione di un pianista di bella fama, Egon Petri, allievo del Busoni stesso.
I cinque pezzi del Busoni sono tratti da un'opera: «La sposa sorteggiata». Non hanno dunque i caratteri della musica indipendente, cioè di quella che vive tutta di sè, della sua forma, dei suoi terni, della sua struttura. Per quanto adattati ad esecuzioni da concerto, la loro sede naturale è il teatro: il loro colore va intonato e armonizzato all'azione scenica. Non è quindi in un concerto che la loro entità espressiva possa essere valutata. Ciò che non è sfuggito agl'intenditori è la perizia dell'orchestratore e la tendenza della sua musicalità verso la modernissima scuola francese.
Il pubblico ha ascoltato i pezzi con deferenza ed ha più volte plaudito all'autore.
Il pianista Egon Petri si è rivelato una forte tempra di virtuoso nel concerto in fa di Saint-Saëns. L'uditorio gli è stato largo di applausi e ha chiesto di sentirlo a solo. Egli ha eseguito il terzo studio di Chopin e un capriccio di Paganini-Liszt.

Il programma, iniziato con una suggestiva esecuzione delI' Ouverture dei Freischütz di Weber, si è chiuso con la fragorosa Mazeppa di Liszt.

Applausi scroscianti alla fine dei concerto e non meno di dieci chiamate í Busoni. Il pubblico desiderava ch' egli toccasse il Bechstein e da ogni parte si gridava come forsennati: pianoforte! pianoforte! Ma l'artista sorrideva col sorriso che non concede.

E non poteva concedere. Un'automobile l'attendeva in istrada, e pochi momenti prima della mezzanotte egli si recava alla stazione tra le grida di addio di molti suoi ammiratori.