LI YÜ
IL TAPPETO DA PREGHIERA DI CARNE 3
TESTO INTEGRALE IN ITALIANO



 


CAPITOLO VIII

Yen Fang, «Aroma»: era il nome della giovane moglie del bravo mercante di seta Ch'üan. Figlia intelligente e sveglia di un erudito di una piccola città, che non lavorava nella burocrazia, aveva imparato dal padre a dominare fin da piccola le difficoltà della lingua scritta ed aveva studiato tutte le branche della letteratura. I suoi genitori, viste le sue doti spirituali e fisiche superiori alla media, non volevano darla in moglie al primo venuto e ritardarono più del solito il suo fidanzamento. Aveva già sedici anni, quando finalmente i genitori credettero di aver trovato un degno genero. Si trattava di un giovane che era riuscito nell'esame preliminare che veniva tenuto nel capoluogo del distretto e col quale il sottopref etto selezionava gli aspiranti al prossimo esame provinciale. Essi vedevano in un uomo simile la garanzia di un futuro sicuro per la sua famiglia. Gli mandarono perciò subito la solita paraninfa e riuscirono a averlo per genero.
Purtroppo le loro aspettative si dimostrarono errate. Dopo un solo anno di matrimonio il giovane morì, per debolezza nervosa ed esaurimento. Aroma osservò per un anno il lutto prescritto, poi decise di risposarsi. La sua scelta cadde sul mercante di seta Ch'üan. Malgrado la sua natura fortemente sensuale, seppe sempre mantenere un certo decoro esteriore e mostrarsi altamente degna di rispetto quand'era in compagnia dei suoi pari. Quando nella cittadina scoppiava qualche penoso scandalo coniugale che comprometteva ora una ora un'altra donna colta in flagrante e dava il via al pettegolezzo generale, le piaceva assumere il ruolo della severa e giusta fustigatrice dei costumi. Con le amiche esprimeva così il suo pensiero:
«Mettiamoci in testa chiaramente che siccome siamo nate donne per punizione di un misfatto che abbiamo commesso in una vita precedente o per qualche colpa di cui ci siamo macchiate, dobbiamo rassegnarci al fatto che non possiamo divertirci come fa l'altro sesso. Gli uomini possono andarsene in giro, vedere il mondo, aver rapporti sociali, sfogarsi quanto e come vogliono, tutte cose che sono proibite a noi povere donne. Noi siamo prigioniere per tutta la vita nel gineceo. Le uniche gioie amorose che ci sono concesse sono quelle del letto coniugale, ammesso che nostro marito ce ne voglia serbare qualcuna. La nostra vita sociale si limita ai rapporti materni coi nostri figli, ammesso che ci vengan concessi dei figli. Questo è l'ordine naturale che cielo e terra hanno disposto per la nostra esistenza di donne. Per questo dovremmo essere ragionevoli e toglierci dalla testa qualsiasi desiderio di avventura amorosa. Se ci compromettiamo con qualche altro uomo alle spalle di nostro marito, offendiamo la morale e l'ordine civile e superiamo i limiti che il destino ha posto alla nostra felicità di donna. Per non parlare del rischio al quale ci esponiamo. Rimproveri, insulti, talvolta anche percosse da parte del marito se ci scopre, pettegolezzi e discorsi malevoli da parte della gente se viene a conoscere il nostro adulterio. Perciò è il nostro onore quello che c'impone di dominarci e di tenere a freno i sensi. Se i nostri sensi esigono prepotentemente di agire, è meglio che ci limitiamo a nostro marito. È l'unica cosa ragionevole da fare. Lasciamo che di giorno sia occupato nei suoi affari e nel suo lavoro, contentiamoci di averlo per noi nei momenti di riposo. E di andare la sera con lui in camera da letto, di svestirci insieme. Coricarsi con lui, beninteso con serenità, senza fretta e nervosismo, anche tutto questo ha il suo fascino e il suo valore. Pensate all'angoscia, all'ansia degli abbracci segreti, del più labile rapporto cercato dietro le spalle del marito. Ha un senso o un gusto una cosa simile? Io posso solo ridere di quelle pazze che si perdono su questa cattiva strada. Perché non hanno orientato la mira in tempo, all'epoca del fidanzamento, sull'uomo giusto, e non hanno già scelto fin dapprincipio il loro tipo di marito? Erano libere di farlo. Una dà importanza al nome e alla reputazione; ebbene, si scelga allora come compagno un ingegno brillante, un giovane accademico dotato. Un'altra preferisce un bell'aspetto; ebbene, si scelga un marito bello. Un'altra ancora non cerca né nome né credito e neppure un bell'aspetto. Le interessa soltanto l'abilità del marito nel compiere il suo dovere coniugale; ebbene, potrà decidersi per un robusto stallone. Ognuno può quindi fin dall'inizio fabbricarsi la sua propria fortuna e nessuna ha la necessità di andare a caccia d'uomini dopo essersi sposata.»
Le donne che la ascoltavano prendevano queste sue dichiarazioni come teoria pura: suonavano molto bene, ma purtroppo non era facile metterle d'accordo con la realtà dell'esperienza pratica. Se avessero potuto intuire quanta esperienza pratica c'era nelle teorie della bella che così discorreva...
Fin da bambina Aroma, come tante altre, aveva sognato e desiderato un suo uomo ideale, che doveva riunire in sé tutte le doti: spirito e cultura, bell'aspetto e prestanza fisica: il giovane accademico che i suoi genitori avevano scelto per lei era sicuramente dotato di un grande talento e, anche per quel che riguardava l'aspetto, soddisfaceva senz'altro le sue ambizioni. Troppo frettolosamente ella immaginò che anche per quel che riguardava il terzo punto corrispondesse al suo ideale. Ma ebbe una cocente delusione: egli si dimostrò eccezionalmente debole per quel che riguardava il suo «capitale», non c'era da fidarsi della sua forza e della sua durata nelle battaglie amorose. Era appena montato a cavallo che già voleva scendere, prima che ella avesse sentito nel corpo anche il più piccolo tepore, per non parlare del fuoco che avrebbe desiderato. Lei che per natura era una giovane normale, robusta e gagliarda come poteva accontentarsi di sopportare un così prematuro infiacchirsi, di una così vile diserzione? Se le cose fossero andate come voleva lei, un rapporto coniugale avrebbe dovuto essere come un crescendo fino all'ebbrezza bruciante, una specie di estatica danza sacra con l'accompagnamento di gong e di tamburi. Non ne aveva mai abbastanza. Incalzava il marito in tutti i modi possibili per pungolarlo quando era stanco e snervato e per eccitano a nuovi assalti. Ma un uomo completamente debole come lui non poteva resistere a pretese tanto affaticanti. Non passò nemmeno un anno, e la candela della sua forza vitale era totalmente bruciata e spenta. Egli morì per un esaurimento totale.
Dalla sua amara esperienza Aroma dedusse questa lezione: ciò che importa non è lo spirito, la cultura, o un bell'aspetto, tutte cose belle da vedere ma inutili all'uso. Questo solo è importante: che l'uomo sia fisicamente prestante. Se la donna deve scegliere, e in nessun candidato sono presenti tutt'e tre le qualità elencate, sarà cosa saggia che ella rinunci alle belle trappole che sono lo spirito, la cultura o un bell'aspetto, tenendosi all'unica dote concretamente valida: il vigore coniugale. Più ce n'è, meglio è.
Sulla base di questa conclusione Aroma decise di risposarsi con un brav'uomo modesto dall'aspetto proprio trascurabile, il mercante di seta Ch'üan. Non provava repulsione per i lineamenti rozzi e sgraziati del marito, per il suo goffo aspetto, non pretendeva denaro e accettava di vivere con lui una vita molto modesta. La cosa più importante per lei era che egli fosse sano e robusto e che, come le confidò la mezzana e come mormorava la gente, disponesse in abbondante misura di quella caratteristica concreta, potesse cioè vantare uno strumento che avrebbe inorgoglito anche un lupo o una tigre. Così se lo prese per marito.
E non dovette pentirsi della sua scelta. Le sue aspettative furono ampiamente superate. In un primo momento era stata piuttosto scettica e aveva ritenuto che ciò che la gente andava mormorando in giro a proposito del probo Ch'üan, fosse alquanto esagerato. Così era preparata a una battaglia, da non combattere con pesanti sciabole e grosse mazze, ma con lame leggere e svelte. Fu per lei una sorpresa oltremodo piacevole che egli le si accostasse con un'asta gigantesca, il cui solido fusto non stava nella sua manina sottile.
Una grande pace scese da quel momento su di lei. Era completamente soddisfatta e convinta che sarebbe stata per sempre felice e senza rimpianti a fianco del marito, anche se cielo e terra fossero precipitati e il mondo fosse crollato. Il suo cuore si era placato, si era per così dire intorpidito, e non albergava più pensieri oziosi e vane smanie.
Poiché il commercio di suo marito era di proporzioni modeste e non dava che scarsi profitti, si rese utile aiutando in negozio, sfilacciando fiocchi di seta, annaspando il filo pulito da mattina presto fino a sera tardi. L'imprevedibile capriccio del destino aveva così voluto che il Chierico della Prima Veglia la vedesse mentre chiacchierava attraverso la tenda con la sua dirimpettaia. Il destino era stato particolarmente benigno, poiché gli aveva permesso di esaminarla e di ammirarla ben due volte, andando su e giù per la strada. Lei invece non se n'era quasi accorta. Aveva solo intravisto una figura maschile dai contorni imprecisati. Al suo sguardo miope erano sfuggiti i particolari della sua figura, principalmente i tratti del viso.
Ben più intensamente l'aveva osservato la vicina, che ci vedeva bene. Non riusciva a staccarsi da quella vista. Si era decisamente innamorata di lui. Le pareva addirittura che incarnasse un ideale di bellezza e di amabilità maschile.
Era una donna sulla trentina e, a parte il viso che era eccezionalmente brutto, era prestante e ben fatta. Il marito faceva anch'egli il mercante di seta, ed era molto amico del suo vicino e compagno d'affari Ch'üan. Sebbene ognuno di loro avesse il suo negozio, andavano al mercato insieme, comportandosi come se fossero stati comproprietari dello stesso negozio per trattare sui prezzi quando vendevano la merce. Si recavano insieme in campagna dai sericultori per mercanteggiare sui prezzi quando compravano nuovi bozzoli.
La donna, forte e sanamente istintiva, era tormentata per il desiderio insoddisfatto di una vera avventura amorosa. Il viso che la natura matrigna le aveva affibiato non le era precisamente d'aiuto, perché respingeva gli uomini, invece di attrarli e invogliarli. Da sempre era abituata ad essere guardata da loro con lo sguardo vacuo dell'indifferenza, quando proprio non la vedevano.
Veniva ignorata a bella posta, e per questo smaniava per avere la sua avventura prima che fosse troppo tardi. Come avrebbe assaporato il gusto frizzante di un corteggiamento segreto e proibito! A tutto questo si aggiunga l'oppressione domestica, dovuta a un matrimonio di convenienza che suscitava in lei un forte desiderio di ribellione. Le era capitato un autentico tiranno. Per la più meschina mancanza, per la più piccola trascuratezza nella condotta della casa, doveva subire rozzi rimproveri e sgridate, se non addirittura ceffoni e botte. La paura del marito l'aveva resa prudente e, fino ad ora, l'aveva trattenuta dal compiere scappatelle. Da tempo le era venuto però il desiderio di fare un brutto tiro al tiranno di casa.
Attese finché il giovane sconosciuto si fu allontanato, poi si precipitò dall'altra parte della strada.
«Lo conosci quel giovane che ha appena fatto una passeggiata davanti al tuo negozio?» esclamò ancora ansimante per la corsa.
«No, che io sappia. Miope come sono, non guardo quel che succede fuori. Non alzo quasi mai lo sguardo dal lavoro. Sono abituata ad essere vista attraverso la tenda da uomini che mi guardano a bocca aperta. Succede tutti i giorni. Lascia che guardino!»
«Certo, certo. Fai proprio bene a non badare agli uomini normali che si vedono tutti i giorni. Ma uno come quello di cui parlo non lo si vede ogni giorno. Se la passeggiata esplorativa l'avesse fatta per me, starei ad aspettarlo con piacere tre notti e tre giorni e non mi stancherei di guardarlo.»
«Ma no! Dovrebbe essere uno perfetto al centoventi per cento, e un uomo così non c'è.»
«Oh! Non esagero affatto se ti dico che non è perfetto solo al centoventi per cento, ma al milleduecento per cento. Me ne sto sempre davanti alla porta a guardare gli uomini che passano qui davanti durante la giornata. Ho visto centinaia di uomini ma mai uno così straordinario come questo. Che viso fine e distinto, che carnagione chiara e fresca! Senza paragone, semplicemente! Che sopracciglia fini! Che naso nobilmente arcuato! Che lobi delle orecchie, così ben formati! E che occhi profondi e splendenti! Ci si potrebbe innamorare di ogni singolo particolare del suo corpo. Simile a una bambola di seta o come una statuetta di giada, è bello da guardare quanto un quadro dipinto da un grande maestro; anzi di più perché la disinvolta eleganza del suo portamento e del suo modo di muoversi non la potrebbe dipingere nemmeno un grande maestro. Ci si potrebbe davvero ammalare di desiderio per lui, fino a morirne!»
«È ridicolo. Stai vaneggiando. Come se uomini simili esistessero! E poi, per me... Che m'importa? Cosa me ne faccio di un giovane signor Li o Chang?»
«Ma tu interessi a lui! Ti guardava completamente in estasi. Non riusciva a non guardarti. Ciò che gli sarebbe piaciuto più di tutto sarebbe stato contemplarti. Però non voleva farsi notare troppo, perciò ha proseguito piano piano per tornare poi indietro passeggiando di nuovo molto lentamente davanti alla tua porta. Peccato che non sappia dove si sia cacciato, alla fine. Che peccato! Naturalmente, visto che non l'hai degnato di uno sguardo, non puoi averlo in mente, si capisce. Ma io, che l'ho visto, ce l'ho nel mio cuore. Sono proprio malata d'amore per lui, al tuo posto. Non è strano?»
«Mi sembra che la sua attenzione non fosse affatto rivolta a me, ma a te. Prendi me come pretesto, perché ti vergogni di confessarlo.»
«Con la faccia che mi ritrovo? Permetti che rida, chi s'incanterebbe mai davanti a un ceffo simile? No, no. Era per te! E anche se non lo credi, potrai presto convincertene perché tornerà di certo. Starò attenta e, quando lo vedrò venire da lontano, verrò di corsa da questa parte e te ne informerò in tempo. Allora potrai uscire un momento fuori dalla porta e contemplano da vicino e farti contemplare da lui.»
«Va bene, aspettiamo che ritorni» disse tranquilla Aroma alla vicina innamorata. Tuttavia, nonostante la dichiarata indifferenza, i tre giorni seguenti li passò in attesa. In lei si era risvegliato il desiderio di conoscere quel suo sconosciuto ammiratore. Ma egli non si fece vedere, anche nei giorni seguenti. Allora lo cancellò dai suoi pensieri e cominciò a scordano, finché un bel giorno non le ritornò in mente.
Questo accadde circa quattro mesi dopo. I due clienti di poco prima avevano appena lasciato il negozio, quando ricordò la descrizione entusiastica della dirimpettaia. «Il più giovane e il più elegante dei due deve essere proprio quello di cui parlava la mia amica.» Questo pensiero le attraversò a volo la mente. Poi pensò ancora:
«Il suo aspetto è veramente affascinante. In questo senso non dovrebbe aver rivali. L'unica cosa dubbia è se il nocciolo è pari alla buccia. Se devo rischiare reputazione e onore, ne deve valer la pena, anche il suo nocciolo deve essere buono. Se invece in lui di bello c'è solo la buccia esterna e tutto il resto è assolutamente mediocre, allora non è proprio il caso che io mi lasci andare seriamente con lui. Mi limiterei ad attirarlo ogni giorno in negozio spingendolo a comprare, e intanto coglierei l'occasione di saziarmi di osservare la sua splendida buccia. Un momento! Ricordo un'espressione che ha usato poco fa. Non parlava di "aprire" con una "tenaglia", col cui aiuto provare "l'autenticità"? Queste espressioni hanno un doppio senso, si possono intendere anche in un altro modo. Già, ma come? Se veramente torna stasera, come bisogna comportarsi? E meglio liberarsi di lui o permettergli di passare qui una notte? Devo mettere, o no a repentaglio la mia fama e il mio onore? Qui sta il punto...» Mentre continuava a riflettere spinta da idee contrastanti, la dirimpettaia si precipitò nel negozio. Era agitata.
«Era lui! Era lui!»
«Chi?»
«Quel giovane cavaliere che ti ho tanto appassionatamente descritto un po' di tempo fa. Te ne ricordi? Proprio ora ha acquistato della seta da te, accompagnato da un uomo più anziano.»
«Ah, quello.»
«Allora, non lo trovi unico, semplicemente meraviglioso?»
«Beh sì, almeno quanto all'aspetto. Per il resto mi sembra piuttosto un farfallone, non ha in sé niente di solido, di serio.»
«Macché serio, macché solido! Qua! è l'uomo serio che insidia una donna sconosciuta? Possibile che tu sei sempre con la bilancia in mano per pesare gli uomini secondo il loro valore morale? Accontentati dell'uomo che è in lui: è un uomo molto attraente!»
«Per me, dovrebbe dominarsi un pochino di più davanti a terzi e mantenere un po' di discrezione! La libertà che poco fa si è presa con me era proprio vergognosa. Fortuna che non c'era mio marito altrimenti...»
«Così si è preso delle libertà? E di che genere?»
«Perché dovrei descrivertele meglio? Comunque non si è proprio comportato in modo educato. Questo ti basti.»
Questa reticenza non faceva che stimolare l'infuocata fantasia della lussuriosa vicina, che si mise a passare in rassegna ogni possibile tipo di mancanza. L'aveva toccata? L'aveva tirata a sé e presa tra le braccia? L'aveva baciata? Era andato addirittura anche oltre? Voleva a tutti i costi avere dettagli precisi. Era tutto così eccitante! Implorò quindi la vicina come un cane che dimena la coda. Le posò confidenzialmente una mano sulla spalla, la accarezzò dandole con l'altra mano dei buffetti sulle guance. Insomma, non la lasciò andare finché Aroma non si intenerì e, con un resoconto dettagliato, la deluse.
«Naturalmente non c'è stato nulla di quel che tu immagini sentendo la parola "libertà". Tuttavia c'erano gli sguardi che mi lanciava continuamente, sguardi tali che pareva volesse incollarmisi addosso. Poi discorsi ed espressioni allusivi e a doppio senso, che sceglieva con cura; e poi, figurati mentre faceva finta di frugare tra le stoffe che gli avevo dato da esaminare, ha osato toccarmi la mano e di premerla leggermente, quello sfacciato! Troppo, per me: una vera e propria provocazione. E non eravamo soli!»
«Tutto qui? E come hai risposto alla sua provocazione? Spero gentilmente.»
«Perché gentilmente? Può esser contento che non mi sia offesa e che non l'abbia rimproverato in presenza del suo accompagnatore.»
«Come sei crudele! Non prendertela con me se francamente ti dico: voi due, tu una così rara bellezza e lui che è un giovane cavaliere così affascinante, siete destinati dal cielo e dalla terra l'uno all'altra, a formare una coppia di amanti, anche se non di sposi. Invece tu e il tuo vecchio, non ti offendere... ma non mi viene in mente un'espressione migliore: è proprio come se una rosa appena fiorita, una rosa deliziosamente profumata fosse finita per errore su un mucchio di rifuti! E uno strazio! Mi fai proprio pena! Volentieri ti farò da mezzana, per aiutarti a conquistare la tua felicità, nel caso che egli ritornasse. E non aver più quell'aria smorfiosa e timorata così fuori moda! Cosa ci ricavi da tutta la tua virtù? Solo per le vedove virtuose, state fedeli per tutta la vita e oltre a un unico uomo, rinunciando a risposarsi, ci sono archi d'onore di pietra. Da quando in qua si tributano tanti onori alle mogli che si sian dominate e si sian fatte passar la voglia di far scappatelle mentre il marito era ancora in vita? Non ho forse ragione?»
Ma questa esortazione non era affatto necessaria. Mentre l'altra parlava, Aroma, che in cuor suo aveva già deciso da un bel pezzo, aveva già tracciato il suo piano. Era convinta di avere senz'altro bisogno del silenzio della sua dirimpettaia e pensava che il miglior modo di conquistarselo fosse quello di lasciar assaporare a lei che era innamorata un po' delle dolcezze future, e per prima. In tal modo, dando la precedenza a lei e facendole quasi sostenere l'esame preliminare, poteva saggiare, senza compromettersi in alcun modo, quale fosse la sostanza, la reale prestanza del suo bel corteggiatore. Resa astuta dall'esperienza, non voleva cadere ancora una volta nella trappola di un bell'aspetto. Se durante l'esame preliminare l'esaminando si fosse dimostrato un impotente, gli avrebbe fatto una scenata e lo avrebbe cacciato con ignominia. Tutto sarebbe rimasto come prima senza che avesse rischiato né la reputazione né l'onore. Se invece il preesame fosse andato in modo soddisfacente, sarebbe stata lei a fargli alla fine l'esame definitivo. Si trattava effettivamente di un piano astuto e molto ben elaborato.
Aroma scosse energicamente la testa.
«No, no, io vorrei restare fuori dal gioco e lasciare a te il piacere. Non sarai tu a fare da mezzana a me, ma lo farò io a te. Mi basta essere presente come spettatrice quando voi ve la godrete come forsennati.»
«Che? Io? Non dici sul serio. Come potrebbe abboccare, con la mia brutta faccia? Ringrazierà per bene, non c'è dubbio! Ma se davvero vuoi essere così generosa da farmi gustare un po' della dolcezza che spetta a te, le cose dovrebbero andare così: tu dovresti avere la precedenza e solo dopo potrei entrare di sorpresa io. Dopo che ti fossi soddisfatta, potresti far la spaventata e fuggir via, tirando prima però me al tuo posto nel letto. A te toccherebbe la vincita maggiore nel gioco e io mi accontenterei di un modesto premio di consolazione. Così andrebbe meglio.»
«No, no, la mia proposta è del tutto seria e resta tale. Cerca di capirmi bene: le proposte lascive che si nascondono sotto il suo linguaggio allusivo trovano in me notevoli resistenze. Quello che egli desidera non lo prendo neanche in considerazione. Però egli mi ha in qualche modo irretita, con il suo viso e il suo aspetto... beh, tutto questo lo sai già. C'è in me una certa curiosità. Ecco quindi il mio piano: entrambi i nostri mariti sono per caso fuori questa sera, sono di nuovo in viaggio per affari, a comprare nei villaggi i bozzoli del nuovo raccolto. In casa mia sono del tutto sola, la mia piccola servetta non conta perché dorme e russa. L'occasione sarebbe propizia, se egli dovesse veramente venire stanotte. Spegnerò preventivamente tutte le lampade e le candele, in modo che sia buio fitto, dunque non devi aver paura ch'egli fugga vedendo il tuo viso. Ti scambierà per me, glielo lascerai credere e ti divertirai con lui al mio posto. Io intanto me ne starò lì vicino al buio e godrò con voi come spettatrice. Così il mio onore rimane intatto, nessuno potrà dire qualcosa di sfavorevole sul mio conto. Allora, non ti pare pensata bene?»
«Eccome! Sono già così eccitata che quasi non ce la faccio ad aspettare. Però non riesco a capire perché vuoi assolutamente rinunciare al divertimento principale. La tua severità verso te stessa mi sembra proprio esagerata, in questo caso.»
«Il moralismo non c'entra per niente, nel mio piano. Mi limito a fare come il ladro che, per rubare la campana, si era tappato le orecchie volendo in tal modo tranquillizzare la sua coscienza fingendo di non sapere nulla. Parlando apertamente per quel che riguarda le gioie del letto coniugale, sono piuttosto viziata e ho assaporato a sazietà le loro attrattive. In confidenza: poche forme da scarpe raggiungono il calibro di cui mio marito dispone per l'ampiezza della mia scarpa. Una forma troppo piccola, d'altronde, non riuscirebbe a scuotere le pareti interne della mia scarpa nemmeno se tentasse per un anno intero. Adesso mi capirai: devi sondare il terreno per me ed essere nello stesso tempo esploratrice e spia.»
«Oh, capisco. Dopo di che potresti ancora essere interessata al capitale e riservarti di condividere il piacere. A questo proposito vorrei chiederti un favore: se tu volessi intervenire nella battaglia, ti prego di non interrompermi proprio nel momento più bello! Pensa al vecchio detto dei monaci:
Non potersi saziare dopo un lungo digiuno?
No! Meglio lasciarsi seppellire vivo!
Saresti crudele.»
«Non preoccuparti. Non sarò mai così indelicata.»
In questo modo si misero d'accordo per quella sera.
Grazie al bel compito che le è stato affidato, una donna eccezionalmente brutta vivrà un'ora, anche se breve, di felicità.
Nel prossimo capitolo si vedrà se la forma da scarpe appena riparata e rinnovata si adatterà alla scarpa in questione.


CAPITOLO IX

Era il crepuscolo, l'ora in cui la gente accende le lampade nelle case, quando la dirimpettaia aprì silenziosamente la porta di casa e, protetta dall'oscurità, guizzò attraverso la strada.
La signora Aroma, volendo farle uno scherzo, accolse la visitatrice notturna fingendo un viso lungo e un'espressione di disappunto.
«Purtroppo sei venuta invano. Ha disdetto con una lettera l'appuntamento. Questa sera ha un impegno urgente: deve partecipare a un banchetto, al quale non può sottrarsi. Dunque te ne puoi tornare subito a casa.»
La vicina fu adirata e delusa dalla notizia. I suoi occhi lanciavano scintille e mandava fumo dal naso. Ribolliva. Perché Aroma non l'aveva informata in tempo? Non sarebbe uscita inutilmente. O si era forse pentita, come sospettava, degli accordi presi precedentemente? Voleva in quel modo liberarsi della compagnia indesiderata, per non dividere con nessuno i piaceri di quella notte? Stava cominciando a strepitare, quando l'altra la precedette con una sonora risata che dissipò le nubi di malumore e di sospetto.
«Ci sei cascata! Ma come si può essere così credulone? Volevo soltanto stuzzicarti un po'. Sta' tranquilla, verrà! Prepariamoci in fretta.»
La condusse in cucina. Qui misero sul fuoco del caminetto una caldaia di acqua limpida e si fecero un bagno caldo sedute in un grande mastello; tornate in camera da letto, spostarono una panca imbottita e la misero di traverso ai piedi del letto. Qui Aroma si sarebbe accomodata come spettatrice per la prima parte della notte. Poi fece andare l'altra a prendere il suo posto d'ascolto dietro la porta esterna.
«Metti il catenaccio e aspetta il suo arrivo dietro la porta. Si farà sentire bussando leggermente. Al primo colpo apri e fallo entrare. Non lasciare che bussi un'altra volta, e che lo faccia in modo più sonoro: i vicini potrebbero udirlo e insospettirsi. Appena lo hai fatto entrare, metti di nuovo il catenaccio. Ancora una cosa: quando sei in camera con lui e vai a letto, sta' il più possibile zitta. Se però ti fa domande alle quali non puoi evitare di rispondere, rispondi bisbigliando, non ti tradire con la voce, se no va tutto in fumo.»
La vicina promise di seguire con esattezza queste indicazioni e si mise al suo posto d'ascolto davanti alla porta, fuori, mentre Aroma spense tutte le luci della casa e prese il suo posto ai piedi del letto.
Poteva esser passata una buona ora, quando la vicina rientrò. Aveva inutilmente stancato le piante dei piedi e i padiglioni delle orecchie: nessuno aveva bussato alla porta. Stava per aprire la bocca e per dirlo alla signora Aroma, quando si sentì improvvisamente abbracciare e baciare nell'oscurità. Pensò dapprima che fosse Aroma. Forse voleva prendersi un'altra volta gioco di lei? Per accertarsene, lasciò scivolare giù la mano e le sue dita s'imbatterono in qualcosa d'allungato e duro.
«Caro tu, ma come sei entrato?» sussurrò, anzi sospirò, usando tutta la dolcezza di cui erano capaci le sue vigorose corde vocali.
«Dalle travi del tetto.»
«No, davvero? Sei veramente straordinario! Vieni, andiamo a letto.»
Si svestirono, lei più velocemente di lui. Egli non aveva ancora finito che lei era già tutta nuda sdraiata sul letto. Finalmente fu nudo anche lui. Si arrampicò sul letto dietro di lei, le si mise sopra e cercò tastando le sue cosce, per mettersele come al solito sulle spalle. Ma per un po' tastò a vuoto. Ella aveva già da tempo sollevato le gambe divaricandole per bene. Giaceva già pronta ad accoglierlo.
«Va proprio dritta al dunque. Tanto meglio: così non devo perdere tempo in tenere e caute scaramucce preliminari e posso andar dritto allo scopo» si disse il giovane, e preparò l'ariete per il colpo di grazia.
La donna non era veramente preparata a un attacco così potente. Che gigante era quello che con tanto impeto pretendeva di entrare nella sua porta? Cominciò a sgambettare strepitando.
«Ah, ahi! Piano! Fa' piano! Mi fai male! » esclamò ansimante.
Cavaliere com'era il Chierico le lasciò un momento di pausa, approfittandone per toccare con le dita la porta di lei, divaricando dolcemente i battenti e strofinando con delicatezza e pazienza. Poi passò di nuovo all'attacco, ma ancora non riusciva a penetrare la fortezza. Riusciva soltanto a introdurre di un pollice la testa della testuggine, ma rimaneva fuori dalle mura col grosso delle forze d'attacco.
Le disse:
«Con una tattica dolce non va. Conviene far subito un forte attacco. Forse in un primo momento ti farà male ma lo devi sopportare; perché molto più grande sarà il piacere che proverai dopo.»
Le assestò un fiero colpo, ma lei ricominciò a sgambettare e a cercare di sfuggirgli.
«Così non va! Aiutati con un po' di saliva, per favore! » lo implorò.
«Assolutamente no! Sarebbe contro tutte le regole. Solo quando si deflora una vergine si usa ungere la parte con pomate e con saliva. Altrimenti, mai» protestò il giovane, e si lanciò in un nuovo attacco, incontrando ancora resistenza.
«Impossibile! Se sei troppo orgoglioso per trasgredire alle regole usate, lascia che lo faccia io!»
Così dicendo si liberò di lui, si sputò vigorosamente nelle mani e usò metà della saliva per ungere la sua porta e il resto per umettare il capo e il collo della testuggine.
«Adesso andrà meglio. Ma piano, ti prego!»
Egli non badò alla sua preghiera, anzi volle darle una prova della sua forza e, afferrandola per le natiche e premendola forte a sé, diede una vigorosa spinta. Questa volta la spuntò. Portò tutte le sue forze all'interno dei bastioni.
Ella diede un piccolo grido, questa volta non di dolore ma di ammirazione.
«Chi mai l'avrebbe detto che un giovane studioso, un topo di biblioteca sedentario come te, fosse un campione tanto violento? Uno che si butta a capofitto senza nessun riguardo, anche se io muoio, e si ficca a fondo fin dal primo colpo! Ma non andare più avanti così. Fuori! E in fretta!»
«Oh oh! Questa è bella! Ho appena cominciato e tu vorresti che mi mettessi tranquillo a sedere per riposarmi!» ribatté il giovane ridendo allegramente, e cominciò a darsi da fare andando su e giù con energia. Tutte le volte che penetrava in lei, suscitava un lamento, un «Ah, ah, ohi!» Dopo una cinquantina di colpi in profondità, la donna ammutolì. Poi, quando essi furono più di cento, i gemiti ripresero, di nuovo «Ah, ah, ohi!» All'inizio i gemiti avevano manifestato dolore, ora significavano piacere. E tipica delle donne la capacità di manifestare con gli stessi suoni sentimenti del tutto diversi. Una volta sono grida di dolore, un'altra volta di gioia. Con tali gemiti di piacere la donna lascia capire che il suo godimento si avvicina al culmine del piacere, che la nuvola sulla montagna incantata è sul punto di scoppiare.
La vicina di Aroma agì piuttosto astutamente. Già due volte la nuvola era scoppiata in lei, ma, quando il nostro giovane le chiedeva se era venuta, negava insistentemente e lo invitava a seguitare la cavalcata. Perché lo ingannava? Ella era soltanto la sostituta di Aroma e sapeva di essere ascoltata da lei. Se avesse ammesso di essere venuta, l'altra sarebbe intervenuta e le avrebbe dato il cambio. Ella voleva invece prolungare il più possibile il raro piacere che quella notte le offriva, goderne abbondantemente. Si comportò come fanno certi rappresentanti ufficiali, dei quali la voce popolare dice:
Ecco i signori sostituti,
sempre lenti a venire in ufficio!
Si spazientisca pure il riverito pubblico per l'attesa,
purché a lungo essi godano delle loro prebende!

Questo gioco d'amore continuava a forza d'inganni. Da entrambe le parti si barava. La donna ingannava il compagno per comprensibile egoismo e questo le mentiva per orgoglio. Visto che ella negava regolarmente di essere arrivata al culmine del piacere, egli si sentiva obbligato, da bravo cavaliere, a dare una risposta negativa quando lei gli chiedeva la stessa cosa, anche se in realtà la sua risposta avrebbe dovuto essere affermativa, e continuava nei suoi valorosi assalti. Non voleva deluderla. Adesso però la cosa gli era abbastanza difficile. Avrebbe ben volentieri ripreso fiato. Sembrava, in questa nuova fase della lotta, un ubriaco che vacilla cavalcando un mulo e la cui testa dondola a ogni passo. La sua lotta era ora convulsa.
Ella dovette comprendere la differenza tra la foga iniziale, spontanea e instancabile, del giovane, e la fatica di adesso. Per cui gli chiese indulgentemente:
«Caro, tu ci sei arrivato?»
Ancora una volta il suo orgoglio maschile ebbe il sopravvento. La domanda ebbe in lui lo stesso effetto che il rimprovero del maestro ha sullo scolaro svogliato: lo scosse e lo stimolò ad un maggiore impegno. Raddoppiò i suoi sforzi e continuò a combattere valorosamente finché si coperse di sudore e cominciò ad ansimare. Allora la donna ebbe pietà di lui. «Vengo! Fermati! Non resisto più! Muoio! Abbracciami e dormiano fianco a fianco.»
Con queste parole gli offrì l'armistizio, che egli a lungo aveva atteso in segreto, e l'accolse fin troppo felice.
Aroma era intanto rimasta a sentire. Sul panchetto imbottito ai piedi del letto, senza muoversi, aveva origliato tutto quel tempo.
All'inizio, quando la sua vicina aveva cominciato a strepitare, rifiutandosi di assecondare l'assalto, aveva pensato che lo strumento dell'uomo non doveva essere poi così piccolo e che anzi era probabilmente di dimensioni rispettabili. Si sentì perciò liberata dalla metà dei suoi dubbi. Quando poi nel seguito dell'azione notò con quanta perseveranza lottasse e come, dopo una breve crisi, nella quale le sue forze erano visibilmente diminuite, avesse saputo richiamare all'ordine le sue truppe vacillanti e portarle a un nuovo potente assalto, si convinse del tutto e constatò con soddisfazione: «Eletto conquistatore, espugnatore di donne! Già da stanotte voglio appartenere a questo eroe con gioia e senza rimpianti!»
Approfittando del momento in cui la coppia dormiva pesantemente, scese silenziosa dalla panca. In piedi al buio si mise a riflettere. Avrebbe potuto scivolare inosservata sotto le coperte e partecipare anche lei al gioco, quando la coppia si fosse risvegliata. Ma poi si disse che al buio egli non avrebbe potuto distinguerla dalla compagna e magari si sarebbe riavvicinato all'altra, cosa che non voleva permettere. Oppure, anche se avesse avvicinato lei, non poteva accorgersi al buio della sua bellezza e gli sarebbe mancato lo stimolo a un rinnovato eccitamento che l'avrebbe spronato a nuove imprese. In fin dei conti era snervato, e a lei sarebbe rimasto solo uno scialbo rimasuglio di piacere. E questo le rincresceva troppo. No, così non andava. Avrebbe agito ben diversamente e molto meglio.
Scivolò in cucina, dove mise previdentemente sul fuoco del camino una caldaia con alcuni mestoli d'acqua, poi con un po' di paglia infiammata alle braci del focolare accese una lampada. Con la lampada in mano tornò nella camera da letto, si mise davanti alletto, ne aprì la cortina, tirò via la coperta di seta che copriva la coppia e illuminò dritto in viso l'uomo. Così facendo cominciò a gridare con finta indignazione:
«Ehi, che bel modo di fare! Introdursi in piena notte in casa d'altri e fornicare nel letto di un estraneo! Su! Su! Parlate, rispondete!»
Il nostro giovane si svegliò spaventato. Ebbro di sonno e confuso com'era, aveva in un primo momento creduto che si trattasse del marito, magari rimasto fino allora nascosto in casa per coglierlo in flagrante e poterlo poi meglio ricattare. Ebbe paura e sentì un sudore gelato scorrergli giù per la schiena. Si era tuttavia ripreso subito ed era di nuovo padrone di sé, quando, alzando nuovamente gli occhi, vide, nella luce della lampada, che davanti al letto c'era proprio lei, la donna adorata. Si strofinò gli occhi. Com'era possibile? Chi era dunque la donna coricata al suo fianco? Girò la testa e la guardò. Adesso alla luce della lampada poté vedere distintamente il suo viso. Si ritrasse spaventato: la pelle era nerastra, disseminata di deturpanti cicatrici di vaiolo, il naso camuso, la bocca troppo larga! E i capelli, poi! Opachi, senza splendore, come paglia. Il suo sguardo vagò in basso, lungo il corpo. La forma era bella, ma anche qui la pelle era chiazzata, anche se morbida e tesa.
«Ma tu chi sei?» le chiese.
«La dirimpettaia della signora Aroma e, per espresso desiderio di lei, sua temporanea sostituta. La storia è cominciata il giorno che vi siete messo a passeggiare davanti alla sua casa...» e gli raccontò candidamente e sinceramente per filo e per segno come stavano le cose in realtà. Poi scese dal letto e si rivestì in fretta, limitandosi a indossare solo il necessario: i calzoni foderati, il soprabito di cotone imbottito, le pantofole di feltro. Tutto il resto - le calze, la biancheria, la tunica, il fazzoletto se li portò a casa sotto braccio. Alla porta si rivolse di nuovo a lui:
«Sono brutta di viso, è vero, ma resterò sempre la vostra devota serva. Se stanotte ho diviso con voi il letto, l'ho fatto per fare piacere alla mia amica, ma forse questo era prescritto per noi da una vita anteriore, chissà? Se doveste avere un altro quarto d'ora disponibile per me, la vostra devota serva è in qualsiasi momento a vostra disposizione! Non trattatela troppo duramente!»
S'inchinò a lui e poi ad Aroma, mormorò un paio di parole di ringraziamento per la gentile ospitalità e se ne andò. Aroma l'accompagnò fino alla porta di casa, la fece uscire e chiuse dietro di lei il catenaccio.
Quando rientrò trovò il nostro giovane ancora in preda allo stupore. Gli sembrava di essersi risvegliato sobrio da un profondo sonno o da una pesante ebbrezza.
«Allora che fate ancora qua? L'altra ha pagato il mio debito. Siamo pari. Avete avuto il vostro piacere. Perché non ve ne andate?»
Il discorso le uscì di bocca con tono volutamente freddo.
Egli protestò energicamente:
«Oh, no, non siamo affatto pari! Al contrario, mi dovete anche risarcire dell'ingiustizia che mi avete fatto, facendovi sostituire da una donna di così scarso valore. E passata mezzanotte, presto comincerà ad albeggiare, non abbiamo tempo da perdere! Subito a letto al mio fianco, senza tante chiacchiere!»
«Fate sul serio?»
«Certo, del tutto sul serio! »
«Va bene, allora per favore, se è così alzatevi e vestitevi, c'è ancora qualcosa d'importante da fare. »
«Che ci può essere di importante, oltre al fatto che noi andiamo a letto insieme?»
«Non chiedete, e venite con me!»
Egli si alzò e si vestì in fretta. Ella lo prese per mano e lo portò, attraverso vari locali e cortili, nella cucina che si trovava nella parte opposta della casa. Qui gli indicò il mastello per il bagno e l'acqua bollente sul fuoco. Egli ora capiva. Prima doveva prendere un bagno e, la strada per la cucina era lunga e passava per i cortili; era per questo che gli aveva ordinato di vestirsi. Non voleva che nel percorso egli fosse esposto svestito al freddo della notte e che magari si raffreddasse. Quanti riguardi! Fece dentro di sé un profondo inchino di ringraziamento.
Nel frattempo la donna trafficava col mestolo riempendo il mastello metà d'acqua calda e metà d'acqua fredda. Ne risultò un bel bagno tiepido.
«Su, entrate! Là troverete sapone e spugna, servitevi!»
E continuò: «Non vorrei che l'odore sgradevole di quella estranea, rimanendovi attaccato, si trasferisse sul mio corpo sensibile.»
Egli le diede ragione. « Effettivamente un bagno purificatore è molto importante, e avrei anche bisogno di lavare e sciacquare a fondo la bocca, per eliminare ogni traccia dei baci.»
Prese la bacinella piena d'acqua e lo spazzolino che trovò su una mensolina sulla parete esterna del mastello e si lavò i denti. Era stupito di come lei continuasse ad essere una previdente padrona di casa nonostante il fascino di quell'ora notturna, come non tascurasse alcun dettaglio, con quanta cura avesse preparato il bagno, dal sapone alla spugna fino agli asciugamani esposti al vapore caldo e umido e come, finito il bagno, asciugasse per bene con uno strofinaccio lo stuoino intorno al mastello schizzato d'acqua, e con che cura, prima di coricarsi mettesse nella camera da letto, accanto al cuscino, un grande panno pulito, col quale detergere il sudore.
«Proprio una brava massaia! Pensa veramente a tutto!» pensò con silenziosa ammirazione.
La signora spense la lampada, si sedette sull'orlo del letto e si spogliò tranquillamente al buio, lisciando e piegando ogni indumento per disporlo in bell'ordine su uno sgabello vicino.
Lasciò graziosamente che il cavaliere le togliesse quelli più intimi, il reggiseno di seta e le sottili mutandine di batista. Egli l'abbracciò e la baciò e lasciò scivolare una mano lungo il suo corpo per tastarne le forme. Trovò che le due colline gemelle, che creavano due cupole sul suo petto, erano così turgide, erette ed elastiche che sfuggivano alla sua presa quand'egli tentò di afferrarle. Nonostante fosse soda, era ovunque tenera e morbida dappertutto, non era dura da nessuna parte. Anche la zona sotto la volta della sua fortezza era allo stesso tempo soda e tenera, ma forse ancor più liscia ed elastica.
La fece sdraiare con cura e mise dolcemente le gambe di lei sulle sue spalle e aprì le ostilità, usando della stessa tattica che aveva usato con la brutta, senza cioè scaramucce preliminari a distanza ravvicinata, ma con un attacco frontale diretto. Pensava che dapprincipio le avrebbe forse fatto male, ma che ciò sarebbe stato compensato dal piacere che avrebbe provato più tardi. L'assalto andò liscio. Contro ogni attesa, ella rimase completamente apatica, come se non avesse provato nulla; non espresse né piacere né dolore. A questo punto gli ritornò in mente quello che il suo esperto amico, il Rivale di Kun‑lun, aveva detto a proposito del potente calibro della forma da scarpe di cui era provvisto il probo Ch'üan. Nessuna meraviglia se le sue truppe erano potute penetrare comodamente e senza incontrare resistenza nella fortezza nemica. A una scarpa così larga non era preparato. Là dentro la sua forma da scarpe, che era pur cospicua, si perdeva letteralmente e diventava trascurabile come un granellino sperduto in un granaio.
Convinto che non sarebbe riuscito a colpire il fronte nemico con la tattica finora adottata, si decise a usarne un'altra. Le tolse il cuscino di sotto il capo e glielo mise sotto le reni; senza sostituirlo con nessun altro sostegno della testa. Questo la impressionò e la riempì di ammirazione. Fino a quel momento non aveva provato nessun piacere, ma poteva dedurre dai preparativi che egli era versato nella tecnica erotica e che voleva procurarle piacere.
Stimati lettori, da un certo punto di vista il rapporto tra i sessi non è affatto diverso dall'arte di fare la guerra: così prima dell'inizio della battaglia gli armati si scrutano e si spiano a vicenda valutando forze e debolezze dell'avversario. L'uomo vorrebbe esplorare se è profonda la donna o meno, per potersi regolare nell'assalto o nella ritirata. La donna invece vorrebbe farsi un quadro preciso della forma dell'arnese dell'uomo, se cioè è lungo o corto, se è grosso o sottile, per assecondarlo con i movimenti adatti e adeguarsi ad esso. La conoscenza dei punti di forza o di debolezza dell'avversario permette comunque di raggiungere il successo nel combattimento. Tra gli uomini ci sono molte differenze per quanto riguarda la lunghezza e la larghezza del membro, e uguali differenze vi sono fra le donne quanto alla profondità e ampiezza della grotta della lussuria. Se la grotta non è particolarmente profonda, sarebbe fuori luogo un arnese straordinariamente lungo, che comunque non potrebbe penetrare per intero. Se il compagno volesse ugualmente tentare di farlo penetrare tutto con la forza, non solo non procurerebbe alla sua compagna alcun piacere ma le farebbe addirittura male. Deve forse godere solo l'uomo? Non sarebbe giusto. Se la donna invece ha una grotta del piacere decisamente profonda, ha bisogno di un compagno che abbia uno strumento molto lungo: altrimenti non prova alcuna soddisfazione. Senonché la lunghezza dello strumento maschile resta come l'ha voluta la natura, definitivamente, non aumenta più ed esso non può essere artificialmente allungato. Per questa ragione il compagno esperto ricorre a un espediente d'emergenza: sposta il cuscino verso il basso, mettendolo sotto i fianchi della sua compagna. Grazie a questo sostegno il bacino viene rialzato, giace più piatto e offre allo strumento dell'uomo la possibilità di una completa penetrazione. Questo non vuol dire che un cuscino sotto i fianchi venga sempre usato o che sia indispensabile. Deve essere usato, come espediente d'emergenza, solo quando la grotta del piacere è troppo profonda rispetto allo strumento del maschio. A questa mancanza si può dunque supplire. Non si può rimediare invece a un'altra mancanza, che si ha quando l'ampiezza del fodero è spropositata rispetto alla spada del compagno.
Il taumaturgo ambulante con la sua operazione era riuscito a ingrossare e a rafforzare il membro del nostro giovane, ma non ad allungarlo. Fin dal primo tentativo esso si era dimostrato troppo corto, non riusciva a penetrare la grotta del piacere di Aroma fino in fondo. Quando egli ricorse all'espediente di ficcarle il cuscino sotto le reni, ella capì che era un conoscitore delle tecniche amatorie e ciò suscitò in lei segreto rispetto e soddisfazione.
Questo del cuscino è un espediente molto noto e molto semplice, ma ben pochi ci pensano all'atto pratico e lo mettono correttamente in atto. La maggioranza mette sì il cuscino sotto le reni della compagna, ma le mette un altro sostegno sotto la testa. Ed è del tutto sbagliato. Il corpo della donna resta così sostenuto in due punti, ma al centro si curva verso il basso. facile immaginare quanto sia scomoda e spiacevole la posizione della donna in una posizione tanto innaturale, quando il compagno pesa su di lei con tutto il suo corpo. Per baciarsi in questa posizione entrambe le parti rischiano di slogarsi. L'uomo deve curvare la schiena fino a diventare quasi gobbo per raggiungere la bocca della donna, che deve fare un grande sforzo con la nuca e inclinare convulsamente all'indietro il viso prima di riuscire a toecare con le labbra e la lingua le labbra e la lingua del compagno. E tutto per quel fastidioso cuscino superfluo. Dunque, è molto meglio farne a meno. I capelli della donna devono posare direttamente sul lenzuolo. Allora i due corpi si stringono e si adattano perfettamente l'uno all'altro, la «coda di yak» dell'uomo troverà senza fatica l'ingresso nella grotta del piacere, e la lingua purpurea di lei entrerà senza fatica nella bocca dell'uomo, nessun dislivello intralcerà l'intima fusione, niente di convulso impedirà il sorgere spontaneo del massimo piacere.
Dopo questa breve disgressione, riprendiamo il racconto. Dopo aver messo di nuovo le gambe della donna sulle sue spalle, puntando ambe le mani sul letto, il giovane ricominciò la battaglia interrotta. E stavolta con successo. Il suo energico strumento non smentì la sua origine e la sua natura parzialmente canina. Quanto più furiosa diventava la battaglia, tanto più si gonfiava non solo il suo coraggio ma anche il suo volume. La grotta della lussuria non rimase più a lungo impenetrata, sentì il desiderato contatto sia ai lati che sotto. II comportamento di Aroma cambiò di conseguenza. Se prima, durante il primo attacco ella era rimasta completamente apatica senza emettere alcun suono, né di piacere né di dolore, ora il suo corpo cominciava a palpitare e a contrarsi lascivamente, poi cominciarono i gemiti e i sussurri: «Ah, ah, cuor mio! Sto venendo che dolce sensazione!»
«Di già? Ho appena cominciato, aspetta che sia ben avviato, allora sì che proverai qualcosa di speciale, mia perversa polpettina di carne!» le sussurrò lui, e continuò a dimenarsi e a gemere come un'invasato, rischiando di perdere l'equilibrio. Esclamazioni soffocate come «Tesoro!» o «Svengo! » si susseguivano, e la rugiada del piacere inumidiva l'erba e i cespugli intorno alla porta. Egli tese la mano verso il panno, per asciugarla. Ella glielo impedì. Perché? Abbiamo appena ricordato che aveva un carattere passionale. Se le cose fossere andate come voleva lei, il rapporto amoroso sarebbe dovuto essere un solo crescendo fino all'ebbrezza bruciante, quasi una danza sacra con l'accompagnamento di gong e di tamburi. E questa danza sacra poteva essere interrotta, asciugando prosaicamente con un prosaico panno? Non era nemmeno il caso di pensarci. Anche nei rapporti coniugali quotidiani si era sempre comportata così. La rugiada del piacere poteva bagnarla quanto voleva. Si sarebbe asciugata solo alla fine, dopo che la nuvola fosse scoppiata, dopo che la danza sacra fosse giunta al finale. Era un suo strano capriccio personale. Sia detto a parte e, naturalmente, solo per intenditori e buongustai.
Il nostro giovane era ancora in piena attività, ch'ella gli strinse le braccia intorno alla nuca, tirandolo stretto a sé e gemette: «Tra un attimo ci sono! Lasciamoci andare insieme al piacere!»
In realtà per lui era un po' troppo presto. Avrebbe voluto continuare, per dimostrare di essere un grande campione di durata. Ma ella non glielo permise più.
«Fermati! Mi hai già abbastanza convinta della tua forza e della tua resistenza. Hai battagliato per tutta la notte con due donne e con tutt'e due l'hai spuntata. Concediti ora un p0' di riposo, risparmia le forze per domani sera, quando continueremo ad amarci. Non voglio che tu pretenda da te stesso prestazioni eccessive, che ti facciano male. Ti perderei, se così succedesse!»
Dunque si preoccupava anche della sua salute! Che delicatezza di sentimenti! Quanti riguardi! Commosso l'abbracciò anche lui, si strinse a lei e divise con lei, corpo a corpo, l'ineffabile piacere della nuvola che scoppia.
Giacquero a lungo abbracciati fianco a fianco, senza parlare, finché ella ruppe il silenzio.
«Fuori è già l'alba. Forza, vestiti! » lo sollecitò. «Devi andare prima che sia chiaro! I vicini non ti devono vedere!»
Si vestirono in fretta. La donna lo accompagnò alla porta di casa, lo fece uscire e chiuse col catenaccio dietro di lui.
Da allora passarono così tutte le notti. Egli s'introduceva furtivamente quand'era scuro, non più come un «cavaliere delle travi del tetto», ma normalmente dalla porta di casa e se ne andava furtivamente al primo albeggiare. Talvolta, quando separarsi era troppo duro, egli rimaneva tutto il giorno da lei. Allora si amavano nella luce chiara del giorno, giravano completamente nudi per la casa e si rallegravano l'un l'altro della vista dei loro corpi. In questi casi la donna lasciava anche di giorno la porta di casa chiusa col lucchetto, fingendo di essere malata.
Due giorni dopo la prima notte d'amore venne la dirimpettaia a chiedere l'elemosina - di cui poteva fare a meno - di qualche favore dal giovane. Egli non poteva mandarla via bruscamente e respingerla, dato che era al corrente di tutto. Così dunque gli toccò anche con lei qualche scaramuccia. Naturalmente non poteva nemmeno lontanamente saziare la sua fame da lupo, ma la tenne comunque allegra ed evitò che s'adirasse.
I vicini cominciarono a sospettare qualcosa,, nonostante le precauzioni prese, di quel che succedeva la notte nella casa del probo Ch'uan in sua assenza. Erano giunti alle loro orecchie certi rumori sospetti. Tutti credevano che il segreto intruso che turbava la pace coniugale in casa Ch'üan fosse il Rivale di Kun-lun, che poco tempo prima si era informato così particolareggiatamente sulla persona e sulla famiglia del loro vicino Ch'uan. Chi altri poteva essere? Nessuno immaginò che dietro di lui si nascondesse il nostro giovane. Stavano dunque attenti a non mettersi in discordia col temuto scassinatore, col ladro gentiluomo, spiandolo e magari disturbandolo nelle sue presunte imprese notturne. Sarebbero stati ben sciocchi se lo avessero fatto adirare con un comportamento indiscreto, attirando su di loro la sua immancabile vendetta. Quindi fecero i ciechi e i sordi chiudendo a prima sera porte e finestre ed evitando di uscire per strada la notte.
La nostra coppietta poté divertirsi indisturbata dieci notti di seguito, poi il ritorno del marito mise fine al loro segreto rapporto. A entrambi parve molto duro non potersi più vedere. Il nostro giovane avrebbe voluto fare qualche passeggiata davanti alla porta dell'innamorata almeno di giorno, ma lo scaltro amico glielo aveva severamente proibito. Era preoccupato, temendo che la giovanile avventatezza del Chierico potesse provocare un penoso scandalo. Era comunque pronto a fare il messaggero d'amore per il giovane. Entrava nel negozio come un innocuo cliente, che volesse comprare seta, per consegnare o per ricevere messaggi. Il marito Ch'üan non vedeva niente di male in queste visite, se per caso era presente. Egli considerava il Rivale di Kunlun un cliente affezionato pronto a pagare e non aveva nulla da ridire se preferiva fare i suoi acquisti dalla moglie invece che da lui. Al contrario, non appena quello arrivava, egli spariva modestamente nel retro per lasciare alla moglie la contrattazione. Nella sua ingenuità egli non credeva gli uomini, e quindi anche il suo affezionato cliente, capaci di malvagità. In verità egli si meritava pienamente il soprannome di Lao‑schi, «L'ingenuo». Finché un bel giorno i vicini gli aprirono gli occhi.
Questo lo apprenderete nel prossimo capitolo.


CAPITOLO X

Aroma non aveva nessuna intenzione di piegarsi apaticamente al suo destino e di rassegnarsi alla fine della sua stupenda storia d'amore a causa del ritorno del marito. Ci pensava e ripensava continuamente. «Prima credevo impossibile che una sola persona unisse in sé tutte le tre qualità dell'uomo perfette per me: intelligenza e cultura, un bell'aspetto, un arnese battagliero. Per questo nel mio secondo matrimonio ho trascurato le prime due scegliendo un marito che possedeva la terza, l'unica dote concreta. E ho ritenuto di doverlo stimare chissà quanto, questo rozzo babbeo senza spirito e brutto! Per quell'unica qualità ho accettato una vita parca, l'ho aiutato quanto ho potuto in negozio e ho sfacchinato da mattina a sera senza badare a me stessa. E adesso chi l'avrebbe mai detto? Incontro un uomo che veramente riunisce in sé tutti quei pregi. Come sarebbe stata la mia vita, se non l'avessi incontrato? Sprecata, proprio una vita sprecata! Una vita priva di contenuto e senza forma! A che mi sarebbe servita la bellezza? A niente! Non avrei avuto una sorte migliore di quella della mia brutta dirimpettaia! Ho avuto la deliziosa esperienza di questi dieci giorni, e non me ne pento di certo. E ora? Devo continuare a vegetare come prima, a trascinarmi attraverso un'esistenza vuota e senza senso. Oppure devo osare? C'è in qualche punto delle nostre antiche cronache un caso analogo dal quale possa trarre uno spunto in questo senso?»
Aroma chiuse gli occhi. Il suo spirito cominciò a vagare nella notte di un passato molto lontano. Un'ombra, l'ombra di una donna, si sciolse dalle file degli schemi storici e prese consistenza rivelandosi agli occhi della sua mente: Hung Fu, «Ventaglio rosso». Era il tempo in cui la stella della dinastia Sui [581-618 d.C.] stava tramontando e cominciava a lasciare il posto alla sorgente costellazione della dinastia T'ang [618-907 d. C.].
A quell'epoca la bella Hung Fu, giovane concubina dell'autorevole luogotenente Yang Su [morto nel 606 d.C.] fece parlare di sé per un'impresa fuori del comune. Partecipò, con le altre donne del gineceo, a un banchetto dato dall'ormai anziano e famoso condottiero e duca Yang Su in onore del giovane distinto e bello Li Ching, della potente stirpe dei Li, che aspirava al trono. Tra lei e il giovane ospite nacque un amore a prima vista. Nella stessa notte ella riuscì, nonostante la stretta sorveglianza dei feroci guardiani dell'harem, a uscire dal palazzo e a fuggire con l'amato.
Aroma risalì ad un passato ancora più lontano, fino all'era della prima dinastia Han, di circa mille e cinquecento anni prima [206 a.C. -220 d. C.]. Di nuovo un'ombra si staccò dal mare degli schemi e si concretizzò nella figura di una giovane donna in fiore. Davanti agli occhi della mente, Aroma vide rivivere una scena di tempi remoti: un grande banchetto nel castello del ricco mecenate Cho Wang-sun, durante il quale un giovane poeta di talento, Ssuma Hsiang-ju [morto nel 117 a.C.], di abbagliante bellezza, splendido intrattenitore, affascina i presenti con le sue canzoni e con la musica, seduce il cuore della giovane e bella Wen Chiin, figlia del padrone di casa; stavolta un colpo di fulmine colpisce entrambi. Nella stessa notte la ragazza fugge, travestita da giovanotto e accompagnata da una fida cameriera, dal castello paterno, fa visita all'amato nel suo alloggio e se ne va con lui come sua sposa.
Aroma riaprì gli occhi.
E continuò a pensare così:
«Queste due eroine del passato hanno osato fare una cosa inaudita, oltrepassare tutti i limiti imposti dalle rigide convenzioni e costruire con le loro mani il loro destino. Hanno preso il volo, si sono fatte rapire. E il mondo non le ha condannate per la loro audacia, anzi: lo splendore e la gloria che toccò più tardi agli uomini che si erano scelti - il primo Li Ching [571-649], giunse alle più alte cariche fino alla dignità di duca, e l'altro, Ssuma Hsiang-ju, godette del favore imperiale diventando un ammiratissimo poeta di corte, - si rifletté su di loro: ad entrambe il sovrano attribuì titoli onorifici.»
Perché mai lei, Aroma, non avrebbe dovuto fare come quelle due eroine? Perché non avrebbe dovuto farla finita con la situazione insopportabile in cui si trovava? Cos'era lei adesso? Una donna intimamente lacerata: esteriormente la signora Chang, nell'anima invece la signora Li; esteriormente era l'onesta moglie del probo mercante di seta Ch'uan, internamente apparteneva ed era unita con tutte le fibre del suo essere al giovane amato!
Come diceva la massima del saggio Confucio che suo padre le aveva inculcato educandola e le aveva dato come parola d'ordine per la vita? «Un uomo di chiara ragione non fa nulla che non possa comparire alla luce del giorno! Perciò ho sempre amato la chiarezza. Se ho trovato un innamorato, voglio esser coerente e completare l'opera, voglio essere totalmente sua e voglio che egli appartenga totalmente a me! Non voglio recitare la parte ridicola di quelle donne degne di pietà, che sono tanto brutte da doversi rassegnare a consumarsi per tutta la vita nell'inutile desiderio d'amore, rinuciando a vedere anche di lontano l'oggetto del loro amore, e per questo s'ammalano e deperiscono miseramente per amore. No, questa parte non fa per me!»
La sua decisione era maturata. Prese carta e pennello e scrisse una lettera al suo amante.
Aroma era dotata per educazione di una solida cultura. Il padre le aveva fatto impartire fin dall'infanzia accurate lezioni di scrittura e di letteratura. Lo stile scelto, armoniosamente ordinato, pieno di citazioni, che è in uso nella corrispondenza tra spiriti eletti le era stato senz'altro familiare fino al suo secondo matrimonio, ma durante il periodo di vita in comune col bravo mercante Ch'üan aveva completamente perso l'esercizio. Così in questa lettera usò il semplice stile del linguaggio comune. Il che d'altronde aveva il vantaggio di rendere la sua lettera chiaramente comprensibile, rispetto ai ghirigori di certe donne saccenti che, a leggeni nella loro confusa complessità, sembrano più dei saggi che delle lettere, per cui il destinatario non riesce mai a capire ciò che la scrivente vuol in realtà comunicargli. La lettera di Aroma diceva
«All'amato, detto Wei‑yang Sheng, Chierico della Prima Veglia, con la preghiera di benevola attenzione!
«Da quando non vieni più da me, non ho più né sete né appetito, a fatica riesco ancora a mandar giù una goccia o un boccone. Quando mi costringo a prendere un p& di cibo per nutrirmi, non riesco a mangiare che un terzo di quanto dovrei. Sento che i miei intestini si son ridotti alla metà, e son così spaventosamente dimagrita nel viso e nel corpo, che quasi non somiglio a un essere umano. Non te lo puoi figurare! Ora quindi ho preso una decisione: sono pronta ad appartenerti per tutta la vita. Elabora quindi un piano, fa' qualcosa che ci riunisca al più presto possibile! Sia che tu, grazie all'aiuto del tuo amico, il Rivale di Kun-lun, mi faccia rapire, sia che io, seguendo l'esempio di una Hung Fu e di una Wen Chiin, fugga per conto mio. Ma prima dobbiamo accordarci sul momento in cui attuare il rapimento o la fuga, e nel secondo caso, sul luogo ove ti devo attendere. Poiché non vorrei che poi non ci si ritrovasse. Per favore, prendi comunque in considerazione quanto scrivo. Se per qualche ragione tu dovessi avere dei dubbi e tu non fossi del tutto convinto a osare un'impresa che naturalmente è pericolosa, informamene per lettera. Con ciò diventeresti, per me, un mascalzone ingrato e senza cuore e non vorrei più aver nulla a che fare con te in futuro. Se per caso ti dovessi incontrare ancora, stai sicuro che azzannerei coi denti più aguzzi la tua carne infedele, come se fosse carne di porco.
«Ti risparmio i soliti giuramenti d'eterna fedeltà. Di regola sono solo frasi con le quali le donne infedeli cullano i loro uomini, per ingannarli quando hanno voltato le spalle. Questo è tutto quanto ho da dirti.
«Con le maniche sollevate e protese in avanti s'inchina a salutarti
La tua amante disonorata Yen Fang.»
Ripiegò la lettera, la sigillò con una striscia adesiva rossa e la fece sparire nella manica. Poi si mise sotto la tettoia della porta sulla strada e attese finché non vide passare il Rivale di Kun‑lun. Lo chiamò con un cenno e gli diede di nascosto la lettera perché la recapitasse.
Ma non fece solo questo. Qualora l'amante si fosse dimostrato incerto e non avesse affrontato il grande rischio di un rapimento, voleva guadagnar da sola la sua libertà. A questo scopo scelse la tattica di rendere in ogni modo amara e dolorosa la vita in comune al marito. Di giorno lo tormentava con continui rimproveri e lamentele su tutto; il più piccolo pretesto era buono per attaccare lite con lui in modo astioso e prepotente. Oppure con la scusa di un'indisposizione se ne rimaneva semplicemente a letto, lasciando a lui la cura della casa e della cucina. Quando egli le portava il tè e il cibo che aveva preparato da sé, trovava modo di criticare tutto: il tè era troppo freddo, il riso non era abbastanza cotto, la carne non abbastanza frolla o cotta male. A collaborare nel negozio non ci pensava neanche più; non toccava più un bozzolo, non annaspava più un filo. Così dalla mattina alla sera era tutto un tenere il broncio, un insultare, uno sgridare.
E quando finalmente era ora di andare a letto, non gli concedeva ancora tregua, ma in un altro modo. Aveva decuplicato le sue esigenze e lo faceva cavalcare e faticare senza pietà fino a quando lui non ne poteva più e rinunciava alla lotta. Ma non appena era sprofondato esausto nei cuscini per il meritato riposo, lo risvegliava senza riguardo nel mezzo della notte e lo faceva alzare e correre in cucina a prendere del tè o a preparare un infuso medicinale. Con questa tattica pensava di spedirlo prima del tempo nel Regno delle Gialle Sorgenti, così come aveva fatto col suo primo marito, l'accademico dalla breve e debole vita.
Se il vecchio se ne fosse tranquillamente andato all'altro mondo, ci sarebbe stata via libera per un nuovo matrimonio, e stavolta con uno che corrispondeva in pieno ai suoi ideali.
Le conseguenze della sua tattica ben calcolata non dovevano farsi attendere a lungo. Intimidito dal nervosismo e dal malumore col quale quotidianamente lo affliggeva, il pover'uomo, che era come sappiamo piuttosto ingenuo, si era sentito colpevole e aveva pensato di farsi perdonare di notte la sua colpa immaginaria con una vigorosa prestazione a letto. Ma, contro ogni aspettativa, tutta la buona volontà non bastava a estinguere il debito che aveva accumulato durante la giornata; almeno così immaginava. Poteva darsi da fare quanto voleva, non riusciva a portarla a uno stato d'animo conciliante. La mattina, quando la vedeva alzarsi, aveva già un'aria così cupa e seccata che egli si sentiva intimorito e ansioso prima ch'ella aprisse bocca. Nessuna meraviglia se quell'uomo un tempo così vigoroso, la cui forza poteva misurarsi con qualsiasi lupa e tigre, dopo quel trattamento deperì spaventosamente nel giro di appena due mesi e divenne simile a uno strofinaccio appassito e estenuato che aspettava solo l'ultima ora.
Naturalmente il suo aspetto era evidente ai vicini e li inquietava. Ma il rispetto per il temuto Rivale di Kun‑lun faceva sì che non osassero aprire bocca ed esprimere la loro amichevole solidarietà. Finché, un bel giorno, fu lui che si confidò con loro. Nel frattempo si era fatta un po' di luce nella sua testa che sembrava piena di stoppa: lo strano cambiamento di sua moglie, che prima era la dolcezza fatta persona, doveva derivare da qualche ragione estranea a lui.
«Avete notato, degni signori, qualche cosa di sospetto in casa mia, durante la mia assenza? Qualche estraneo è forse entrato e uscito spesso?» chiese ai vicini.
Quelli dapprima non volevano parlare e facevano come se non avessero saputo nulla. Ma poi ne ebbero compassione. Gli faceva pena quell'uomo per bene, quel galantuomo che deperiva a vista d'occhio sotto la frusta di una moglie dall'appetito vorace e inestinguibile, e sarebbe sicuramente morto se le cose avessero continuato ad andare a quel modo. Così finirono per cedere alla sua insistenza e aprirono la bocca.
«Certo, che abbiamo notato qualcosa. Un certo signore si è fatto vedere con una frequenza sospetta a casa vostra durante la vostra assenza. Un cliente del negozio, s'intende, un cliente particolarmente difficile. Non è saggio irritarlo o farlo arrabbiare. Conoscete certo il vecchio detto:
In campo aperto non è difficile
ripararsi contro le picche.
Ma difendersi contro frecce segrete
scoccate nel buio, questo sì che è difficile.
«In breve, cadere nelle mani di quel signore significa mettersi in una situazione senza via d'uscita, con conseguenze terribili per il futuro.»
«Mi volete dunque dire chi è questo misterioso mostro?»
«Sappiate dunque che costui è nientemeno che il famigerato temutissimo terrore dei ricchi; l'uomo dei cui furti temerari, al limite del possibile, tutti sussurrano e confabulano: il Rivale di Kun-lun! Molto tempo fa passò davanti a casa vostra e per caso vide vostra moglie. Evidentemente gli deve essere piaciuta, perché più tardi venne da noi a chiederci tutte le possibili informazioni su di lei. Così volle sapere se era sposata e con chi. Noi gli dicemmo la verità, che era la vostra moglie legittima. Il suo commento fu che una come lei sembrava poco adatta a uno come voi, che si trattava di un accoppiamento infelice, e che probabilmente c'erano spesso scenate. Noi replicammo che le cose andavano anzi in modo opposto, e che la vostra vita matrimoniale era del tutto pacifica e armoniosa. Recentemente, quando partiste per il vostro viaggio d'affari, venne di nuovo e ci chiese quanto tempo sareste stato probabilmente assente. Noi rispondemmo che sareste tornato dopo circa dieci giorni. Da quel momento in poi abbiamo sentito rumori sospetti in casa vostra, leggeri scricchiolii e batter di porte, passi pesanti e voci tra le quali si poteva chiaramente distinguerne una maschile. Pareva che vostra moglie s'intrattenesse con un ospite notturno. Se si fosse trattato di qualcun altro, saremmo andati a fondo della cosa, avremmo origliato e spiato. Ma, dato il segno astrologico in cui vi trovate, non è il caso di attaccar lite. Inoltre le nostre leggi non prescrivono che si debba seguire un caso di adulterio che si verifichi nel vicinato e procedervi contro. Così non ci siamo occupati molto di quello che avveniva in casa vostra e abbiamo lasciato fare. Ed egli si è dato da fare ogni notte fino al vostro ritorno. Ma queste sono solo confidenze. Custoditele nel vostro petto. Non vogliamo assolutamente che prima o poi facciate dei passi contro quel certo signore: potremmo restarci implicati anche noi. Non vi tradite nemmeno con la vostra legittima signora, fingete di non sapere. Potrebbe avvertire per lettera quel signore e metterlo in guardia. E quello si vendicherebbe contro di noi e ci toccherebbe tremare non solo per i nostri averi, ma anche per le nostre vite.»
«Dunque le cose stanno così... Il Rivale di Kun‑lun! Io lo ritenevo solo un buon cliente e lo stimavo. Questo era dunque il motivo per cui onorava così spesso il mio negozio delle sue visite! Vi ringrazio per il benevolo chiarimento, senza il quale non sarei mai arrivato a capire. Naturalmente sorveglierò la mia lingua e non rivelerò da chi ho cavato quanto so. Per quel certo signore, però, arriverà l'ora in cui lo chiamerò alla resa dei conti, e dovrà pagare con la testa. Quando sarà quel momento, posso contare su di voi, degni signori, perché mi prestiate tutto il vostro aiuto?»
«No, sarebbe una cosa assurda! » replicarono vivacemente i vicini.
«Non avete prove! Pensate al vecchio detto:
Volete dimostrare che un ladro é colpevole?
prima scovate il bottino.
Per accusare qualcuno d'adulterio
dovete averlo sorpreso a letto.
«Il Rivale di Kun‑lun fa da chissà quanto tempo il suo mestiere di scassinatore, ma finora nessuno ha trovato del bottino. Credete che uno come lui si lasci sorprendere nel letto di un altro? Non ve ne abbiate a male se apertamente vi diciamo: la vostra signora legittima non è la moglie che fa per voi, prima o poi si farà rapire da quell'altro. La perderete comunque; siate dunque contento se almeno vi è risparmiato di provvedere alla dote.»
«Cosa significa questo discorso?»
«Non siate così duro di comprendonio. Avete certamente sentito parlare degli abili colpi che quel signore compie con diabolica destrezza. Non c'è muro tanto alto, né parete tanto spessa, da costituire un ostacolo per lui. Figuratevi dunque se troverà difficoltà nell'introdursi nella vostra semplice casa fatta di un paio di stanze. Egli ritornerà a farvi visita, siatene sicuro. E cosa vi garantisce che egli si accontenterà della vostra legittima signora, e non si porterà via anche una parte dei vostri beni come dote? Vi porterà via l'una e gli altri: donna e averi! E voi non potrete fare nulla per impedirlo!»
Ora finalmente il Probo capì. Si prese una bella paura. Era completamente sbigottito, gli si piegavano le ginocchia e implorava buoni consigli dai vicini. Faceva proprio pena, ed essi volevano con tutto il cuore aiutarlo. Dopo aver riflettuto per qualche tempo fumando la pipa, essi manifestarono circospetti le loro opinioni. Non erano d'accordo fra di loro. Alcuni consigliavano la divisione, così il male sarebbe stato tagliato alla radice. Altri consigliavano di cambiare casa: il Probo doveva trasferirsi in una regione lontana, dove avrebbe saputo sua moglie libera dalle insidie di quel signore. Mentre il Probo esitava ancora incerto, prese la parola un uomo dai capelli bianchi, il più anziano del gruppo, un vecchio molto esperto della vita:
«Questi consigli sono tutti inutili. Separazione, e perché? Manca la prova di un adulterio. Cambiamento di casa, trasferimento? Credete forse che quel signore, che conosce perfettamente tutte le strade, non vi potrebbe trovare dovunque vi siate rifugiati? Per quanto ne so io, vi resta un unico modo di comportarvi: tacere. Fare il finto tonto. Solo così potrete evitare fastidi futuri. Inoltre, visto che la vostra moglie legittima si è ormai estraniata da voi, non ha per voi alcun valore tenervela ancora in casa. La cosa migliore da fare è venderla. Potete così guadagnare un po' di denaro e uscire senza danni da questo pasticcio. Il problema è: a chi venderla? Non sarebbe saggio venderla al primo venuto. Quel signore lo verrebbe a sapere molto presto e se la prenderebbe a male con voi, perché lo avete turbato nei suoi divertimenti e avete troncato la sua relazione galante. Perciò vi darebbe certamente una lezione e dovreste di nuovo tremare per la sua vendetta. No: la cosa migliore è che voi la vendiate proprio a lui. A un brigante come lui non mancano certo i denari. Non gli sarà difficile pagare cento o addirittura duecento pezzi per una donna che ama. E per questa somma voi ve ne potrete facilmente permettere un'altra, più adatta a voi di quella di adesso. Così vi libererete di tutti i dispiaceri e in più troverete senza alcuna spesa una nuova moglie. Cosa ne pensate?»
«Grandioso! Farò proprio così! Ma c'è ancora un punto da chiarire: non posso mettermi a trattare personalmente con quella persona. Ho bisogno di un intermediario. Chi dei signori presenti sarebbe disposto a farlo?»
«Se è solo per questo! Siamo tutti disposti a farlo! Naturalmente dobbiamo poterci fidare ed essere sicuri che poi, una volta concluso l'affare, voi non vi pentiate e non ci facciate ingiusti rimproveri per aver trattato con quel personaggio e per averlo aiutato a strapparvi la vostra attuale moglie.»
«Lungi da me! Come potrei rendermi colpevole di così vile ingratitudine, quando devo a voi se la mia vita e i miei beni restano intatti! » protestò vivacemente il probo Ch'Uan.
«Va bene, ci fidiamo di voi, perché sappiamo che siete un galantuomo. Adesso bisogna scegliere il negoziatore» così decise il vecchio.
Si consultarono tra loro per un po' ed infine fu scelto uno che disponeva di una certa parlantina. Già il giorno dopo doveva presentarsi al Rivale di Kun‑lun e aprire le trattattive.
Intanto il nostro giovane si consumava di nostalgia per l'amata Aroma. Gli succedeva come a lei: non aveva più né sonno né appetito. Si sentiva intimamente svuotato, come se fosse morto. Così non poteva andare avanti, si diceva, doveva fare qualcosa. A che gli serviva, se no, un amico come il suo, che era in combutta con tutti gli spiriti, buoni e cattivi?
Stava preparandosi per andare a trovano, quando fu lo stesso amico ad arrivare, come chiamato. Gli consegnò la lettera di Aroma. Il giovane la lesse e la sua energia rifiorì.
«Devi fare qualcosa! Devi fare in modo che io possa rivederla, altrimenti sono perduto» lo scongiurò, e gli lesse la lettera.
«Ehm, si può fare una cosa sola: rapirla! » disse il Rivale di Kun-lun dopo una breve riflessione. «Rapimento: una sciocchezza, per me. Ma poi? Il problema é che qui non potete assolutamente continuare ad abitare. Dovreste aspettarvi seccature da parte del marito. Dovete traslocare molto lontano, in qualche posto dove non possa rintracciarvi, un posto ben nascosto, una bella casa che diventerebbe il vostro nido d'amore. Sarebbe in realtà una grande idea, un piano a lunga scadenza. Ma sei disposto a metterlo in atto? Bisogna pensarci, devi deciderti.»
Il giovane ci pensò per un pò. In realtà si sentiva in qualche modo legato al posto in cui si trovava. Infatti qui c'erano a trattenerlo, tre casi irrisolti che bisognava sbrigare: quelle tre bellissime donne che aveva incontrato al tempio del dio dell'amore e che aveva registrato nel suo diario al primo posto nella categoria delle fuoriclasse, e che non riusciva a dimenticare. Gli era caro anche il pezzo di terra che quelle tre abitavano. Gli sarebbe stato tremendamente difficile staccarsene e rinunciare a loro. D'altro canto c'era la lettera di Aroma, che lo aveva profondamente commosso. Poteva trascurare l'appello pressante di lei? Assolutamente no. La sua decisione era presa.
«Va bene. Sono pronto a trasferirmi, in un posto in cui faremo sparire le nostre tracce e saremo sicuri dai fastidi che ci potrebbe dare il marito.»
«Bene. Ma c'è ancora una cosa da considerare. Rapire una moglie è delitto più grave del furto di denaro e di altri beni, perché la perdita di denaro e di sostanze è un male rimediabile: ciò che si perde oggi lo si può riguadagnare domani. Invece non è tanto facile sostituire una moglie. Non è difficile immaginare come deve sentirsi un uomo ingannato al quale un bel giorno viene tolta l'amatissima consorte. A questo s'aggiunge il fatto che il buon Ch'üan non ha molti soldi. Dove può trovarla la somma necessaria per procurarsi una nuova moglie? Di solito succede che l'uomo mediocre, quando lo si spinge all'estremo, non si tira indietro neppure di fronte all'assassinio.. Per amore della tua sicurezza devi assolutamente cercare di rendere in qualche modo accettabile la cosa al probo Ch'üan. L'unica cosa da fare è che io, nel momento stesso in cui gli rapisco la moglie, gli lasci a casa un piccolo, grazioso risarcimento, diciamo di centoventi pezzi. Il rapimento perde così il suo sapore amaro e sembra piuttosto un normale scambio commerciale. Naturalmente ti rimane sulla coscienza un'azione ingiusta, ma non devi temere gravi conseguenze. Quanto a me in questo modo resta tutelato il mio onore di bandito.»
«Il tuo piano è veramente molto buono, ma purtroppo è irrealizzabile. Devi sapere che la mia cassa è quasi vuota. Donde potrei procurarmi così in fretta del denaro? Ricorrere a te? No, non riuscirei a dormire tranquillo.»
«Se è solo per questo! I soldi mi ritornano fra le mani come li dilapido. Dunque non preoccuparti inutilmente del denaro; quello, te lo metto a disposizione io. Invece siediti e scrivi una risposta per la tua Aroma. Ci deve fissare un giorno, non importa quale, in cui suo marito è fuori casa. In quel giorno andrò a rapirla.»
Con un sospiro di sollievo il giovane si mise a scrivere. Sciolse con l'acqua l'inchiostro nel calamaio, vi intinse il pennello e lo fece scorrere velocemente sulla carta.
Ecco la sua lettera:
«Alla mia amata Yen Fang, per sua graziosa informazione.
«Sono due mesi che non ci vediamo e a me sembrano dieci lunghi anni. Anche la mia gola è come strozzata, riesco a fatica a inghiottire un boccone e un sorso di liquido e di notte il costante pensiero di te non mi lascia dormire. Giorno dopo giorno ho importunato il mio amico implorandolo di fare qualcosa per noi. Fino ad ora ha esitato perché non sapeva quali fossero le tue intenzioni e non voleva agire troppo avventatamente. Adesso ho ricevuto la tua lettera. Adesso so con quanta fedeltà mi sei vicina e com'è ferma la tua decisione di non abbandonarmi mai. Stai sicura che io ho lo stesso proposito. Niente mai più ci deve dividere! Per il resto, lascia fare a me. Mi assumo io la responsabilità. Nella tua lettera lasci intuire la tua intenzione di comportarti come quelle eroine del passato, Hung Fu e Wen Chün, fuggendotene via per conto tuo. Rinuncia, ti prego sarebbe pericoloso. Ci prenderemo piuttosto come modello un altro caso dell'antichità. Tu conosci la storia della bella Hung Shao, "Guaina Rossa", avvenuta all'epoca della dinastia T'ang? Ella languiva come una prigioniera tra le impenetrabili mura del castello di un anziano potentato. Una notte il suo amante la fece rapire da un servitore fedele e devoto, uno schiavo moresco (Kun-lun Nu), a dispetto di tutti gli ostacoli. Noi faremo proprio così: una notte il mio amico ti rapirà. Per quale ragione credi che egli abbia derivato il suo soprannome dal famoso moro dell'epoca T'ang? Non aver paura, ce la farà. Riguardo al felice momento in cui avrà luogo il tuo rapimento, non posso fare alcuna previsione. Dipende dal momento in cui il tuo truce guardiano non sarà in casa. Me ne devi dare notizia al più presto. Così potremo agire in quella stessa notte. Mi minacci, nel caso che io mi dovessi dimostrare vile e fedifrago, di ficcare i tuoi denti aguzzi nella mia carne, mordendola come se si trattasse di uno squisito arrosto di maiale. Non è proprio il caso che tu sforzi la tua preziosa boccuccia; se il caso fosse quello che temi, mi preoccuperei io stesso di gettare il mio corpo infedele in pasto a cani e corvi famelici. Non ho nient'altro da aggiungere. Questa è la mia risposta, per prudenza anonima.»
Il Rivale di Kun‑lun si mise subito in viaggio per portare la lettera ad Aroma. Poi attese. Teneva pronto, per prudenza, un pacchetto contenente i centoventi pezzi di «risarcimento», che egli avrebbe, a suo tempo lasciato sul tavolo della casa di Ch'üan. Passavano i giorni ed egli continuava ad aspettare da Aroma il segnale che il campo era libero. Ma il segnale non veniva, proprio non arrivava. Invece arrivò il messaggero dei vicini del probo Ch'üan, che veniva come portavoce e negoziatore. Dopo i tradizionali preamboli egli espose la sua proposta:
«Il negozio del buon Ch'üan va male. I guadagni non bastano a nutrire anche una moglie. Per questo motivo egli vuole vendere la sua moglie legittima, incaricando me di fargli da mediatore. Io ho pensato in particolar modo a voi. Agli altri o manca il denaro o, quando ce l'hanno, son troppo meschini e sordidi per offrire a una donna quel tenore di vita a cui ha diritto, e considerando le sue doti, può pretendere. Voi invece siete conosciuto e famoso come uomo di notevole ricchezza, generoso e prodigo, magnanimo soccorritore e salvatore nel bisogno e nel pericolo. Per questo vengo proprio da voi e vorrei raccomandarvi di aggiungere quest'altra opera buona alle buone opere che avete finora compiuto in silenzio.
«Strapperete una splendida giovane dall'attuale miseria, risparmiandole il triste destino di morire di fame. Inoltre col denaro della dote salverete quel brav'uomo di Ch'Uan da una situazione di estremo bisogno e gli darete la possibilità di continuare senza problemi il suo commercio e di poter mangiare la quotidiana scodella di riso. Così sarete doppiamente meritevole.»
Il discorso del negoziatore aveva sorpreso il Rivale di Kun-lun. Tra sé pensava: «E proprio strano! Io sto per giocare un bel tiro al probo Ch'üan, rapendogli la moglie, ed ecco che lui me la offre in vendita. Sembra quasi che gli sia arrivata all'orecchio la notizia del mio tentativo e che egli voglia togliersi dall'impiccio con quest'offerta. Comunque l'offerta arriva a proposito. In questo modo la cosa diventa apertamente un'operazione commerciale, mentre prima lo era solo di nascosto. Il rapimento diventa inutile: cosa potrei sperare di meglio?»
Si rivolse al negoziatore:
«Qual è il vero motivo per cui il probo Ch'üan vorrebbe vendere sua moglie?»
«Il bisogno, nient'altro che il bisogno.»
«E lei cosa ne pensa? E anche lei d'accordo?»
«Certo che è d'accordo! Con l'attuale marito andrebbe penosamente in rovina! »
«Bene. Ed egli quanto chiede di dote?»
«All'inizio voleva duecento pezzi. Ma l'ho convinto che è decisamente esagerato. Deve essere contento se ottiene qualcosa di più della metà.»
«Bene, io offro centoventi pezzi.»
«D'accordo.»
Il Rivale di Kun‑lun consegnò al mediatore il pacchetto con i centoventi pezzi e che aveva già sottomano. Avrebbero dovuto servire come risarcimento e ora diventavano il prezzo di un irreprensibile acquisto. Il negoziatore se ne andò, fece venire il probo Ch'üan e gli consegnò il pacchetto col denaro.
L'affare era così concluso.
Il Rivale di Kun‑lun aveva prima pensato di dare il nome del vero compratore, il Chierico della Prima Veglia. Ma poi aveva respinto l'idea, dicendosi che se come compratore figurava lui, il bandito galantuomo temuto da tutti e il cui nome era rispettato da tutti, non si sarebbero dovuti temere fastidiosi ripensamenti e il bravo Ch'üan si sarebbe guardato bene dal fargli difficoltà in seguito. Diversamente sarebbero andate le cose se come compratore fosse comparso ii giovane. Sarebbero cominciati i problemi e forse le cose avrebbero potuto concludersi in tribunale con tanto di processo per adulterio.
Così preferì comparire in prima persona come il compratore che voleva portarsi a casa Aroma come concubina. Il documento di vendita e di matrimonio fu stipulato a nome suo e sottoscritto e timbrato dal probo Ch'üan come venditore e dai vicini come testimoni. L'atto venne poi consegnato al Rivale di Kun-lun. Egli, generoso com'era, offrì in più la somma di dieci pezzi ai vicini quale ricompensa per il loro incomodo e per l'opera di mediazione e portò via nello stesso giorno Aroma, senza perdere tempo a scegliere una data propizia nel calendario. La portò via in una portantina a due posti che aveva noleggiato. La condusse provvisoriamente nella sua abitazione e ve la tenne finché non trovò in un altro quartiere, una casa adatta alla giovane coppia e non l'ebbe arredata in modo da renderla abitabile. Fece tutto questo a sue spese. Quando egli accompagnò Aroma nella nuova casa ella trovò persino una graziosa e giovane cameriera che egli aveva premurosamente assunto per lei. Solo a questo punto il Rivale avvertì il giovane amico e gli fece la sorpresa di fargli trovare già pronto il nido d'amore.
Un brigante comune si dimostrò così un amico fidato e un galantuomo autentico, degno dei più nobili esempi dell'antichità.
Se volete sapere come la storia prosegue, dovete leggere il prossimo capitolo.