LAURETO RODONI

UNA SPOSA... VERTIGINOSA

SPLENDIDAMENTE VIRTUOSISTICA LA REGIA DI HARTMANN
ECCEZIONALE IL CAST E OTTIMA LA DIREZIONE D'ORCHESTRA


[NUOVA REDAZIONE CORRETTA]


© SUZANNE SCHWIERTZ

Il paesello in miniatura così come appare durante l'ouverture. Dietro i due amanti Marenka e Janik. Sullo sfondo lo schermo cinematografico su cui scorrono i titoli di testa... dell'opera.
La felicità dei due amanti che «arredano» la loro futura casa (l'ultima a destra in confezione... regalo).
Marenka estasiasta osserva la sua futura casa.
L’aspetto più interessante di questa nuova produzione dell’Opernhaus è senza dubbio la regia di Matthias Hartmann, che sarà direttore artistico dello Schauspielhaus zurighese a partire dalla stagione 2004/2005. Si tratta di uno spettacolo estremamente complesso, virtuosistico e raffinato nel contempo, che conferisce all’apparentemente insipido intreccio del librettista Karel Sabina una stratificazione e uno spessore inusitati.
Lo spazio scenico è caratterizzato dalla presenza, nella parte posteriore, verso il fondale, di un secondo palcoscenico rialzato, chiuso, per così dire, da un velo trasparente che funge soprattutto da schermo cinematografico; sul palcoscenico vero e proprio un altro velo, molto più grande e amovibile, serve sia come elemento separatore sia, ancora una volta, ma in misura meno rilevante, come schermo cinematografico.
Nella prima scena, a esempio, i cantanti agiscono (cantano e recitano) davanti a questo schermo gigante, mentre il coro, contrariamente alle indicazioni del libretto, non partecipa alla vicenda, ma è spettatore della stessa, con però una mediazione cinematografica: rivolto verso il palcoscenico rialzato, esso vede ciò che succede non nella «realtà» che si trova alle sue spalle, ma in un film muto, con immagini spesso deformate, caricaturali, espressionistiche; un film, che ammicca chiaramente ai numerosi film muti girati sulla Sposa venduta negli anni venti e trenta, in particolare a quello di Max Ophüls del 1932.
Due livelli di rappresentazione: operistico e cinematografico. Dietro lo schermo gigante si intravedono gli spettatori (il coro) che guarda il film che racconta la stessa vicenda. [CLICK TO ENLARGE]
Quando il coro è assente sono i cantanti stessi che osservano la loro stessa vicenda nel film, come se scrutassero dentro se stessi.
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Scena emblematica: Vasek, fratellastro di Janik, personaggio operistico in primo piano; cinematografico in secondo piano.
Ingegnoso l’allestimento di questo spettacolo nello spettacolo: dietro lo schermo degli attori mimano la stessa vicenda che avviene sul palcoscenico. Questi movimenti sono filmati da alcune telecamere e vengono trasmessi in bianco e nero, sullo schermo piccolo, simultaneamente. In questi casi, i sopratitoli in tedesco scompaiono, sostituiti dalle didascalie del film muto proiettato.
Ciò che il pubblico vede è uno spettacolo per così dire «diacronico», che si sviluppa cioè nell’arco di molte generazioni, dagli anni della prima rappresentazione dell’opera (1870) fino ai nostri giorni (simboleggiati ironicamente da turisti giapponesi che fotografano i personaggi e il villaggio miniaturizzato in cui si svolge la vicenda).
Sul piano estetico questo virtuosismo multimediale è di grande fascino e raggiunge il culmine nello spettacolo circense all’inizio del terzo atto, osannato da tutto il pubblico, anche da quella parte che, alla fine, ha mostrato dissenso nei confronti del regista; un dissenso poco comprensibile per chi scrive, che è però uno spettatore di parte, che aborre le regie museali e non sopporterebbe una Sposa venduta in un villaggio boemo zeffirellianamente ricostruito, tanto rassicurante per i benpensanti. Il fatto che il «famigerato» villaggio sia in miniatura permette un’ulteriore lettura in chiave fiabesca della vicenda, come ben mostra la scena iniziale (vedi foto 1), non prevista nel libretto, che si svolge durante l’esecuzione della vorticosa ouverture.
La formidabile scena dello spettacolo circense che ha convinto anche gli spettatori più scettici.

La vicenda è quindi rappresentata contemporaneamente a tre livelli: fiabesco; ortodossamente operistico (sul palcoscenico vero e proprio); caricato espressionisticamente, con eccessi anche di violenza nei rapporti tra i due amanti protagonisti, nel film muto proiettato sul palcoscenico rialzato. Questi tre piani, queste tre letture si intersecano continuamente, conferendo alla vicenda una valenza psicologica, sociologica, persino politica che, a dispetto dei detrattori, non penalizza né deturpa la musica di Smetana, ma al contrario la valorizza con acume e raffinatezza. Mai il registro volgare è fine a se stesso: esso è presente in nuce nell’opera stessa. Il regista si è limitato, del tutto legittimamente, ad analizzarlo e ampliarlo.
Stupefacente il finale in cui ciò che appariva sul palcoscenico rialzato esplode e scompare, dopo lo smascheramento degli intrighi, dinanzi alla verità dell'amore tra Janik e Marenka, i quali si ritrovano soli e festanti sul palcoscenico vuoto, in una (quarta) dimensione nuova, quindi: quella della realtà della vita.
Meraviglie anche sul piano musicale:
Martina Serafin ha dominato la parte di Marenka con grande sicurezza, conferendo al personaggio, anche grazie alla sua presenza scenica e alla guida del regista, quello spessore umano che le regie tradizionali spesso tarpano miseramente.

Magnifico il timbro della sua voce ed eccellente l’interpretazione vocale, sostenuta da una tecnica impeccabile. Piotr Beczala si sta rivelando sempre più come uno dei migliori tenori lirici di questa epoca. Semplicemente magistrale il suo Janik; difficile immaginarne uno migliore.

Marenka si crede ingannata da Janik e reagisce con violenza.

Ma tutto il cast (tra cui vorrei ancora menzionare Alfred Muff formidabile Kecal e Andreas Winkler indimenticabile Vasek) è stato all’altezza della situazione.
Peter Schneider ha diretto con slancio la vorticosa partitura, contribuendo in modo determinante a conferire coesione granitica a questo superbo spettacolo. Si replica.

Alfred Muff straordinario Kecal si porta attorno il suo CAFÉ in miniatura.
Margaret Chalcher (Ludmila, madre di Marenka), il mediatore matrimoniale Kecal (Alfred Muff) e Valeriy Murga (Krusina), padre di Marenka.

Irène Friedli nei panni della perfida matrigna di Janik.


© SUZANNE SCHWIERTZ