CIAJKOVSKIJ WEBSITE
TCHAIKOVSKY WEBSITE
__________________________________________________________________________________________

BIOGRAFIA, PENSIERI, FILOSOFIA DI

PETR ILJIC CIAJKOVSKIJ

ATTRAVERSO


LETTERE, RICORDI E TESTIMONIANZE


ROTTURA DI UN'AMICIZIA


SETTEMBRE 1890 - 1891

Si è già accennato come l'amicizia fra Petr e Nadezna avesse perso a poco a poco la sua fervida irruenta intensità. All'epoca in cui siamo, i rapporti si erano fatti sempre meno frequenti e, alla fine, del tutto interrotti.
Petr era stato preso nel vortice della celebrità e ogni giorno era costretto a scrivere lettere per rispondere a tutta la gente che si rivolgeva a lui per l'una o l'altra ragione. Non gli rimaneva dunque né tempo né possibilità di raccogliersi e di concentrarsi in lunghi colloqui a distanza, in profonde meditazioni, così com'era avvenuto nei primi anni della sua relazione con la signora von Meck.
La salute di Nadezna diventava sempre più cagionevole e la sua debolezza polmonare le procuravano acuti dolori nevralgici ed emicranie terribili. Passava quindi ore e giorni a combatter le sue sofferenze ed a sperimentare lunghi soggiorni in case di cura straniere, senza ottenere, però, che un momentaneo sollievo.
Il suo appassionato amore per la musica era rimasto quello di un tempo e, come una volta, continuava a idolatrare le composizioni dell'amico. Nulla avrebbe fatto pensare che i loro rapporti fossero destinati a subire un brusco cambiamento. Ella aveva pure confessato, una volta, in una lettera traboccante di passione, che fino alla morte nulla avrebbe mai avuto il potere di mutare i loro reciproci sentimenti, che a nessuno sarebbe mai riuscito di scacciar dal suo cuore l'affetto per lui.
Quest'evento si produsse invece in modo affatto inatteso.
L'interpretazione psicologica ne riesce enormemente difficile, perché, non essendoci dato di vedere al di là delle cose esteriori, siamo obbligati a procedere per supposizioni, senza poter sollevare i veli dietro i quali, forse, si nascondono fatti essenziali.
Le spiegazioni azzardate da molte parti e sono intieramente errate o appaiono manchevoli, se non addirittura segnate da un'ingenuità puerile. Solo un cauto esame dei precedenti, un tentativo di comprendere i misteriosi, oscuri moti del cuore possono in qualche modo gettare un po' di luce su quelle complesse vicende intime.
Diamo innanzi tutto notizia dei fatti così come ci sono stati tramandati. Le tournées concertistiche avevano condotto Petr già due volte a Tiflis,

dove il fratello Anatol ricopriva la carica di vice-governatore. La casa ospitale di Anatol era diventata il centro della vita mondana: vi si organizzavano concerti ad opera di dilettanti e vi si incontrava l'élite intellettuale della città.

Petr si mostrava sempre entusiasta del possente paesaggio caucasico, di quell'incredibile varietà di alberi e fiori, dell'incantevole posizione di Tiflis, in gran parte orientale, e delle circostanti, gigantesche montagne.
Nel corso degli anni, la città era diventata il focolaio di un vero e proprio culto ciajkovskiano. Eugen Onegin e persino Mazeppa non scadevano mai dal repertorio del teatro. Petr aveva diretto a Tiflis moltissimi concerti di sue composizioni, e le ovazioni, le feste in suo onore non avevano avuto mai fine.

La stampa locale lo dichiarava «il grande creatore della Sinfonia nazionale».
Fu qui, dunque, che nel settembre 1890 lo raggiunse, inaspettatamente, una lettera della signora Nadezna, l'ultima che, ella gli avrebbe scritto; e fu qui che Ciajkovskij provò il dolore forse più crudo di tutta la sua vita. Già una volta, anni prima, la von Meck, come già dicemmo, aveva scritto al maestro per informarlo che il suo patrimonio era in dissesto. Adesso gli scrisse dicendo di aver subito nuove grosse perdite e di non esser più in grado, per l'avvenire, di passargli la solita rendita. Non fu questa notizia a ferire Petr, quanto il tono della lettera. Non c'era dubbio; si trattava di un congedo definitivo. La missiva si chiudeva con le parole: «Non mi dimentichi, pensi a me qualche volta».
Che cosa era dunque accaduto? Perché quelle parole, esplose come un fulmine a del sereno?
Petr guadagnava ormai tanto da poter restare indifferente alla perdita di quella pensione elargitagli con tanta generosità lungo il corso di ben tredici anni.
Per verità, nonostante la suddetta pensione, nonostante i lauti guadagni, egli non aveva smesso di far debiti, essendo che il denaro mai gli bastava. Un intero stuolo di parenti e conoscenti, fra cui Modest e il nipote Bob, vivevano infatti, più o meno, alle sue spalle e lui stesso si era sempre più abituato a condurre vita da gran signore. Ciò nondimeno non si trattava affatto della pensione. Anche se Nadezna von Meck non era più in grado di dargli denaro, la lunga amicizia avrebbe dovuto sussistere e il carteggio sarebbe dovuto continuare. Quello che offese Petr mortalmente fu che il legame affettivo dovesse aver termine proprio nel momento in cui veniva a cessare l'aiuto finanziario.
Ciajkovskij non seppe darsi pace pensando a questa faccenda, non riuscì a trovare una spiegazione. Finalmente, il 22 settembre 1890 si decise a rispondere da Tiflis:

Ho appena ricevuto la sua lettera, cara amica. La comunicazione che ella mi dà, mi procura un grande dolore; e ciò non tanto per me, quanto per lei. Non sono parole vane. Certo non sarei sincero se volessi sostenere che una riduzione così considerevole delle mie entrate mi lascia indifferente. La mia situazione economica ne risentirà, ma in misura assai inferiore a quel che ella probabilmente immagina. I miei guadagni sono infatti sensibilmente aumentati negli ultimi anni e vi è speranza di credere che in futuro cresceranno ancora.
Se ella dovesse preoccuparsi per me su questo punto, la prego vivamente di credere che io non sono afflitto per nulla in causa di questa perdita finanziaria. Sia certa che quanto le dico corrisponde pienamente alla verità.
Non è questo che mi addolora, vale a dire il fatto che, d'ora in avanti, sarò costretto a moderare ogni tanto le mie spese, bensì che lei dovrà imporre limitazioni alle sue abitudini e al suo stile di vita. È una cosa estremamente dolorosa e preoccupante; sì che mi prende violento il desiderio di accusare qualcuno e di ritenerlo responsabile dell'accaduto. Naturalmente non ho la minima idea di chi abbia colpa in questa faccenda, e la mia indignazione manca di senso, dato che non ho alcun diritto di immischiarmi negli affari della sua famiglia. Voglio piuttosto pregare Pakhulski di darmi di tanto in tanto notizie e di farmi sapere come lei, in avvenire, regolerà la sua vita; dove abiterà, in quale misura dovrà imporsi certi sacrifici. Non trovo parole per dirle come tutto ciò mi turbi dolorosamente e come sia preoccupato per lei. Non posso pensarla priva della sua ricchezza.
Le ultime parole della sua lettera (Non mi dimentichi e pensi qualche volta a me), mi hanno alquanto ferito, ma voglio credere che le abbia scritte senza troppo pensarci. Dunque, mi crede per davvero capace di pensare a lei soltanto se da lei ricevo denaro? Ritiene possibile che io possa, anche per un solo istante, dimenticare quanto ha fatto per me e tutto quel che io le debbo?
Lei sa che mi ha salvato, che sarei diventato pazzo e sarei andato a fondo se lei non fosse intervenuta nella mia vita come un angelo salvatore. La sua amicizia, la sua profonda partecipazione alla mia sorte e il suo generoso mecenatismo hanno alimentato la mia spenta volontà di vivere.
Sia sicura, amica cara, che questo non lo potrò mai dimenticare e che mi ricorderò di lei fino all'ultimo respiro. Come son lieto di poterle esprimere la mia profonda gratitudine proprio adesso che ella non dispone più della sua ricchezza, e come sono convinto, più che mai convinto, che le mie parole non potranno mai rendere la realtà dei miei sentimenti.
Forse lei non ha neppure idea di quanto incommensurabilmente magnanima sia stata la sua azione nei miei riguardi. Altrimenti non le sarebbe venuto in mente che io possa, adesso che le son venute a mancare le ricchezze, pensare a lei soltanto «di quando in quando».
Mi perdoni per questa scrittura così concitata e confusa, ma sono troppo agitato per poter scrivere chiaramente.

Invano Petr attese una risposta. Arrivato a Mosca, venne a sapere che la signora von Meck non si trovava affatto in particolari difficoltà finanziarie e che non era il caso di parlare di perdita del patrimonio. Essa, più o meno, era ancora in possesso di tutta la sua fortuna.
Questa notizia colpì Petr come un colpo di fulmine. Dunque Nadezna Filaretovna aveva inventato la perdita del patrimonio soltanto per avere un pretesto valido a rompere i rapporti con lui. Fu una scoperta oltremodo penosa. Non volle rassegnarsi a credere che, una volta estromesso in modo così offensivo, egli fosse stato cancellato, automaticamente, anche dal ricordo dell'amica. Di nuovo fece reiterati tentativi per mettersi in comunicazione con lei. Passarono mesi e, finalmente, ricevette da Pakhulski una laconica risposta: Nadezna Filaretovna ringraziava delle lettere, ma si trovava malata e non si sentiva in grado di scrivere.
Non appena Petr ebbe queste righe, si mise a tavolino e, il 6 giugno 1891, scrisse a Pakhulski, che nel frattempo aveva sposato Julia ed era diventato quindi genero della signora Nadezna, una lettera nei termini seguenti:

Ho ricevuto or ora la sua. Comprendo che Nadezna Filaretovna sia debole e sofferente di nervi e che non possa più scrivermi come un tempo. Ma sono dolorosamente colpito e profondamente ferito, anzi addirittura offeso, non perché non mi scrive più, ma perché è evidente che non vuole sa per più nulla di me. Se avesse il desiderio che io le scrivessi come una volta, sarebbe facile soddisfarla, poiché lei e sua moglie potrebbero incaricarsi di trasmetterle le mie lettere. Purtroppo non ha espresso neppure una volta il desiderio che io le scriva, che le dica come sto e a che cosa stia lavorando...
Le è certamente noto che Nadezna Filaretovna, nel settembre dell'anno scorso, mi comunicò che non avrebbe più potuto continuare ad aiutarmi, dato che aveva perduto il suo patrimonio. Avrà anche letto la mia risposta in proposito. Affermavo che i nostri rapporti non dovevano in alcun modo cambiare per il solo fatto che io non potevo più ricever denaro da lei. Con mio sommo dispiacere, Nadezna Filaretovna non ha acconsentito alla mia proposta, evidentemente perché non prova più alcuna amicizia nei miei riguardi. Si direbbe sia stato io a troncare ogni rapporto con lei, da quando non ricevo più il suo denaro. Questo significa per me un'umiliazione terribile: addirittura insopportabile quando la si unisca alla consapevolezza di avere accettato il suo aiuto per tanti anni. Avevo sempre creduto che né malattie, né contrarietà, né, tanto meno, dissesti finanziari avrebbero potuto far cambiare i sentimenti della Signora verso di me; quei sentimenti manifestati in tante e tante sue lettere. Vedo, invece, che questi sentimenti sono mutati. In Nadezna Filaretovna ho sempre raffigurato una creatura ideale, forse perché non l'ho mai conosciuta di persona. Non mi veniva neppure alla mente che an tale ideale potesse offuscarsi e credevo che sarebbe finito il mondo prima che quella donna si allontanasse da me. L'incredibile è dunque accaduto e qualcosa nel mio intimo si è lacerato senza rimedio. La mia fede nella bontà dell'uomo è stata sommersa, la pace dell'anima è stata distrutta, la poca felicità che avevo nella vita, avvelenata. Nadezna Filaretovna ha agito crudelmente con me. Mai mi sono sentito tanto avvilito, mai il mio orgoglio è stato umiliato a tal punto. Quello che più mi addolora è di non potere, per le sue precarie condizioni di salute, confidarle tutto ciò che mi tormenta. Non vorrei infatti farle male, vorrei evitarle ogni agitazione...
Se ella dovesie chieder di me, le dica che sono felicemente tornato dall'America, che vivo a Maidanovo, che lavoro...

Per tutta risposta, Pakhulski gli rimandò la lettera, aggiungendo che non osava consegnarla alla signora Nadezna per non aggravare le sue condizioni di salute, nelle quali condizioni, d'altronde, sempre più gravi e preoccupanti, andava ricercata la spiegazione al rifiuto di riprendere l'antica consuetudine.
Petr dovette accontentarsi di questa replica evasiva. Così fu quella l'ultima voce, l'ultima comunicazione da un mondo che per tredici anni aveva reso più bella la sua vita, aveva stimolato le sue forze verso le più sublimi creazioni, lo aveva trattenuto dal precipitare nell'abisso, e che ora era completamente perduto.
Siamo davanti a un mistero, di cui non sappiamo se, un giorno, si riuscirà a sollevare il velo. A noi non è dato che avanzare qualche supposizione più o meno fondata.

In un precedente capitolo, abbiamo accennato a certe tendenze sessuali di Ciajkovskij, cercando di alludervi e di sorvolare nel medesimo tempo. Ora, noi possiamo affermare che Nadezna von Meck non ebbe il minimo sospetto intorno a quelle speciali tendenze. Da autentica innamorata, sofferse di struggente gelosia quando Petr la informò delle sue nozze e tirò un sospiro di sollievo quando il naufragio del matrimonio le fu noto. Fu lei stessa a confessare di aver odiato la moglie di Petr.
Forse sentimenti analoghi ispirarono adesso la sua condotta? Non lo sappiamo. Per tredici anni essa aveva gelosamente custodito nel suo cuore una determinata immagine dell'amico adorato e questa immagine aveva difeso come un tesoro senza eguali.
Con l'andar degli anni i molti figli erano cresciuti e quasi tutti s'eran sposati, accrescendo la già numerosa famiglia.
A ciascuno, sia ai figli, sia ai generi, sia alle nuore eran noti i suoi rapporti con Petr Iljic, rapporti già da noi definiti come «non normali», ma ciascuno era pure al corrente delle tendenze particolari di Ciajkovskij. Da gran tempo infatti, a Mosca e a Pietroburgo la faccenda era diventata di dominio pubblico, specialmente dopo che il compositore aveva conquistato fama universale.
I familiari di Nadezna von Meck sapevano inoltre che Ciajkovskij, raggiunta una notorietà così vasta, guadagnava adesso denaro in quantità assai notevole. Quei figlioli che non riuscivano mai a far bastare le loro rendite e che, con gran disperazione della signora Nadezna, dilapidavano incoscientemente le loro sostanze, ebbero certamente a lagnarsi con la madre per le somme pagate all'amico, sottolineando che costui non aveva più ormai bisogno di aiuti materiali. Fino al 1890 rimostranze di tal fatta non avevano dato alcun frutto e Nadezna s'era mantenuta fedele all'amico.
Ma venne finalmente il giorno in cui i figli credettero opportuno rivelare brutalmente alla madre la verità circa le tendenze di Petr.
È impossibile riuscire a immaginare quale effetto demolitore, quale annichilimento producesse in lei codesta rivelazione, tanto più grave quanto più inaspettata.
La scoperta dovette avere per essa l'effetto di un colpo di fulmine e le fece intravedere all'improvviso, come dietro un velario che si sollevasse, baratri non sospettati.
Per quella donna dispotica, brusca e appassionata non potevan esserci compromessi. Come una volta, irriflessiva e irruenta, sotto l'influenza della musica dell'amico aveva lasciato traboccare senza ritegno, in preda all'ebbrezza della passione, la sua confessione d'amore, altrettanto rapidamente e brutalmente prese ora la decisione di rompere tutti i ponti, e per sempre.
Questa la causa, e soltanto questa (noi crediamo), della lettera inviata a Petr nel settembre 1890, la lettera cui abbiamo dianzi accennato.
Petr si sentì ferito sin nel più profondo dell'anima, né mai più riuscirà a riaversi dal colpo. Per quanto frugasse nella sua mente non riusciva a trovare una spiegazione al modo di agir della sua amica. La sola persona che glielo avrebbe potuto spiegare, il suo «miglior amico», era ormai muto, era lontano, era scomparso per sempre.
Nadezna von Meck visse pochi anni ancora. Morì lontana dalla patria, a Wiesbaden, il 1° gennaio 1894, pochi mesi soltanto dopo la perdita dell'amico, di quell'amico, amato un tempo fino all'idolatria. Quanto a Petr, sul letto di morte, torcendosi in preda a dolori terribili, già quasi privo di sensi, continuò a mormorare il nome di lei. Che avesse potuto allontanarsi, che fosse stata capace di abbandonarlo restò per lui, fino all'ultimo, un tradimento insopportabile e atroce.