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BIOGRAFIA, PENSIERI, FILOSOFIA DI

PETR ILJIC CIAJKOVSKIJ

ATTRAVERSO


LETTERE, RICORDI E TESTIMONIANZE


LA «QUARTA SINFONIA»

GENNAIO - MARZO 1878

Per Petr, quella di scrivere quasi ogni giorno alla buona amica e di aprirle il suo cuore era diventata una cara consuetudine. Non muoveva mai passo senza aver prima chiesto il suo consiglio ed avere avuto la sua approvazione. Codesta comunione di anine dava a Nadjeshda von Meck una vera ebrezza di felicità, un vero stato di beatitudine.

Sa, mio caro Petr Iljic (lettera del 22 gennaio 1878), da gran tempo questa nostra non comune simpatia reciproca, questa concordanza di idee davvero incredibile, quale si rivela in ciascuna delle nostre lettere, mi riempie l'animo di stupore. Una simile affinità di nature è rara anche fra parenti strettissimi. Oh Dio, com'è bello avere almeno una persona al mondo alla quale ci si possa confidare! In questo stato di felice abbandono come tutto, anche il male, diventa tollerabile e non impedisce di sentirsi contenti!...
Ha mai amato lei, Petr Iljic? Ne dubito. Ama troppo la musica per poter amare una donna. So di un episodio amoroso nella sua vita, ma credo che il cosiddetto amore-platonico (Platone del resto non ha affatto amato in tal modo), sia soltanto amore a metà; unicamente amore della fantasia, non del cuore; non quel sentimento che investe corpo e sangue dell'uomo, che solo lo mette in grado di vivere.

Accennando a un precedente amoroso, Nadjeshda alludeva a quell'episodio di cui aveva parlato tutta Mosca, allorché Petr si era innamorato della cantante Désirée Artôt e aveva accarezzato l'idea di sposarla.

Lei mi domanda, cara amica, se io conosco l'amore terreno. Sì e no. Se si volesse porre la domanda altrimenti e chiedere se nell'amore ho trovato la pienezza della felicità, allora dovrei rispondere: no, no, no, tre volte no!!! Credo del resto che anche la mia musica dia una risposta a questa domanda. Ma. quando lei mi chiede se conosco tutta la pienezza, tutta la forza inesauribile dell'amore, allora debbo rispondere: sì, sì, sì, tre volte sì! Ripeto che ho più volte tentato di esprimere nella mia musica il tormento e la beatitudine dell'amore. Se questo mi sia riuscito, non lo so, lo devono giudicare gli altri.
Non sono però del suo parere su di un punto, quello che la musica non sia capace di rendere la forza universale dell'amore. Al contrario, la musica soltanto può farlo. Lei dice che questo può avvenire soltanto attraverso le parole. Oh no! Proprio per questo non occorrono parole. Laddove esse, vengono a mancare subentra in tutta la sua pienezza un linguaggio più eloquente: la musica. Anche il discorso ritmico, ossia la poesia, con la quale i poeti glorificano l'amore, non è altro che un addentrarsi nel dominio riservato alla musica. Non appena le parole prendono forma di poesia, non sono più soltanto tali, si sono già trasformate in musica. La miglior prova che le poesie in glorificazione i dell'amore sono assai più musica che semplici parole la trovo nel fatto che, molto spesso, tali poesie non hanno un senso immediatamente afferrabile (penso a Fet [Afanasij S. Fet (1820-1892), poeta russo], un mio prediletto).


FET RITRATTO DA ILYA REPIN

Invece, al contrario di quanto sembrerebbe, versi di quel genere non soltanto hanno un significato, ma racchiudono pensieri profondi, di natura però puramente musicale. Mi fa molto piacere che lei apprezzi tanto la musica strumentale, sicché concordo pienamente con lei, quando afferma che l'aggiunta di parole alla musica è non di rado nociva. Esse la appesantiscono, la fanno scendere dalle sue sublimi altezze. Ecco una sensazione che ho avvertito spesso, con estrema chiarezza, fino a pensare che questa sia la ragione per cui composizioni puramente strumentali mi sono riuscite meglio di quelle vocali.

È comprensibile che Petr avesse idee del genere. Si pensi ai suoi canti d'amore puramente strumentali nelle composizioni per orchestra come Romeo Giulietta e soprattutto Francesca da Rimini. Si noti, al contrario, come nelle sue Romanze per voce e pianoforte (Tchaikovsky non scrisse veri e propri «Lieder») I sentimenti d'amore trovino un'espressione scialba e convenzionale.
Nadjeshda von Meck era, per natura, una donna appassionata e sensuale. Nelle sue lettere a Petr il tema dell'amore ritorna continuamente.

Mi interessa assai la sua opinione su Schopenhauer, - scrisse una volta. - La definizione che egli dà dell'amore mi è antipatica; io ammetto soltanto l'amore che abbia un fondamento morale. Le relazioni fisiche hanno nell'amore una parte considerevole, una parte che non va sottovalutata; tuttavia, esse non devono costituire il principio, bensì la conseguenza di un vero amore. Non comprendo e non apprezzo l'amor platonico. Soltanto chi si abbandona all'amore con tutto se stesso può dire di amare veramente.

A Sanremo, Petr ricuperò rapidamente le forze e a poco a poco anche il ricordo delle emozioni sofferte nell'autunno incominciò a svanire:

Mi sento benissimo, la mia salute è di nuovo eccellente, sono pieno di vigore e di intraprendenza. Ma sa, amica mia, la voce che mi dava per uscito di senno, non era poi infondata. Se penso a tutte le sciocchezze che ho commesse devo ammettere che in quel tempo ho rasentato la follia. Molti episodi del recente passato mi sembrano ora come uno strano incubo, un sogno confuso in cui quest'individuo che porta il mio nome ha agito come avviene appunto nei sogni: in modo irragionevole, incoerente, sciocco...

Petr ha terminato l'Onegin e la Quarta Sinfonia, ed è assai soddisfatto di aver portato a conclusione i due lavori.
In febbraio, coi suoi tre compagni di viaggio, si trasferisce a Firenze. Fra breve, a Mosca, cominceranno le prove della Sinfonia:

Se ella in quell'epoca si sentirà bene, vorrà, Nadjeshda Filaretovna, assistere a una prova? Quando si ascolta un'opera nuova più di una volta, è più facile esserne convinti e conquistati. Come desidererei che questa musica le piacesse!...

Il 10 febbraio 1878 ha luogo a Mosca la prima esecuzione della Quarta Sinfonia, sotto la direzione di Nicolai Rubinstein. Alla fine ci sono molti applausi, si acclama il compositore, ma non si può parlare, in coscienza, di un successo travolgente. La stampa si limita a qualche accenno. Dopo il concerto, gli amici si riuniscono a banchetto e mandano a Petr un telegramma di saluto nel quale, però, non si curano di rilevare se l'opera sia piaciuta o meno. Soltanto la signora Nadjeshda, che ha ascoltato la Sinfonia seduta in fondo al suo palco, separata dal resto del pubblico, è entusiasta. Quella è la sua Sinfonia; ma nessuno, fra il pubblico, sa chi si nasconda dietro il «miglior amico» della dedica.
Nello stesso momento Petr era a Firenze con l'orologio in mano e il pensiero volto a Mosca. Scrive più tardi all'amica:

Ieri mattina ricevetti il suo telegramma. Esso mi ha procurato una gioia indicibile. Ero assai inquieto perché temevo che la sua salute così cagionevole potesse averle impedito di assistere al concerto oppure che la Sinfonia non le fosse piaciuta. Poteva anche darsi il caso che la musica non le fosse andata a genio, ma che ciò nonostante, nella sua magnanimità e per amichevole interessamento, mi mandasse ugualmente le sue felicitazioni. Ma dal tono e dal contenuto del telegramma sento chiaramente che quest'opera, scritta per lei, ha avuto la sua approvazione. Nell'intimo sono convinto che la quarta Sinfonia è quanto di meglio io abbia composto finora. Mi sembra strano di non aver ricevuto ancora alcuna notizia dai miei amici di Mosca sebbene la partitura dell'opera sia stata spedita ormai da un mese e mezzo. Insieme col suo, ho ricevuto un telegramma firmato da Rubinstein e dagli altri. In tale telegramma si dice soltanto che l'esecuzione è stata eccellente. Neppure una parola sul valore della Sinfonia...
Ero presente col pensiero al concerto, calcolavo al minuto l'inizio del tema del destino, e cercavo di immaginarmi, in tutti i particolari, quali impressioni potesse suscitare la mia musica. Il primo tempo, il più difficile, ma anche il più bello, sarà certamente sembrato a qualcuno troppo lungo e, ad una prima audizione, non del tutto comprensibile. Gli altri tempi non presentano difficoltà speciali.

Un anno e mezzo più tardi egli tornerà sull'argomento e scriverà all'amica:

La nostra Sinfonia ha un programma: esiste cioè la possibilità di tradurne in parole il contenuto, e a lei, a lei sola, io voglio spiegare il significato di tutta l'opera e dei singoli tempi. L'introduzione è il nocciolo di tutta la Sinfonia; l'idea principale è il fato, nefasta potenza che si oppone alla conquista della nostra felicità e che malignamente si adopera perché il benessere e la pace non siano mai completi, mai privi di nubi; quella potenza che pende, come la spada di Damocle, sopra le nostre teste e amareggia senza tregua le anime nostre. Una potenza invincibile...
Abbattimento e disperazione diventano sempre più forti, ma ci si abbandona ai sogni e questi a poco a poco si impadroniscono della nostra anima. Si dimentica tutto quanto è fosco, negato alla gioia. Ecco la felicità! In tal maniera, tutta la nostra vita è un'alternativa continua di dure realtà e di sogni fuggevoli. Il secondo tempo esprime un grado diverso di malinconia; quella malinconia che ci assale la sera, quando stanchi per una dura giornata di lavoro e soli, ci si siede, alla fine, con un libro in mano, ed ecco che il libro ci sfugge, mentre un'ondata di ricordi si riversa sopra di noi. Com'è dolce, allora, ripensare alla giovinezza, ai giorni in cui il sangue ci pulsava nelle vene, caldo, gagliardo, e la vita non ci dava che soddisfazioni e appagamento. Ma mancavano anche allora, davvero, i giorni difficili? Che cosa dolorosa e, insieme, dolce, è tuffarsi nel passato!...
Il terzo tempo non esprime nulla di determinato. Sono arabeschi capricciosi, figure inafferrabili che attraversano la nostra mente come quando si è bevuto del vino e ci si sente un po' ebbri... Ci si lascia trasportare dalla fantasia. Ma ecco: improvvisamente ricompare alla memoria l'immagine di un piccolo contadino ubriaco e il ricordo di una canzonetta udita per la strada. Da qualche parte, in lontananza, passano soldati...
Quarto tempo: se non riesci a suscitare dentro dite un'atmosfera di gioia, guardati intorno. Va' fra la gente... partecipa ad una festa popolare. Preso dallo spettacolo di tanta allegria, dimentichi la tua pena, fino al momento in cui, inevitabile, il destino (motivo del fato) torna a farsi sentire. La gente non si occupa di te e non si accorge neppure di quanto tu sia solo e triste. Son tutti allegri, felici, dominati da sentimenti semplici e spontanei! Esci da te!... Partecipa della felicità altrui. La vita ha pure i suoi lati belli. Questa è, amica carissima, tutta la spiegazione che le posso dare. Naturalmente le mie parole sono, sotto certi aspetti, oscure e non esaurienti. La caratteristica tipica della musica istrumentale è proprio quella di non potersi facilmente spiegare a parole. Dove queste vengono meno, bisogna lasciar parlare la musica.

La nostra Sinfonia mi ha impressionato profondamente, - risponde Nadjeshda. - Che effetto doloroso e sconvolgente ha sull'animo il primo tempo! Come sono belli quei temi, quegli accordi audaci (questa musica mi elettrizza), e come conclude! C'è da uscir di senno per l'emozione.
Il secondo tempo: vorrei abbracciare ed accarezzare questa musica, tanto è splendida nella sua trasognatezza e in quelle riminiscenze di musica popolare russa.


A proposito del terzo tempo, il celebre «pizzicato ostinato», così si esprime il compositore:

Lo «scherzo» mostra un nuovo effetto strumentale dal quale mi riprometto molto. Dapprima suonano soltanto gli archi e quasi sempre «pizzicato». I «legni» cominciano il trio e sono poi ripresi da un gruppo di ottoni, essi pure impiegati «a solo». Verso la fine del «tempo», tutti e tre i gruppi si alternano in brevi frasi. Mi sembra che un tal effetto timbrico debba essere affascinante.

Lo 'scherzo' è quanto c'è di più originale - scrive l'amica. - Mi dica, Petr Iljic, mi interessa molto sapere qualcosa di più circa l'origine di questo pezzo: che cosa è nato prima nella sua mente: il motivo dello 'scherzo' o il colore dello strumentale? Mi è venuta l'idea che lei possa aver pensato prima all'effetto del 'pizzicato' e soltanto in seguito abbia trovato il tema che gli conveniva.

Ella mi chiede come io mi regoli con l'istrumentazione - risponde Petr. - Non compongo mai astrattamente, ossia l'idea musicale mi viene sempre in rapporto con una forma determinata. Così accade che io trovi il tema contemporaneamente all'istrumentazione. Quando composi lo «scherzo» della nostra Sinfonia, lo pensai fin dal principio così, come lei lo ha udito. Non si può pensare ad un altro modo di eseguirlo che «pizzicato»; sa si volesse suonare con l'arco perderebbe tutto il suo incanto.

Nel finale di questa Sinfonia (quarto tempo) il tema principale è quello del famoso canto popolare russo: «Stava una betulla in un campo». E Nadjeshda domanda:

Mi dica, mio caro, ella, nelle sue composizioni, accoglie reminiscenze della musica popolare russa in modo consapevole, oppure per un fatto estraneo alla sua volontà, in certo modo come l'espressione della sua anima russa? -
Spesso nelle mie composizioni ho avuto l'intenzione di usare qualche canto popolare russo - risponde Petr. - Talvolta però, come nel «finale» della nostra Sinfonia, questo accade spontaneamente, senza che io ne abbia affatto coscienza. Dunque, se mi servo di elementi della musica popolare russa, delle sue melodie, delle sue armonie, questo accade perché io sono cresciuto in questa terra e dalla più lontana infanzia sono stato commosso dall'indescrivibile bellezza dei canti popolari russi, perché amo tutto ciò che è russo nelle sue varie manifestazioni, in breve perché sono russo nel senso più autentico della parola.

Oggi sappiamo che Tchaikovsky s'ingannava. È vero che egli amava ardentemente tutto ciò che era russo e che russo si sentiva. Nelle sue composizioni tuttavia, come abbiamo già avuto occasione di notare, egli si mostra russo soltanto per una parte, mentre per l'altra parte risulta un vero occidentale. Resta un fatto secondario, vale a dire che un musicista come Tchaikovsky impieghi qua e là, nelle sue composizioni, temi popolari russi. Anche Beethoven fece questo ripetutamente (si pensi ai «Quartetti Rassumovski») così come Schubert usò talvolta melodie ungheresi. Nessuno potrebbe per questo considerare russo Beethoven o ungherese Schubert. Dipende piuttosto dall'atteggiamento di fondo.
Si pensi, ad esempio, in qual modo Mussorgski, nell'atto della sommossa in Boris oppure nella Fiera di Sorocinski, si sia non solo servito di canti e danze popolari, ma li abbia ulteriormente sviluppati dando così vita a un linguaggio originale, caratteristico non tanto per i singoli motivi folcloristici che vi si rintracciano analizzandolo, ma piuttosto perché tutti i pezzi sono scritti in uno stile, connaturato inconfondibilmente con la musica nazionale russa.
Nella musica di Tchaikovsky, è vero, si trovano non di rado tratti di questo genere, ma anche non poche parti chiaramente richiamabili allo spirito di Schumann e, qualche volta, anche di Mozart e di altri compositori.
Soltanto pochi contemporanei del nostro musicista furono abbastanza obiettivi per riconoscere apertamente questi rapporti. Meno di ogni altro poteva farlo Nadjeshda von Meck, totalmente votata, con tutta la forza della sua natura appassionata, alla musica dell'amico adorato.
Il 6 marzo ella scrisse da Mosca una lunga lettera, nella quale incontriamo per la prima volta il nome del polacco Pakhulski, un allievo di Tchaikovsky che sposerà più tardi Julia, figlia della signora von Meck, e che è, a quel tempo, occupato in casa di lei quale maestro di musica.

Pakhulski è rimasto stregato dalla sua Sinfonia, - ella dice - e, per alcuni giorni, non ha parlato d'altro, non ha pensato ad altro. Ogni cinque minuti si metteva al pianoforte e ne suonava dei pezzi. Ha una memoria eccellente e devo a lui l'esatta conoscenza della nostra Sinfonia che egli non smette mai di farmi ascoltare.
Dalle parole di Pakhulski vedo, amico mio, che lei si inganna ritenendo di non esser riuscito, come maestro, ad infiammare d'entusiasmo per la musica i suoi allievi. Proprio al contrario: sapesse con che sentimento di devozione, di alletto Pakhulski ricorda le sue lezioni! Afferma che una parola detta da lei era per gli allievi dieci volte più efficace di tutte le chiacchiere che devono ascoltare adesso.


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