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LUIGI BELLINGARDI

ANALISI DI
«EUGEN ONEGHIN»

Nella primavera del 1878 fu una cantante, Elizaveta A. Lavrovskaja, a suggerire a Tchaikovsky di scrivere un'opera sull'Eugen Onegin di Puskjn. Dubbioso al primo istante, il musicista poi ci ripensò, innamorandosi del soggetto quasi per un subitaneo coup defoudre. La composizione all'inizio fu rapidissima, sul libretto approntato da Konstantin Silovskij e dallo stesso musicista: definiti il 6 (18) giugno i primi due quadri, il 15 (27) giugno il terzo quasi ultimato, assieme agli schizzi del resto. Poi vi fu un'interruzione nella stesura, in coincidenza con l'infausto matrimonio di Tchaikovsky e le tribolazioni che ne seguirono. Ma già in agosto la febbre dell'Onegin lo aveva ripreso, e nell'ottobre, a Clarens, il musicista ultimò l'orchestrazione del primo atto, e a Sanremo, tra il 2 (14) e il 20 gennaio (1° febbraio) 1879 l'intero Onegin. Come rappresentare, però, questo lavoro? Scrivendo a Tane'ev, il 2 (14) gennaio 1879, l'autore confessò:

Onegin non avrà mai successo. Non troverò mai i cantanti capaci di rispondere alle mie esigenze. [...] Anziché alle sale tradizionali, ove domina la routine, preferisco affidarmi al teatro del Conservatorio ove le recite si svolgono in privato «en petit comité». [...] Se sarà pubblicato, chiamerò Onegin «scene liriche», non opera.

Nell'Eugen Onegin i registri vocali sono cosí distribuiti: la vedova Larina (mezzosoprano), le sue figlie Tatjana (soprano) e Olga (contralto), la nutrice Filipevna (mezzosoprano), Eugen Onegin (baritono), Vladimir Lenskij (tenore), il Principe Gremin (basso), un Capitano (basso), Zareckij (basso), Triquet (tenore). Contadini, invitati, ufficiali.
La prima rappresentazione di Eugen Onegin op. 24 si svolse al Teatro Malyi il 17 (29) marzo 1879 sotto la direzione di Nikolai Rubinstein. Gli interpreti furono: Maria Reiner (Larina), Marija Klimentova (Tatjana), Aleksandra Levikaja (Olga), Zinaida Konàina (Filipevna), Sergei Gileev (Onegin), Michail Medvedev (Lenskij), Vasilij Machalov (Principe Gremin, un Capitano), D.B. Tarkov (Zareckij), D.B. Tarchov (Triquet).
Ecco l'ordine degli interludi strumentali e dei 22 numeri dell'opera, secondo l'indicazione dell'autore, desunti dallo spartito pubblicato da Jurgenson il 15 ottobre 1897 nella traduzione italiana di V. Narducci (Zeno Romano): è l'edizione adottata alla première in Italia dell'Onegin, svoltasi a Milano, Teatro alla Scala, nel 1900. Ouverture. Atto primo. Quadro primo. 1 - Duetto di Tatjana e Olga, «Udiste voi il dolce gorgheggiar del rossignol»; quartetto di Tatjana, Olga, Latina, Filipevna, «Piangeste voi». 2 - Coro e danza di contadini, «Lasso il veloce piè». 3 - Scena ed aria di Olga, «Io non son triste per natura». 4 - Scena d'insieme. Larina, «Al par d'un agnellino sei». 5 - Scena e quartetto di Lenskij, Onegin, Tatjana, Olga, «Mesdames! la vostra cortesia». 6 - Scena e arioso di Lenskij, «Felice, felice io sono». 7 - Finale: Larina, «Ah! siete qui? Perché non veggo Tanja?». Quadro secondo. 8 - Introduzione e scena con la njanja Filip'evna, «Via, non vo' piti ciarlar!». 9 - Scena della lettera: Tatjana, «Sia poi quel che sarà», 10 - Scena e duetto di Tatjana e Filipevna, «Ah! ecco il giorno». Quadro terzo. 11 - Coro di contadine, «Forosette amabili». 12 - Scena e aria di Onegin, «Voi mi scriveste». Atto secondo. Quadro primo. 13 -Interludio e valzer. Scena e coro, «Brillante idea». 14 - Scena e strofe di Triquet, «A cette fête conviés». 15 - Mazurka e scena, il Capitano, «Messieurs, Mesdames». 16 - Finale, Lenskij, «Qui, signora! d'un sogno dorato». Quadro secondo. 17 - Introduzione, scena e aria di Lenskij, «Lontan, lontan da me n'andaste». 18 - Scena del duello. Zareckij, duetto Lenskij e Onegin, «Ai cenni vostri». Atto terzo. Quadro primo. 19 - Polonese. 20 - Scena Onegin solo, «Qui pur m'annoio»; Scozzese I; Principe Gremin e Tatjana. 20/a - Aria del Principe Gremin, «Ad ogni etade amor s'apprende». 21 - Scena e arioso di Onegin, «E lei, mio Dio, quella Tatjana»; Scozzese II. Quadro secondo. 22- Scena finale, duetto Tatjana e Onegin, «Ah! Povero mio cor! Ancora Onegin».
Il pubblico decretò alla première soltanto un successo di stima mentre i giudizi della critica, nel complesso, non risultarono negativi. Il frutto dell'Onegin non tardò troppo a maturare, ancora a San Pietroburgo, ma al Teatro Mariinskij, sotto la guida esperta di Napravnik, ii 19 (31) ottobre 1883. Da allora, in Russia, l'Onegin è un pilastro del repertorio. All'estero fu conosciuto la prima volta nel 1888 a Praga, quindi ad Amburgo nel 1891 sotto la guida di Mahler che fu il primo a dirigerlo a Vienna nel 1897. La prima rappresentazione in Italia si svolse alla Scala il 7 aprile 1900, sul podio Toscanini, protagonisti Eugenio Giraldoni (Onegin), Emma Carelli (Tatjana), Elisa Bruno (Olga), Pietro Zeni (Lenskij), Oreste Luppi (Gremin). La partitura, con il consueto organico, pubblicata da Jurgenson nel 1880, ha una durata d'esecuzione di due ore e venti minuti.
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ATTO PRIMO] L'«Andante con moto» dell'Introduzione, basato sul tema elegiaco di Tatjana, in un caratteristico movimento cadenzale che ritorna ostinatamente sulla dominante re della tonalità principale (sol minore), serve a mantenere il brano malinconicamente statico e sospeso. La perseveranza sulla dominante dell'Introduzione trova la sua continuità nell'insistenza della tonica del sol minore del primo brano, «Andante con moto», dell'episodio iniziale (n. 1) del primo quadro dell'atto primo. Anche la cellula ritmica di Tatjana, di tre crome in levare precedute da una pausa, è sempre insistente mentre l'accompagnamento per terzine, nella contemporaneità con le duine del canto, dona alla raffinatissima pagina un tocco di sfumata poesia. La parte centrale del duetto delle due donne mature, Larina e la Filipevna in scena, in contrapposizione al canto di Tatjana e Olga fuori scena («Moderato»), è volutamente meno fascinosa, ma secondo un'accorta intuizione tchaikovskyana si ritorna, alla fine, all'incanto nostalgico della prima idea. Nell'episodio corale successivo (n. 2), interessante appare l'impiego del tono ecclesiastico sul modo frigio e molto efficace risulta, alla conclusione dell'«Adagio», l'accompagnamento in semicrome pizzicate degli archi. Poi il corale si trasforma in un ritmo di danza russa in si bemolle maggiore, molto vigorosa e stilizzata. Dopo poche battute di Tatjana, inizia, dopo un breve recitativo, l'aria di Olga (n. 3) nell'«Andante mosso» in mi bemolle maggiore. Quel tanto di più vitale e realistico che quest'aria vuole esprimere è qui assegnato all'orchestra, nel suo accompagnamento rapido e quasi giocoso, affidato prima ai legni e poi agli archi («Poco più animato»). Nella Scena d'insieme (n. 4), le accensioni sinfoniche sottolineano quanto, in Tchaikovsky, il linguaggio delle sinfonie sia lo specchio di quello delle opere o viceversa. Il colloquio delle donne, dopo il congedo ai contadini del coro, viene interrotto dall'annuncio dell'arrivo di Lenskij con uno sconosciuto. Tatjana vorrebbe fuggir via, Olga ordina invece di farli entrare (n. 5): lo stile recitativo di conversazione prosegue in questo episodio per approdare al pezzo chiuso del Quartetto, una pagina brevissima, magistralmente disegnata nell'«Andante», ove l'autore lascia chiaramente intendere, malgrado la densità della scrittura, i diversi stati d'animo, le differenti psicologie delle due coppie. Tchaikovsky, pure in questo momento, non diversifica la musica dei vari caratteri e tale metodo compositivo, invece di impoverire il rilievo dranimaturgico, ne aumenta lo spessore, grazie a una voluta ambiguità. La musica a volte è la stessa ma quando si dà risalto a tutto tondo a un personaggio convenzionale, come Lenskij, nella Scena e arioso (n. 6), l'intuizione tchaikovskyana puntualmente abbassa la temperatura del linguaggio a toni convenzionali, legati alla moda musicale del momento. Intanto Tatjana e Onegin si sono conosciuti e iniziano a confidarsi. Il Finale (n. 7) del quadro primo procede su una situazione volutamente interlocutoria. Intanto le calme volute melodiche dell'orchestra vanno in dissolvenza verso il tremolo degli archi sul luminoso accordo stellare di la bemolle maggiore.
Il melodizzare dell'intero organico sull'inciso tematico di Tatjana continua nella breve Introduzione strumentale al secondo quadro (n. 8) nell'«Andante mosso» in fa minore, arricchito dall'inquietudine delle terzine. La prosecuzione di questa pagina serve da preludio alla celebre Scena della lettera (n. 9) ed è interessante notare il clima, quasi di nascente incomunicabilità, che si instaura tra Tatjana e la nutrice. Quest'ultima, nel «Moderato assai» in la maggiore in 2/4 su modi musicali arcaici e popolareschi, accenna al fenomeno dell'amore come a qualcosa di predestinato. E, nell'accompagnamento strumentale, stimolante appare l'abilità del compositore a rimanere in un clima oppresso e ad un tempo vago: si sente l'annuncio dell'amore come una sofferenza che però attrae. C'è un momento di tensione sulle parole di Tatjana «Soffro tanto, io mi struggo» quando, sulla tonalità di do maggiore, il tremolo degli archi spezza la diffusa e voluta dimensione sospesa della scena. All'uscita della nutrice, su un arpeggio discendente del canto ripreso dai violoncelli, si apre la vera e propria Scena della lettera in mi maggiore, affidata agli archi sul tema di Tatjana. Dopo sette misure («Allegro moderato») sul pedale di la bemolle, in procedimenti rapidi e convulsi a delineare la palpitazione del cuore della fanciulla, sono sempre nella massima evidenza gli archi, cui infine si uniscono i corni, mentre il canto inizia all'«Allegro non troppo» in re bemolle maggiore. Le quattro sezioni del monologo di Tatjana - la prima in re bemolle maggiore («Allegro non troppo»), la seconda in re minore («Moderato assai quasi andante» in 4/4), la terza in do maggiore («Moderato» in 6/8), la quarta in re bemolle maggiore («Andante» in 2/4) - risultano magistralmente fuse assieme. Accanto a qualche atteggiamento un po' retorico, si individuano, in questa affascinante pagina, momenti di straordinario rapimento, come nella prima parte dell'«Andante» della quarta sezione, quando Tatjana canta la struggente linea discendente nel dialogo strumentale con l'orchestra. Il clima morboso della notte si dilegua nella linea ascendente dell'orchestra all'avvio della scena successiva (n. 10), allorché Tatjana apre la finestra ed entra la luce del nuovo giorno: marcatissimo è il contrasto tra la tranquillità della natura e l'agitazione dell'animo della giovane. Alla ricomparsa della nutrice si riascolta in orchestra il tema di Tatjana: la musica, con atteggiamento danzante in 2/4 («Allegro moderato»), lega il serrato dialogo con la nutrice, mentre nell'«Andantino con moto» sottolinea la disperazione della fanciulla nel suo tormento amoroso.
All'avvio del quadro terzo, il «Moderato con moto» in la maggiore in 3/4 del Coro delle contadine (n. 11) a tre voci risulta un pezzo molto aggraziato, scritto con grande cura. Il clima appassionato torna improvviso con la Scena e aria di Onegin (n. 12), con Tatjana che, nel «Moderato mosso», esprime la sua ansia per l'effetto che potrà produrre la sua lettera. All'«Andante non tanto», per l'ingresso di Onegin, la musica si fa dignitosa, distaccata come il personaggio. Riprende il coretto dietro le quinte e l'atto si conclude nello stupore e nel dolore di Tatjana, che si sente colpita a morte dalla freddezza di Onegin.
L'ATTO SECONDO, quadro primo (che è il quarto nell'impaginazione tchaikovskyana), si apre con l'interludio orchestrale che si basa sull'inciso della quarta sezione della scena della lettera. La Scena e coro (n. 13) continua col valzer sinfonico, instaurando una bella pagina d'insieme, molto efficace. In stretta aderenza al senso del testo puskiniano la musica conferisce un particolare risalto al carattere dell'ambiente, tipico di una festa nobiliare d'ambito campagnolo in voga nella società russa dell'Ottocento. Di taglio volutamente convenzionale è la Scena e strofe di Triquet (n. 14) che conduce al cotillon sul Tempo di Mazurka (n. 15) e poi al «Molto meno mosso», sempre in 3/4, con la lite tra Lenskij e Onegin, il momento più affollato dell'opera e conduce, come per un maleficio, a un clima di alienazione in cui tutti gli astanti non riescono ad impedire la progressiva eccitazione di Lenskij che degenera nell'inevitabile duello. La rapidità drammaturgica dell'azione di questo quadro fa da contrappeso all'immobilità dell'intero atto precedente, nel quale a tenere banco erano stati i toni idilliaci. Il Finale (n. 16) però, con il grande arioso di Lenskij, nell'evocazione del sogno dorato della giovinezza, pur nell'efficace caratterizzazione, non si sottrae ai canoni della tradizione melodrammatica.
Il quadro secondo (quinto nell'impaginazione originaria) si apre con l'introduzione, scena e aria di Lenskij (n. 17) ove nell'«Andante» dell'orchestra viene tratteggiata, con spiccata sensibilità timbrica, l'atmosfera dell'alba nella pianura nevosa. Nella continuità di questo quadro Tchaikovsky dà prova di un mestiere sopraffino nel bilanciare le esigenze del melodramma con le esigenze dei cantanti, conferendo ad una figura come quella di Lenskij uno spessore drammatico degno di particolare attenzione, fra le settime diminuite degli ottoni e i tremoli degli archi. Si entra nel vivo della situazione con la Scena del duello (n. 18) e, in particolare, con l'arrivo del vero protagonista, Onegin («Allegro moderato»). Nell'economia della scrittura di Tchaikovsky si individua una certa fretta di liberarsi di questo incidente di percorso che avrà peso nel prosieguo della vicenda teatrale soltanto come richiamo al fato. L'intera scena si articola in tre sezioni: la prima tratteggia con vigorosi e distaccati recitativi il cerimoniale del duello; la seconda è breve ma molto caratterizzata nell'andamento a canone dei due cantanti, sul pedale della dominante di do diesis minore, con i pizzicati dei bassi all'unisono col timpano nello scandire un funebre ritmo ternario; infine la terza parte è affidata all'orchestra ed evidenzia, con magistrale efficacia, la rapida concitazione sino al colpo fatale, al silenzio e al conclusivo bel motivo dell'aria di Lenskij che acquista sempre più lo spessore di un tema del fato.
L'inizio dell'
ATTO TERZO, quadro primo (il sesto nello schema d'autore) è sul tempo della celebre Polonaise (n. 19): una pagina semplice ed intensa nei valori ritmici, melodici e armonici, nonché nella veste strumentale, sicura e brillante. Breve e lapidaria è la scena di Onegin in apertura dell'azione nel palazzo pietroburghese del Principe Gremin (n. 20) ove Tchaikovsky sceglie i modi dell'autentico melos russo per dar suono alle parole di un personaggio che supera, nella sua emblematicità, le convenzioni e le mode. Una Ecossaise («Allegro vivace» in 3/4) segue, senza soluzione di continuità, con l'intervento del coro sorretto da un ingenuo valzer moderato che, come una musica di scena, permette il dialogo dei vari personaggi della festa. Nell'«Andante sostenuto» in 2/4 si ascolta l'Aria del Principe Gremin (n. 20/a), nell'indicazione «con nobiltà e calore». Nella Scena e arioso di Onegin (n. 21) la prima parte risulta singolare nell'accompagnamento strumentale al colloquio, apparentemente convenzionale, tra Tatjana e Onegin, ove riecheggia, per l'ultima volta, il tema della lettera, affidato alle sonorità pastose nel registro grave del clarinetto che, nel crescendo, arriva a toni quasi sinistri: un momento panico, accentuato dal tremolo degli archi. Poi riprende l'ingenuo valzer, nell'«istesso tempo» di prima, e Tatjana tronca l'incontro e si allontana con il marito. Ma l'amore che non perdona travolge Onegin, sugli slanci di una musica appassionata ed enfatica, la stessa dell'inizio della scena della lettera.
La Ecossaise riprende per la rapida chiusa. Il secondo quadro dell'atto terzo (il settimo secondo l'autore) prende l'avvio con un preludio strumentale («Moderato» in 2/4) dal carattere sognante, che si agita al «Più mosso» su figurazioni sincopate, evocatrici del lontano turbamento di Tatjana, raggiungendo il fortissimo dell'orchestra per arrestarsi sul mi dei clarinetti e corni, ripetuto sui forti pizzicati degli archi. Da qui inizia il canto, sulle parole disperate che Tatjana dice a se stessa, e al «Moderato assai» ritorna il tema dell'Introduzione. All'entrata improvvisa di Onegin («Allegro non tanto»), sottolineata dalla più fremente partecipazione strumentale, Tatjana, all'«Andantino», rievoca la sua lontana storia d'amore e fa appello all'onestà di Onegin, chiedendosi perché oggi, dopo il freddo rifiuto di un tempo, voglia tormentarla. Mai nella musica romantica del tardo Ottocento si è precisata una situazione così ispirata e cosí angosciata come questa, di una donna che giungerà a ribadire ancora il suo amore ma che è ferma, come una roccia, sulla sua decisione di non cedere. L'idea tematica si modifica dall'interno, arrivando ad un pathos intensissimo quando Tatjana chiede all'amato un aiuto che non le sarà dato. La situazione è in bilico. Il fascino di questa scena sta nel fatto che qui tutto potrebbe accadere. L'intervento successivo di Onegin, nella effusa sua passionalità, appare meno interessante, ma al ritorno della voce di Tatjana («Andante») sulle parole «Io piango...», riappare l'acceso clima precedente. Anche Onegin è coinvolto nell'«Adagio quasi Largo» ove si effonde una frase nobilissima e nostalgica sulle parole «Fu presso a noi la gioia». La prosecuzione del dialogo, da questo momento innanzi, non è più possibile. Tatjana non abdica al suo proposito e si abbandona a un destino che non può e non vuole cambiare. Un marcato senso di sconfitta e di impotenza accomuna i due personaggi nella ineluttabilità dei loro cammini divergenti. E la musica lo urla con disperazione sino all'ultima battuta.