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LUIGI BELLINGARDI

ANALISI DE «LA DAMA DI PICCHE»

 

Il soggetto di questo racconto puskiniano, ove impera la molla psicologica dell'avidità legata al vizio del gioco, originariamente era stato scartato da Tchaikovsky. Ma il musicista tornò sulle sue decisioni quando Vsevolozskij, l'onnipotente direttore dei Teatri Imperiali di San Pietroburgo, gli propose un ottimo contratto. D'intesa con il fratello Modest, che aveva realizzato il libretto, la concezione drammaturgica di Tchaikovsky smontò il congegno originario della vicenda letteraria, trasferendone il baricentro dall'avidità all'amore: il protagonista può coronare il suo sogno soltanto diventando ricco ma il destino avverso lo condanna in un vortice senza scampo.
Nell'identificazione psicologica personale con il nucleo formante della storia, l'ispirazione di Tchaikovsky s'accese sin dall'arrivo a Firenze il 18 (30) gennaio 1890. E l'inventiva musicale, prendendo l'avvio dall'episodio dell'incontro di German con la Contessa per carpirle il segreto delle carte, fluì rapidamente, ultimando la prima stesura dell'opera il 3 (15) marzo, con l'orchestrazione completata a Frolovskoe 1'8 (20) giugno dello stesso anno. La partitura, pubblicata da Jurgenson nel 1891, prevede il consueto organico e una durata d'esecuzione di due ore e tre quarti. La prima italiana si è svolta alla Scala il 18 gennaio 1906, protagonista Zenatello, sul podio Mugnone.
Nella Dama di picche questi sono i registri vocali: German (tenore), Conte Tomskij (baritono), Principe Eleckij (baritono), Cekalinskij (tenore), Surin (basso), Caplickij (tenore), Namurov (basso), Maestro di cerimonie (tenore), la Contessa (mezzosoprano), Liza (soprano), Polina (contralto), la governante (mezzosoprano), la cameriera (soprano). Personaggi dell'Interludio: Prilepa (soprano), Milovzor (contralto), Zlatogor (baritono). Passanti, ospiti, giocatori.
Alla prima rappresentazione al Teatro Mariinskij de La dama di picche il 7 (19) dicembre 1890, sotto la direzione di Eduard Napravnik, gli interpreti furono: Nikolaj Figner (German), Ivan Mel'nikov (Conte Tomskij), Leonid Jakovlev (Principe Eleckij), Vasilij Vasil'ev (Cekalinskij), Hjalmar Frey (Surin), Konstantin Kondaraki (Caplickij), Vladimir Sobolev (Namurov), Vasilij Efimov (Maestro di cerimonie), Marija Slavina (la Contessa), Medeja Figner (Liza), Marija Dolina (Polina), Marija Piltz (la governante), Julia Junosova (la cameriera). Personaggi delI'Interludio: Ol'ga Olgina (Prilepa), Nina Fride (Milovzor), Aleksandr Klimov (Zlatogor).
Ecco l'elenco dei brani orchestrali e dei capoversi dei 24 numeri dell'opera, secondo lo spartito originario e la versione ritmica italiana di Bruno Bruni: Ouverture. 1 - Atto primo. Quadro primo. Coro dei bambini e delle domestiche, «Giro, girotondo». 2 - Scena e arioso di German, «Non posso dirti chi ella sia». 3 - Coro dei passeggiatori e scena, «Ecco, il sol squarciò la nube». 4 - Quintetto: Liza, la Contessa, German, Conte Tomskij, Principe Eleckij, «Io tremo» e scena. 5 - Scena e ballata del Conte Tomskij, «Ah, m'ascoltate allor». 6 - Scena conclusiva. Temporale. 7 - Quadro secondo. Duetto Liza, Polina, «Annotta! Volano pel ciel le nubi d'oro». 8 - Scena e romanza di Polina, «Sapessi la canzon» e canto russo con coro. 9 - Scena e arioso della governante, «Mesdemoiselles, mon Dieu, combien de bruit». 10 - Scena conclusiva: Polina, Liza, «Perché son tanto triste e piango ognor?»; German, la Contessa. 11 -
Atto secondo. Quadro primo. Interludio. Coro degli ospiti, «Lieto il canto s'espande» e scena. 12 - Scena e aria del Principe Eleckij, «No, resta un solo istante». 13 - Scena, German, «Tre Carte! sapendole, ricchezze avrei». 14 - Interludio «La pastorella sincera». 14/a - Coro dei pastori e delle pastorelle, «Su queste verdi sponde». 14/b - Sarabanda. 14/c - Duetto di Cloe e Dafni, «L'amante tuo fedel». 14/d - Finale: Zlatogor, «Vuoi dirmi, pastorella». 15 - Scena conclusiva: duetto German, Liza, «Ahimè! Via, via demone». Coro degli ospiti, «La Zarina, l'Imperatrice vien». 16 - Quadro secondo. Scena e coro. German, «Non visto penetrai furtivo». 17 - Finale. German, «No, non temete». 18 -
Atto terzo. Quadro primo. Interludio e scena. German, «Che pena!». 19 - Scena, German, «Desto son? che c'è?». 20 - Quadro secondo. Scena e arioso. Liza, «È mezzanotte presto». 21 - Scena e duetto Liza, German, «Per sempre uniti». 22 - Quadro terzo. Coro di giocatori, «I pensieri gravi obliamo» e scena. 23 - Canzone di Tomskij, «Se le belle avesser l'ali» e coro. 24 - Scena conclusiva: Cekalinskij, «Al gioco, miei signori».
L'Introduzione («Andante mosso» in 12/8) si basa sull'intarsio di elementi melodici presenti in diverse forme in tutta l'opera, tra cui si evidenziano l'ossessivo tema delle carte e la frase dell'amore di German e Liza nel suo anelito tristaneggiante. L'opera si apre («Allegro commodo») su una vasta scena d'insieme (n. 1) con l'intervento del coro articolato in varie sezioni. Si entra subito nel tema del dramma con Cekalinskij e Surin (n. 2) che s'informano («Moderato») sullo stato anormale del protagonista, German. Alla apparizione di quest'ultimo e al suo racconto esaltato di un amore ossessivo, si staglia in orchestra l'assolo del violoncello. La musica ritrova un incedere realistico quando intervengono gli altri personaggi, poi ritorna la scena d'insieme (n. 3) nel clima tipico di un giorno di festa.
Arriva il Principe Eleckij e nell'«Andante non tanto» quest'ultimo e German esplicitano il diverso loro stato d'animo, poi con la Contessa, e Liza, sul ritmo scandito dei corni, e con Tomskij, si giunge al Quintetto (n. 4) ove tutti sembrano consapevoli dell'incombere di un dramma, con l'incontro fatale tra German e Liza. Il racconto di Tomskij («Quasi andante») sul valore magico delle tre carte (n. 5), ha un andamento di ballata, piuttosto convenzionale, pur se, alle parole «tre carte», c'è una cadenza su un motivo discendente che Tchaikovsky sembra associare all'idea della morte. Il Finale del primo quadro a forti tinte («Allegro moderato») con il temporale (n. 6), a cui si contrappone la tempesta nel cuore di German, determina una situazione teatralmente pericolosa che l'autore controlla con stringatezza.
All'avvio del quadro secondo, il duetto di Liza e Polina (n. 7) è un delizioso brano di raffinata magia armonica («Andantino mosso»). Il suono del pianoforte accompagna poi la canzone, di intonazione popolare russa, di Polina «A me nemico è il ciel» nell'atmosfera disperata di una infelice storia di amore (n. 8), cui si contrappone una canzone-danza, allegra e vivace, della stessa Polina e delle amiche, «Vien lo sposo e batte all'uscio». Un brioso movimento orchestrale sul recitativo della Governante (n. 9) conduce alla fine alla confessione di Liza, a se stessa (n. 10), di esser perdutamente innamorata. In questo alternarsi di sentimenti, la scrittura strumentale si insinua tra le pieghe del testo con grande elasticità, modernità e libertà di atteggiamenti. Con l'apparizione di German, ritorna il fuoco del sentimento estroverso nel lungo assolo del tenore («Moderato agitato») sull'ostinato dei pizzicati dei violoncelli e contrabbassi per attingere, nell'«Andante» in 3/4, una sublimazione di straordinaria efficacia.
In un rapido improvviso intervento, la Contessa, che batte all'uscio, interrompe sinistramente il clima di una felicità quasi raggiunta. Sulle strappate del ritmo ostinato della Contessa, German ricorda la predizione delle tre carte, mentre l'orchestra sembra anticipare il senso dell'abisso mortale del Finale della Sesta Sinfonia.
Il primo quadro del secondo atto inizia con un Interludio e con un coro (n. 11) di impostazione accademica e volutamente classicheggiante. Nell'episodio successivo (n. 12) vi è l'aria del Principe Eleckij («Andantino mosso») ove la musica bene interpreta la nobiltà degli accenti di questo personaggio, ma, in netta antitesi, la scena seguente (n. 13) cambia subito registro nella sottolineatura della fosca e contorta personalità di German. Il clima aristocratico ritorna nell'Intermezzo (n. 14) che si articola in una pagina corale, seguita dalla danza dei pastori e delle pastorelle, dal duetto tra Prilepa e Milovzor e dalla conclusione con Zlatogor, su un mozartianeggiante «tempo di minuetto».
Dallo stile settecentesco la musica gradatamente arriva al magma incandescente tchaikovskiano sul rapido scambio di battute degli amici in maschera, che German crede spettri, al breve incontro con Liza e al culmine della festa per l'arrivo della Zarina che, nella sua pomposità, accentua la vacuità della società ufficiale di fronte ai drammi dei singoli. Con l'inizio del secondo quadro (n. 16) le tinte si fanno livide. All'entrata di German («Andante mosso») le viole, nell'incalzante loro iterazione di una sestina di semicrome, danno, anch'esse, il senso dell'ossessione ma, quando il protagonista manifesta il dubbio con parole enigmatiche, si ascoltano brevemente i soli fiati. In scena la servitú prepara la stanza per l'ingresso della Contessa, e nella musica vi è un curioso connubio tra classicismo e popolaresco. Quando però la giovane dichiara di abbandonarsi al suo destino, qualunque esso sia, riecheggia in orchestra il famoso tema discendente che si lega all'idea della morte.
Per la Contessa, il suo monologo, l'orchestra ne sottolinea il carattere con gli accenti alienati del clarinetto. Qui Tchaikovsky, con felice intuizione, inserisce una canzone di Grétry, «Je crains de lui parler la nuit» (dall'opera Richard Coeur-de-Lion), allontanando sempre di piú, in una dimensione onirica, l'enigmatico personaggio della Contessa. E cosí, viene ad assumere una maggior evidenza il ritorno alla musica autentica del dramma, e alla sua modernità, nell'intervento di German (n. 17) con gli impressionanti cromatismi, le alterazioni armoniche, i colori sempre piú foschi. Il lungo monologo di German è percorso da una concitazione febbrile per sfociare nella follia omicida.
Dopo lo sgomento, la staticità del «Moderato assai», allorché German si accorge che la Contessa è morta. L'entrata di Liza, con la sua disperazione, viene scandita da un impressionante «Molto vivace» sincopato che chiude il secondo atto sul tema degli ottoni.
L'inizio del quadro primo del terzo atto (n. 18) si basa sul salmodiare agli archi dei modi liturgici che anticipano il ricordo ossessivo del funerale della Contessa e l'emozione del coro degli spettri. A un primo squillo di tromba e rullo di tamburo in lontananza, lo stesso procedimento liturgico va agli ottoni. Dopo un breve, ma molto espressivo, periodare fino al fortissimo per poi diminuire nel pianissimo, ritorna il salmodiare degli archi questa volta piú vicini, per terminare nell'assolo cupo del clarinetto basso su cui German legge la lettera pervenutagli da Liza.
Comincia cosí la parte piú originale dell'opera ove, con intuizioni da manuale psicoanalitico, viene descritto il complesso di colpa che sconvolge la mente del protagonista. Il suo recitativo, sui colori e i ritmi singolari dell'orchestra, il coro degli spettri fuori scena, la contrapposizione tra il salmodiare allucinato e l'angoscia sempre crescente di German, piombano nel pianissimo, ai limiti dell'udibilità, dell'inizio del «Moderato con moto» (n. 19). L'orchestra interpreta la sconfitta di German, ormai in preda alla follia, sempre sulla ripetizione del tema fatale e attinge l'estremo forte dell'«Andante non tanto» sui cromatismi discendenti degli ottoni. La continuità del discorso musicale, stringato ed essenziale, conduce, pur nelle rapidissime accensioni sonore, all'agghiacciante effetto magico del declamato dello spettro su una nota sola che si conclude con la rivelazione delle tre carte, «tre-sette-asso».
Il presagio del fiume, con la sua carica simbolica, è subito tratteggiato dall'orchestra all'inizio del secondo quadro (n. 20), su un andamento ondulante degli archi («Moderato assai»): su questo tessuto strumentale, denso e nervoso, Liza inizia il recitativo che sfocia («Andante molto cantabile») nella celebre sua aria, condensata in una forma chiusa di romanza. Al massimo della disperazione di Liza («Moderato mosso»), nella seconda parte dell'assolo (n. 21), compare German. All'«Andante con moto» in 9/8, c'è una illusoria, breve parentesi di felicità. Poi subentra il ritorno all'ossessione («Moderato assai, quasi andantino»): Liza disperatamente contrappone la sua passione al delirio lucido di German, con l'orchestra che prende il sopravvento, per chiudere in un terrificante, apocalittico «forte» il quadro con il suicidio della giovane che si getta nel fiume.
La prima parte, in tempo di mazurca, del terzo quadro (n. 22) è improntata ad un clima salottiero, un po' convenzionale, tra l'«Andante» in 2/4 del canto di Tomskij (n. 23) e il ritmo serrato («Allegro molto vivo») di una danza popolare russa. Con l'arrivo di German (n. 24) il dramma attinge l'apice («Andante moderato»). L'alienazione del protagonista sul tema delle tre carte affidato al trombone, gli interventi serrati dei vari personaggi, i rapidi commenti del coro, condensano magistralmente il gioco vincente di German. Il ritmo si arresta sul brindisi amaro di German. Inizia poi il gioco mortale e, sul «Moderato assai», German ritorna in sé e il suo canto diventa cosciente ed umano («Andante sostenuto»). E il coro commenta la tragica vicenda con accenti di pietà («in modo dolcissimo») con l'orchestra che stempera le sue sonorità in pianissimo mentre cala il sipario.