I dizionari Baldini&Castoldi

Vita per lo zar, Una di Michail Glinka (1804-1857)
libretto di Egor Rozen

[Zizn’za carja] Opera in quattro atti e un epilogo

Prima:
Pietroburgo, Teatro Bol’šoj, 27 novembre 1836

Personaggi:
Ivan Susanin, contadino del villaggio di Domnino (B); Antonida, sua figlia (S); Bogdan Sobinin, suo fidanzato (T); Vanja, orfano, figlio adottivo di Susanin (A); il capo del drappello polacco (Bar); il capo del drappello russo (B); il messaggero polacco (T); soldati, nobili, contadini polacchi e russi



Prima opera del compositore e prima opera russa rappresentata all’estero (Praga 1866), nacque dall’amicizia di Glinka con il poeta (e precettore dei figli dello zar) Vasilij Žukovskij, che suggerì non solo il soggetto e il profilo del protagonista, l’eroica figura del contadino pronto a sacrificare la propria vita per difendere quella dello zar Michail, primo della dinastia dei Romanov, ma anche il librettista, il barone Egor Rozen, segretario dell’erede al trono. La scelta del celebre episodio rientrava nel clima di esaltazione dei valori nazionali e dell’autocrazia zarista a cui Glinka aderì nel 1834, al suo rientro da un lungo viaggio all’estero, su sollecitazione di Žukovskij. Alla stesura del libretto collaborarono lo stesso Žukovskij (a lui si deve l’epilogo, esplicita apoteosi dell’ideologia zarista), lo scrittore Vladimir Sollogub (i cori iniziali e la cavatina di Antonida del primo atto) e l’amico e poeta Nestor Kukol’nik (la scena di Vanja davanti alle porte del monastero nel quarto atto, aggiunta nel 1897, dopo la prima rappresentazione, per ampliare il ruolo del contralto Anna Vorob’ëva, che aveva avuto uno strepitoso successo come interprete di Vanja). Glinka cominciò a comporre nel 1834 sulla base di una traccia stesa da Žukovskij, spesso precedendo il lavoro del librettista: alla fine dell’anno successivo l’opera era pronta. Il titolo primitivo, Ivan Susanin , venne mutato in Una vita per lo zar su suggerimento dello stesso zar Nicola I, cui l’opera era dedicata: venne poi ripristinato nel 1939, in una nuova versione dell’opera ‘sovietizzata’ a opera del poeta Sergej Gorodeckij, con qualche interpolazione e attenuazione del tono troppo filozarista. La ‘prima’ fu un evento, non privo di polemiche, nel mondo musicale della capitale: l’opera fu definita a buona ragione il punto di svolta tra passato e futuro della musica russa, e trovò tra i suoi più accesi sostenitori letterati famosi come Puškin, Gogol’, Herzen.

Atto primo . Nel villaggio di Domnino. I contadini cantano la fedeltà allo zar e salutano l’arrivo della primavera; Antonida, figlia di Susanin e fidanzata di Sobinin, è felice per l’avvicinarsi del giorno delle nozze (“V pole cistoe gljažu”, ‘Guardo l’ampio campo’). Entra Susanin e gela la gioia della figlia: non ci sarà matrimonio finché il futuro del paese resterà incerto. Sobinin porta la notizia che l’esercito di Požarskij ha sconfitto i polacchi, e che il nuovo zar Michail Romanov è stato eletto dall’assemblea dei boiari: Susanin benedice gli sposi e tutti si rallegrano.

Atto secondo . In un palazzo polacco si sta svolgendo un ballo con militari e civili. Arriva un messaggero con la notizia della sconfitta polacca e dell’elezione del nuovo zar, che esclude così il pretendente polacco, il principe Wladislaw. Un drappello di soldati viene immediatamente spedito a Kostroma, dove risiede il nuovo zar, per farlo prigioniero.

Atto terzo . Susanin annuncia al figlio adottivo Vanja l’elezione dello zar Michail: ai timori del ragazzo per una possibile rappresaglia polacca, Susanin risponde che nessuno riuscirà a trovare il nuovo zar, ben nascosto in un monastero. Antonida e Sobinin si uniscono in un quartetto di felicità e speranza. Arriva un drappello di soldati polacchi che, fingendosi in missione ufficiale, chiede di essere portato in presenza del nuovo zar. Susanin prima rifiuta poi, minacciato, finge di accettare: cercherà di condurli fuori strada e intanto manda Vanja al monastero ad annunciare l’imminente pericolo. Antonida, intuendo che la vita del padre è in pericolo, si dispera, in presenza delle amiche venute a festeggiare il fidanzamento. Sobinin, alla notizia dell’arrivo dei polacchi, si mette a capo di un gruppo di contadini pronti alla vendetta.

Atto quarto. Sobinin, con i contadini in armi, è sorpreso da una tempesta nella foresta, ma li incoraggia a non desistere (“Bratci, v metel”, ‘Fratelli, nella tempesta’). Vanja arriva al monastero e mette al corrente della situazione i monaci e lo zar (“Bednyj kon’ v pole pal”, ‘Il povero cavallo è caduto nel campo’). Irritati con Susanin, che non li ha ancora condotti dallo zar, i polacchi decidono di fermarsi nella foresta per la notte e si addormentano. Susanin sa di avere le ore contate e aspetta l’alba pregando e meditando (“Ty pridëš moja zarja”, ‘Vieni, mia alba’): quando è sicuro che Vanja ha avuto il tempo necessario per compiere la missione, rivela ai polacchi l’inganno e viene ucciso. Sobinin con i suoi attacca i polacchi, ma troppo tardi per salvare Susanin.

Epilogo . Sulla Piazza Rossa di Mosca una folla immensa attende l’inconorazione dello zar Michail: sono presenti anche Antonida, Sobinin e Vanja, affranti per la morte di Susanin. I soldati li confortano, assicurandoli che lo zar non dimenticherà il sacrificio dell’eroe. Tutti intonano l’inno di gloria allo zar (“Slav’sja, slav’sja, naš russkij Car’”, ‘Gloria, gloria al nostro zar russo’).

Da un punto di vista musicale, l’opera si muove su un’antitesi evidente: l’ambito russo e l’ambito polacco. Mentre la linea scelta dal compositore per l’ambito polacco è basata su ritmi di danza (mazurka, pas de quattre , polonaise ) e su declamazioni corali abbastanza impersonali, per quello russo emerge una ricchezza melodica del tutto sconosciuta alla musica russa del tempo, dovuta sia alla vasta cultura assorbita su scala europea (Glinka aveva sentito in Italia le opere di Rossini e Bellini, in Germania quelle di Weber e Beethoven) sia a un attento studio del patrimonio musicale russo colto (panegirici e cantate del tardo Settecento e del primo Ottocento) e popolare (canti e cadenze rituali alla base, per esempio, del coro delle fanciulle che festeggiano il fidanzamento di Antonida). Motivo unificante il tema trionfale del coro finale “Slav’sja”, diventato subito una sorta di secondo inno nazionale, che affiora fin dal primo atto nell’aria di Susanin (accompagnato dal coro) “Car’, Zakonnyj car’” (‘Zar, legittimo zar’); ritorna nel terzo, all’annuncio dell’elezione, quando tutta la famiglia di Susanin cade in ginocchio (“Bože, Bože, ljubi Carja, Bože proslav Carja”, ‘Signore, Signore, ama lo zar, Signore, dà gloria allo zar’) e di fronte ai soldati polacchi, quando Susanin afferma la sua lealtà e il suo amore per il sovrano.

f.m.

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