"C r i s t o   M a e s t r o"... i l  S i t o
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L'incontro coi suoi fratelli è un altro momento grandemente rivelativo della personalità risanata di Giuseppe. Dal modo come affronta questo incontro, e le sue conseguenze, si vede chiaramente che egli non è un uomo interiormente malato, come si porta dentro per decenni delle ferite che tornano sempre a sanguinare tutte le volte che vengono sfiorate o dai propri ricordi o dalle parole altrui. Quello che si può dire con certezza è che Giuseppe è un uomo totalmente guarito nel suo animo. I suoi fratelli, invece, non sono affatto guariti del loro antico gesto, come si vedrà.
Giuseppe riconosce i suoi fratelli ma si comporta da estraneo; dall'altro lato i suoi fratelli sono convinti di trovarsi dinanzi al potente viceré di Egitto e non sospettano neppure lontanamente la sua vera identità. A questo punto vengono alla luce altre sfaccettature della personalità di Giuseppe: il suo grande potere politico, abbinato a una atroce ingiustizia subita molti anni prima, non fa di lui un vendicatore di se stesso. Avrebbe potuto colpirli duramente a suo piacimento e nessuno avrebbe sindacato l'operato del gran visir di Egitto. Questo fatto ci dà la dimensione della guarigione interiore di Giuseppe. Egli è evidentemente un uomo profondamente riconciliato con la sua storia e col suo passato. Se manterrà un atteggiamento duro verso i suoi fratelli ciò non sarà per spirito di vendetta, ma per avere modo di saperne di più sulla sua famiglia, come si vede dal seguito dalla storia. I sospetti che Giuseppe manifesta su di loro li spingeranno infatti a parlare molto del loro padre e di Beniamino, loro fratello minore, che egli non aveva conosciuto(cfr. Gen 42,9-17).
A nessuno di noi è realmente possibile assumere un atteggiamento totalmente positivo verso il presente e verso le circostanze attuali, se il cuore non è radicalmente guarito dalle ferite del passato. Il primo segno della guarigione interiore è un animo non bisognoso di farsi giustizia da sé per i torti subiti nel passato. Dall'altro lato, quando Giuseppe si mostra così duro verso di loro, essi si dicono l'un l'altro: "Certo su di noi grava la colpa nei riguardi di nostro fratello… Ruben prese a dire: Non ve lo avevo detto io: Non peccate contro il ragazzo? Ma non mi avete dato ascolto. Ecco ora ci si domanda conto del suo sangue" (Gen 42,21-22). Così viene alla luce la loro ferita non guarita. In quel lontano passato, avevano tramato contro Giuseppe per sbarazzarsi di lui, ma quel gesto di odio ha evidentemente ferito più loro che lui; dinanzi alla apparente durezza del visir, risorge il fantasma del loro rimorso. Sanno di essere degni della riprovazione divina e ogni circostanza che li mette alla prova è per loro come un castigo. E' molto significativo come l'odio in realtà possa ferire più chi odia che chi è odiato. Chi è odiato ingiustamente ha sempre dalla sua parte il Signore, che lo sostiene e lo guarisce. Per questo Giuseppe è guarito, mentre essi non lo sono.
Essi parlano in ebraico e non sanno che Giuseppe li capisce, perché fino a quel momento aveva parlato in egiziano, servendosi di un interprete. Dinanzi alla rievocazione di quel momento, Giuseppe non riesce a contenersi, ma evita di lasciar trasparire la sua commozione: "Si allontanò da loro e pianse" (Gen 42,24).
Questo è il secondo segno della guarigione interiore: un cuore capace di commuoversi. Alla presenza dei suoi fratelli, Giuseppe si sente sopraffatto soltanto dalla commozione, mai da altri sentimenti come l'ira o il risentimento o la sete di vendetta. Quando noi guariamo dalle nostre malattie interiori, acquistiamo un cuore che si commuove e che sente la compassione, anche di fronte ai propri nemici. Per Giuseppe, aldilà della sua storia e delle sue vicissitudini, la cosa che più conta è avere ritrovato la sua famiglia: si commuoverà di nuovo dinanzi al fratello nato dopo la sua partenza e che lui non aveva perciò potuto conoscere. Di nuovo si dovrà chiudere in camera per poter piangere senza essere visto e senza destare sospetti (cfr. Gen 43,29-30). Solo dinanzi al discorso di suo fratello Giuda (cfr. Gen 44,18-34), che si oppone alla richiesta di Giuseppe di lasciare Beniamino con lui, non riuscirà più a fingere: "Io sono Giuseppe! E' ancora vivo mio Padre?" (Gen 45,3).

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