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GENESI DELLA «JOSEPHSLEGENDE»

ALLA LUCE DEL CARTEGGIO

HOFMANNSTHAL - STRAUSS

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Hugo von Hofmannsthal - Richard Strauss

EPISTOLARIO



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Biblioteca Adelphi
A cura di Willi Schuh
Con la prefazione di
Franz Strauss
alla edizione del 1926.
Edizione italiana
a cura di Franco Serpa.
 
Prima edizione 1993
pp. 806
Euro 43,90

iBS Italia - Liber On Web

RISVOLTO
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Rodaun, 23.6.1912

Mio caro dr. Strauss
[...] Insieme a Kessler*, che ha il dono di una fantasia veramente fertile, soprattutto dal punto di vista pittorico, ho scritto un breve balletto per i Russi, Joseph in Agypten, l'episodio con la moglie di Putifar, l'adolescente Giuseppe destinato naturalmente a Nijinsky, l'uomo più straordinario che possiedano i palcoscenici oggi.

Domani o dopodomani Le spedirò l'abbozzo dattiloscritto. Per piacere, lo legga bene, anche puntando al pittorico, all'estetico, con quell'animo che a suo tempo Le fece inventare un balletto Boucher-Fragonard-Watteau.[Si riferisce all'abbozzo di Kythere] Il buono nell'abbozzo è di ordine duplice, se non sbaglio: l'idea di trattare il soggetto biblico con i costumi di Paolo Veronese e nello spirito di Paolo Veronese e, dal punto di vista puramente drammatico, la netta antitesi dei due protagonisti che alla fine sbocca in un'opposizione inconciliabile, l'uno su nel cielo luminoso, l'altra alla morte repentina e alla dannazione. Quanto sia buona la realizzazione, giudicherà Lei.
Lo legga e mi faccia sapere il Suo giudizio in un paio di giorni. Anche se non lo mette in musica Lei, non posso d'altra parte togliere ai Russi questo mio lavoro (Diaghilev e Nijinsky conoscono l'abbozzo). Tuttavia mi adoprerei in ogni maniera per modificare la forma di collaborazione col musicista scelto da Diaghilev, russo o francese che sia, affinché risulti chiaro che per me si è trattato soltanto di aiutare con un mio lavoro il ballerino, non già il musicista in questione. [...]
*HARRY KESSLER, conte von (1868-1934). Diplomatìco e letterato tedesco, nato a Parigi. Collaborò con D. von Liliencron e R. Dehmel alla rivista «Pan», fondata da O. J. Bierbaum e J. Meier-Graefe; nel 1913 fondò la casa editrice Cranach-Presse di orientamento antimilitarista e antinazionalista. Amico di Hofmannsthal, collaborò al soggetto del Rosenkavalier e scrisse il libretto della Josephslegende. Nel 1961 sono usciti i suoi diari, Tagebücher, foltissimi di notizie (a cura di W. Pfeiffer-Belli, Insel Verlag, Frankfurt a.M.), e nel 1968 il suo epistolario con Hofmannsthal, Briefwechsel 1898-1929 (a cura di H. Burger, Insel Verlag, Frankfurt a.M.). Ricco di documenti anche il Tagebuch eines Weltmannes, catalogo di una mostra su Kessler allo Schiller-Nationalmuseum di Marbach am Neckar (Marbacher Kataloge 43). NACHLASS KESSLER
Maurice Denis et le comte Harry Kessler, 1902-1913
Rodaun, il 23.6.12

Mio caro dr. Strauss, [...].
Che Joseph Le vada bene come occupazione intermedia mi rallegra assai, e di ciò saranno felicissimi Kessler e i Russi che l'avevano desiderato ardentemente. Per gli aspetti economici Diaghilev verrà da Lei a Garmisch da Londra, ma prima Le chiederà lui stesso quale momento è per Lei adatto al colloquio. È un russo del genere più attraente, un gentiluomo di campagna più che un impresario, eppure è un ottimo uomo d'affari, né vago né gretto; credo che Ella si spiegherà benissimo con lui e che non ci vorrà molto a definire ciò che è possibile e ciò che è giusto.

La somiglianza con Salome-Jochanaan è in realtà solo apparente. In effetti si tratta di due coppie entro le quali ogni personaggio è diversissimo dal corrispondente dell'altra; anche il rapporto è diversissimo. La somiglianza tra Elettra e Amleto è assai maggiore, perché tutti i motivi di fondo sono identici, ma con Elettra chi mai pensa ad Amleto!
Le toccherebbe sforzarsi molto per rendere veramente simili nella musica i due soggetti, e allora forse Le riuscirebbe - ma a stento.
Del resto, su questo punto legga le righe di Kessler che Le accludo, molto intelligenti, come tutto ciò che viene da lui. Cordialmente Suo

Hofmannsthal

Garmisch, il 2 luglio 1912

Mio caro signor von Hofmannsthal!
Dunque, ancora una volta, Joseph è straordinario: l'ho divorato! Ho già cominciato ad abbozzarlo. Le argomentazioni del conte Kessler non mi convincono del tutto in verità, ma, comunque sia, aggirerò lo scoglio, soprattutto se nel libretto (forse nell'elenco dei personaggi) è ben delineato il carattere della signora Putifar.

Il titolo non può essere Joseph in Ägypten perché così si chiama una nota opera di Méhul che ancora si rappresenta. Ma Joseph bei Potiphar.
[...]
Hinterbrühl, Hauptstraße 19
dopodomani Aussee, Obertressen 1

9.VII.[1912]

Mio caro dr. Strauss,

[...] Ho meditato sulla presunta somiglianza tra il balletto e la Salome, con la migliore volontà di essere sincero con me stesso, ma non riesco proprio a riscontrare alcuna concordanza oltre questa: nei due lavori una signora pretende da un signore ciò che noi siamo avvezzi a vedere preteso su un palcoscenico da un signore, e dalla signora concesso o non concesso. In questo punto i due lavori si toccano, ma poi, a mio modo di vedere, prendono direzioni opposte, perché tra le due signore e tra i due signori ci corre un mondo, e anche le forme del desiderio, l'umana atmosfera e, condizionato da questa, il carattere particolare della tensione emotiva sono infinitamente diversi - a me, non musicista, sembra di sentir suonare strumenti affatto diversi quando penso ai due della Salome e ai due del balletto. [...]

Garmisch, il 21 luglio 1912

Caro signor von Hofmannsthal!
[...] Il libretto del balletto mi piace sempre in modo straordinario, è un capolavoro, e mi ci metto più presto che posso.
Il conte Kessler e il russo saranno qui il 3 agosto. Dunque io devo soltanto fissare col direttore le mie condizioni? Riguardo alle Sue, ha già messo tutto in chiaro con lui? [...]

Aussee, 24.7. [1912]

Mio caro dr. Strauss!
Molte grazie per le Sue righe e per il pensiero affettuoso sul nostro balletto. Io lo considero rivolto a me e anche a Kessler: in lui, quando verrà a casa Sua con Diaghilev, La prego di vedere un collaboratore nel pieno senso della parola. Questa forma d'arte è forse l'unica che consente un'effettiva, intima collaborazione di due persone dotate di una certa fantasia visiva, e in questo balletto io ho fatto meno e Kessler più di quanto Ella possa immaginare. La parte economica è già risolta grazie alle Sue righe amichevoli. Con i Russi separatamente io non ho (o meglio: noi, Kessler e io, non abbiamo) stabilito nulla, ma ho fatto soto sapere a Diaghilev il criterio della nostra spartizione, quello che abbiamo avviato tra noi e che io considero giusto (25%:75%); egli lo ha accettato volentieri. [...]

Il lavoro avrà la prima esecuzione nel maggio 1913 a Parigi, allo Châtelet, con l'orchestra che Lei sceglie. (Oreste-Nijinsky, Clitemnestra-Ida Rubinstein, Elettra-Grete Wiesenthal). Poi Ella riconosce ai Balletti russi l'esclusiva assoluta per la durata di due anni.
Dal maggio 1915 Ella può disporre della sinfonia per tutte le sale da concerto del mondo.
Per l'esclusiva dei primi due anni Diaghilev Le paga 40.000 franchi, compreso il materiale - di questi, 10.000 franchi toccherebbero a me (e il balletto può avere un numero indeterminato di repliche).Da maggio 1915 a maggio 1918, anche con la liberazione della sinfonia, Ella assicura ancora a Diaghilev l'esclusiva per il teatro. Per questo Diaghilev versa a Lei (= a noi) 500 franchi per ogni rappresentazione nelle sue tournées in tutta Europa. Le garantisce un minimo di 10 rappresentazioni l'anno, che paga sempre in anticipo.

P.S. Diaghilev è un vero gentleman, un gran signore, che ha più o meno sacrificato il suo grande patrimonio alle attività artistiche. Come mi ha già dimostrato con i suoi calcoli, a queste condizioni egli paga il massimo di ciò che può pagare per un lavoro di 30 minuti (un quarto della serata), ma lo fa con la massima gioia.
S'intende naturalmente che Ella dovrebbe definire tutto questo con lui, in un contatto diretto o tramite Fürstner [editore tedesco]; io ho voluto solo darLe in anticipo un certo orientamento.
E ora la risposta alla Sua domanda riguardo Parigi-Vienna-Berlino. Qui, dopo una seria riflessione, sarei costretto a pregarLa, nel modo più caldo e nel comune interesse, di non limitare troppo per i Russi i margini di sfruttamento. I Russi operano con prestigio crescente nelle grandi città europee, a prezzi altissimi nei maggiori teatri - perciò naturalmente in stagioni non molto lunghe. Un numero fiacco del loro repertorio cade subito, mentre uno dei loro grandi successi (come Shéhérazade o Le spectre de la rose, fulgida creazione di Nijinsky su musica di C.M. Weber) non sono assolutamente in grado di sfruttarlo a fondo, né in senso artistico né in senso economico, in 2 sole stagioni a Parigi e a Londra. La loro impresa è in crescendo, non sono ancora stati in America del Nord, America del Sud o Australia, nonostante le più cospicue offerte. Non si può prevedere quante volte e dove possano portare un Suo lavoro con una parte di spicco per Nijinsky - ma Parigi, Berlino, Londra devono restare la base per un successo che si rinnova di continuo nel corso di due, tre o quattro stagioni. Si abitui, La prego, a questa concezione che certo non è sbagliata. Io la espongo in via del tutto personale perché di queste cose non ho mai parlato con D., non l'ho più visto da quando ho abbozzato il soggetto e ho solo scambiato con lui un paio di brevi telegrammi.
Un altro punto: come immagina Ella in realtà queste esecuzioni a Berlino, Vienna, ecc.? Con quale genere di interpreti? Perché senza dubbio, almeno per Giuseppe e per la donna, si tratta dell'unione della migliore arte drammatica con quella coreutica. Non voglio brandire un'angosciato «veto», questo non sarebbe in alcun modo il caso tra noi due - ma Ella certo ritiene impossibile, come me, che una cosa del genere sia mai mimata, per esempio, a Francoforte, a Dresda, ad Amburgo, con forze locali. E quello che Lei ci guadagna in cambio, a mio parere, non è spregevole: Buenos Aires e Madrid, Varsavia, Sidney, Chicago, ecc., ecc.
Per piacere, mi rassicuri al riguardo. Mi faccia sapere le Sue idee. Questo non tocca certo Diaghilev, ma tocca me in sommo grado. Sono tutto nelle Sue mani, - perché non intendo buttare all'aria ogni cosa, facendo difficoltà. Ma immagini di essere Lei allo stesso modo nelle mie mani, e che io facessi suonare in giro la Sua musica dai più dozzinali girovaghi del Prater, dalle bande dei circhi, ecc. La prego di scrivermi in breve prima che Kessler venga da Lei con Diaghilev e Nijinsky. Cordialmente Suo,

Hofmannsthal

Garmisch, 26.7.12

Mio caro signor von Hofmannsthal!
Grazie della gentile lettera. Può star sicuro che con i Russi tratterò nel senso da Lei indicato.
Con i migliori saluti e molti auguri di un'estate fruttuosa e «senz'ombra», Suo

dr. Richard Strauss

Garmisch, 11 sett. 1912

Caro signor von Hofmannsthal!
[...] Joseph non procede spedito come pensavo. È proprio il casto Giuseppe che non mi attrae molto, e quando una cosa mi secca non mi è facile metterla in musica. È il caso di un Giuseppe che cerca Dio, - mi ci vuole uno sforzo infernale. Be', forse in qualche piega atavica della mia appendice c'è una devota melodia per il buon Giuseppe. [...]

Aussee, 13.1X.[1912]

Mio caro dr. Strauss,
sono sorpreso che Ella s'incagli proprio sul personaggio dì Gìuseppe che di tutto il balletto a me sembra la cosa migliore, l'idea più felice, l'unica cosa veramente singolare e attraente. Tuttavia devo dire che sentendo il modo in cui Ella parla del personaggio, di quel «casto Giuseppe» per cui si deve trovare una devota melodia, allora il personaggio «secca» anche me, e neppure io troverei in me una musica adatta. Ma per quel che io penso del personaggio Ella non dovrebbe cercare la musica in un'atavica piega della Sua appendice ma nella regione più pura del Suo cervello, là dove si possa trovare slancio, pura e limpida atmosfera dei ghiacciai, altezza, incondizionata e recisa libertà spirituale - una regione verso cui Ella, a mio parere, volentieri e con facilità si solleva.

Questo giovane pastore, rampollo geniale di un popolo di montanari, che s'è smarrito laggiù tra la gente doviziosa del fiume e del delta, per me assomiglia assai più a un eletto e indocile puledro che a un devoto seminarista. La sua ricerca di Dio, in selvaggi slanci verso l'alto, non è che un selvaggio balzare verso il frutto dell'ispirazione. Sulle cime dei monti, nella chiara, scintillante solitudine, s'è abituato col suo «più su!», «più su!» a spingersi sempre più in alto in un casto tripudio solitario; e da un'irraggiungibile chiarità sopra di lui (quale arte, se non la musica, potrebbe esprimere questo?) s'è abituato a strappar giù un lembo di cielo e a trascinarselo in sé, - questa fugace condizione di sublimità, di trance, lui la chiama Dio, - e il Dio così rintracciato è ciò che egli a braccia protese costringe al suo soccorso, quando il mondo, oscuro, molle, opprimente, a lui estraneo, estraneo fin nell'intimo dell'anima, quando questo mondo tende le braccia verso di lui e vuole catturarlo - e nient'altro che l'indice di questo Dio, - che è luce e tutto ciò che è superiore, superiore in Lei - (quando dovrebbe mostrarlo, se non in questo luogo?), - il suo indice, un raggio di lui, è l'angelo, incarnato in un personaggio. - Quando con stupore La vedo incagliarsi in questo punto, posso soltanto pensare che l'Alpen-symphonie, che non conosco, Le sbarri la strada, - che Ella ora voglia evitare ciò che lì cercò e trovò, quello slancio, quell'ascesa verso...? - diciamo verso «Dio»; e che ora non voglia lasciarsi andare. Ma in verità non ho di questi timori. Perché mi ricordo di Clitemnestra e considero che da simili incagli nascono in Lei le cose più originali. -
Il motivo del rifiuto, quel motivo del «casto Giuseppe» - se lo chiamiamo così, c'è già a un passo da noi il tono della parodia, della caricatura, anzi è già in noi -, che altro sarebbe se non il grandioso e inquietante motivo centrale di tutta l'opera di Strindberg - la lotta della genialità, della superiore intellettualità che è nell'uomo contro il male, la stupidità nella donna, contro la volontà di mortificazione e di corrompimento? - Uno sguardo a un libro di Strindberg, per esempio a quel romanzo singolare che è In mare aperto, può forse acuire in Lei il senso di ciò che è reale, eterno, simbolico in questo conflitto, mentre un'idea schematica e parodistica Le paralizza la fantasia e La «secca». - Non è possibile che Ella non trovi proprio alcun nesso tra questo ragazzo Giuseppe e il ricordo della Sua giovinezza - con Putifar o senza: c'era lassù una sublimità radiosa, irraggiungibile, e tisognava trascinarla giù: ecco la danza di Giuseppe.
Cordialmente Suo

Hofmannsthal

Hotel Adlon, Berlino W
lunedì ore 7 [9.12.1912]

Mio caro dr. Strauss, [...]
Fürstner mi ha mandato una bozza di contratto per la Josephslegende, formulata anche questa in modo equivoco, con clausole sul libretto, mentre io per ragioni artistiche escludo in modo assoluto la stesura di un libretto del genere: non esiste il testo di un balletto, e il balletto che ne avesse bisogno sarebbe mal riuscito, e giustamente la pubblicazione di un tale libretto sarebbe accolta molto male, [Invece un libretto della josephslegende fu poi pubblicato (cfr. GW, Dramen VI, pp. 98-123).] e io sono in grado di tollerare con indifferenza attacchi e denigrazioni solo se dentro di me ne riconosco l'infondatezza e con ciò li disarmo. Se ne dovrà discutere ancora, alla firma non arriveremo certo prima di febbraio. A domani dunque. Cordialmente il Suo

librettista

Darmstadt, venerdì 13.12.[1912]
Hotel «Zur Traube»

Mio caro dr. Strauss,

da quando ieri mi ha suonato la Sua musica mi trovo in un continuo sgomento, ed è dovuto allo stile dei temi di Giuseppe (per l'esattezza, del primo e secondo dei temi che mi ha suonato). Di recente Ella mi ha fatto un discorso sulla fiducia che era affettuoso e incoraggiante. Ora è vero che sono un analfabeta in fatto di musica, un idiota - quello che vuole. Ma sensibilità stilistica, sensibilità per la coerenza e per l'incoerenza le ho - dunque La prego caldamente, questa è una vera prova di amicizia: con animo ben disposto dia credito a quello che sto per dirLe, si tratta di una cosa fondamentale, e ancora nulla è fallito perché parliamo solo di schizzi e intenzioni, non di qualcosa di definitivo. - Ciò che affligge e inasprisce il mio senso di responsabilità è il pensiero che io le abbia confuso le idee con le raffinatezze dell'irripetibile esperimento dell'Ariadne; e poi, che anche questa volta io abbia causato nella Sua mente un equivoco citando un particolare del tutto secondario, cioè che pensiamo di far recitare questo soggetto biblico in costumi alla Veronese o comunque siano.

La prego di escludere completamente dalla Sua fantasia questo particolare che persegue soltanto interessi pittorici. Lo faccio per fissare un qualunque costume fastoso e nello stesso tempo per uscire dall'accuratezza archeologica che è sempre arida. Quanto a Lei, che è il musicista, questo problema dei costumi non La tocca. La concezione dell'Ariadne Le imponeva di abbigliare in parte anche la Sua musica, di trattarla come fosse una citazione, ed Ella ci è riuscito con tatto meraviglioso. Ma in questo caso s'intendeva tutt'altra cosa. Ella si trova davanti al contenuto puro e semplice dell'episodio biblico che deve sfruttare per la musica in un linguaggio determinato, il linguaggio di Richard Strauss - come già sfruttò alla Sua maniera i soggetti di Salome e di Elektra.

Ci comprendiamo fino qui, caro dottor Strauss? Se ripenso a tutto ciò che ci ha suonato della Sua composizione, giurerei che ci comprendiamo a puntino. L'inizio, la danza delle donne, le imponenti e sinistre battute o figure (in fatto di tecnica musicale il mio modo di esprimermi è incerto e idiota) con cui attacca la scena del pugilato, e soprattutto il tema splendido e grandioso con cui appare subito davanti ai nostri occhi la moglie di Putifar: questo è un mondo determinato, uno stile, il Suo stile personalissimo, lo stile da cui fu creata Clitemnestra, per menzionare quello che è forse il suo momento più alto. Ora vengono i temi di Giuseppe, non il terzo (incomparabile, che è quello dell'unione con Dio), bensì il primo e il secondo: questo è in Lei un mondo diverso: e non è un'immagine esattamente opposta, il che sarebbe giusto, ma un mondo diverso, una repentina virata dì stile, una rottura, uno schìaffò. D'accordo: Ella porta in sé, organicamente unito, qualcosa che riecheggia il XVIII secolo, riecheggia Mozart. Ma da musicista ricco e grande qual è, Ella porta in sé molto. Dipende da ciò che si vuole destare e da ciò che si lascia dormire. È qui che da un lavoro all'altro interviene a decidere la sensibilità stilistica, di cui mi devo sentire custode e sentinella e di cui mi sento responsabile di fronte a Lei. Nel Rosenkavalier e più ancora nell'Ariadne fu giusto e fruttuoso chiamare su dal Suo profondo il XVIII secolo. - Qui sarebbe un errore fondamentale, come lo sarebbe stato nella Salome. Forse questi temi racchiudono qualcosa di perfettamente esatto per Giuseppe, sono troppo incompetente per analizzarlo: ma così come sono ora, sono, o sembrano, troppo agghindati, camuffati, pastorali, impossibili per questo mondo, mortalmente raggelanti. So benìssìmo che i Suoi temi intessuti e avvolti dall'orchestra non risultano mai nudi, ma questo non cambia niente, - lo spirito, l'essenza di quei due temi contraddice la figura di Giuseppe e contraddice lo stile di tutta l'opera. In qualche modo qui Ella si è confuso (ma temo che la causa sia il problema dei costumi) e ha evocato uno spirito sbagliato. Sono così deplorevolmente incapace di esprimermi con giustezza e precisione in fatto di musica che torno appunto a pregarLa - e a nome di tutti e tre noi - con me il costernato Kessler e il costernato Nijinsky -, torno a fare appello alla Sua buona volontà, alla Sua interiore condiscendenza, alla Sua ben disposta intelligenza. Ella ha saputo alludere a un mondo fosco, afoso: entra in questo un prode giovane, un eroe fanciullo - ma è un personaggio che appartiene alla stessa atmosfera, tutta tragica, e niente di un mondo diverso, delicato, settecentesco, deve aderire a lui, altrimenti questo lavoro crolla. -Temo che L'abbia fuorviato e confuso il pensiero del balletto, della necessità di ritmi scanditi. Devo dunque farmi interprete di Nijinsky, che La implora di comporgli per questo salto davanti a Dio, che è poi una lotta per Dio, - di comporgli una musica la più sciolta, la meno danzabile, la più straussiana del mondo: con tutto se stesso egli vuole esser condotto da Lei oltre ogni limite della normalità -, infatti è un vero genio, e vuole operare proprio li dove «può tracciarsi una strada non segnata da altre ruote», in una regione come quella che Ella ha svelato nell'Elektra.
Mio caro dr. Strauss, certamente Ella mi comprende, - e neppure mi considera un presuntuoso perché voglio fermarLa in qualche modo ai Suoi lavori, a Elektra e Salome. Tutto in Lei è progresso ed evoluzione - ma qui si tratta di stile, della consapevole scelta tra le interiori possibilità -, per piacere, mi rassicuri mandandomi qualche riga non troppo breve a Rodaun, perché mentre considero quale straordinario lavoro può venire fuori con lo strumento che sono questi Russi, poi sono realmente agitato, come di rado mi capita, per un pericolo che incombe sul lavoro, dall'intimo stesso del lavoro.
Fedelmente suo

Hofmannsthal

Berlino [circa il 18 dicembre 1912]

Caro signor von Hofmannsthal!
Grazie di cuore della Sua gentile lettera. Lontanissimo dal prenderla a male, La ringrazio molto per l'efficace incitamento, di cui tengo gran conto. Ho già tagliato il tema mozartiano, che del resto deriva da un periodo antecedente, e già cerco qualcosa di meglio, di più adatto stilisticamente. [...]

Rodaun, 22.XII.[1912]

Mio caro dr. Strauss,
sono molto lieto che Ella abbia accolto così bene la mia lettera (del resto non mi sono mai aspettato nulla di diverso, e nel ricevere la Sua lettera non ho avuto altro che un gradito presentimento) e che abbia messo già in atto, cioè in musica, la Sua mutata decisione.
Ogni motivo di divergenza tra noi, o ogni mancata convergenza, è una vera disgrazia, cioè una disgrazia di ordine superiore, una sanguinante ferita, una permanente infermità del nostro figliolo comune, - se questa divergenza dovesse accadere di frequente e senza rimedi, allora la nostra collaborazione, nel senso più alto, sarebbe illusoria, e perciò riprovevole, e avrebbero ragione tutti coloro che di continuo, per lettera e a voce, direttamente e indirettamente, estranei e amici, mi dicono e mi fanno dire, mi scrivono e mi fanno scrivere che dovrei rinunciare a questa collaborazione, - mentre io preferisco dar retta al mio animo, che mi dice che qui potrebbe ancora nascere questo o quel frutto prezioso, e forse, una volta o l'altra, un lavoro perfetto e in ogni senso concorde, coi quale veramente il risultato sarebbe grande, anche in un senso generale, culturale.

Spero che siamo d'accordo sull'intenzione stilistica del balletto, che è questa e soltanto questa: permetterLe ogni concepibile libertà nella polifonia e nel modernismo, cioè nell'evoluzione della Sua personalità fino al massimo dell'audacia e della bizzarria. Qui Ella non obbedisce ad altra legge che a quella di assicurare l'unità dello stile e del rapporto delle parti tra loro. Questo secondo criterio l'ha francamente «trasgredito» nella scena della danza delle donne; per un tale eccesso di musica non è certo difficile trovare una mimica adatta, e se si trattasse semplicemente di questo non meriterebbe di spenderci una parola. Ma proprio dove sono in questione le più alte intenzioni della mimica, come nel caso di ciò che deve e vuole estrarre da sé un genio come Nijinsky (intendo Nijinsky regista), importa realmente moltissimo che questo lasciarsi andare non subentri più spesso: ne risulta di necessità una rovina della struttura generale, gli accenti si spostano, e c'è come un indebolimento: ma s'indebolisce (o almeno può esserne indebolito) non già quello specifico episodio dilatato, bensì uno successivo, molto più importante; e in qualche modo una scena che sarebbe destinata a essere coronamento del tutto, resta privata, per una ragione misteriosa e incalcolabile, del suo effetto migliore, e il tutto, non si sa come, si abbassa di un gradino.
Con questo avvertimento di tono un po' severo non intendo darLe una lezione: di noi due, senza voler misurare il talento, è Lei a possedere un istinto drammatico più vigoroso, senza alcun dubbio. Ma qualcosa di Lei, sotterraneo, si oppone occasionalmente a questo istinto e talvolta Le fa dimenticare il tutto per la parte. Non esiste un «troppo lungo» o un «troppo breve», un «troppo forte» o un «troppo debole» in sé e per sé: ma mi sembra che sentire con sempre maggior vigore il magico segreto delle proporzioni sia la normale evoluzione del genio creatore: in nessun luogo lo si percepisce così mirabilmente come nella seconda parte del Faust, come negli ultimi lavori del Palladio. [...]
Garmisch, il 15 giugno 1913

Caro signor von Hofmarinsthal!
[...] In questo momento Lei è in collera perché da parte della critica e degli attori ci è stato talmente maltrattato il nostro Molière. Beninteso, il guaio è stato che il lavoro non è arrivato nel luogo per il quale era concepito, cioè da Reinhardt, ma questo non cambia il fatto che, a mio parere, l'idea di tutto l'insieme era eccellente e che in questa forma celebrerà senza dubbio la sua felice resurrezione. Nel frattempo tenterò di porre mano al Joseph, che il caro conte Kessler con ogni mezzo possibile cerca di rendermi gradevole. Qui non dipende certo dalla mia buona volontà se ancora non sono andato avanti, ma semplicemente dal fatto che la creazione artistica non si lascia costringere, come Ella sa per primo.
In ogni modo sono entusiasta e felice che Ella s'impegni nel nostro lavoro con tale passione e tenacia; le Sue miti esplosioni d'ira, i Suoi lamenti sulle difficoltà di arrivare a un risultato mi fanno sperare il meglio.

Campo Carlo Magno, 10 luglio 1913

Caro signor von Hofmannsthal!
Da un piovoso e solitario pianoro alpino desidero solo comunicarLe che nella noia sono riuscito a concludere felicemente l'abbozzo della danza di Giuseppe e spero che ormai la cosa proceda di buon passo e sia pronta per l'autunno nell'abbozzo per pianoforte e nella primavera 1914 in partitura. Vuol essere così gentile da comunicarlo brevemente al conte Kessler, il cui indirizzo qui non ho presente? [...]

Grand Hotel Britannia Venise
24.9. [1913]

P.S. Qui ho incontrato Bakst, e abbiamo molto parlato del Joseph, che sotto la stella di Tintoretto, Veronese e Tiepolo nella messa in scena potrebbe diventare veramente qualcosa di straordinario. Spero che nel frattempo Lei non abbia rinunciato a questo lavoro! Non ne ho più nessuna notizia, ho ricevuto soltanto un telegramma entusiastico da KessIer, in agosto, su qualcosa che Lei gli aveva suonato.

Non mi lasci senza una riga. [Hofmannsthal]

Garmisch, il 26 sett. 13

Caro signor von Hofmannsthal!
Grazie di cuore per la cara lettera. [...] . Sono molto contento delle buone notizie riguardanti il nostro lavoro futuro e Le chiedo con insistenza di non sentirsi incalzato da me. Quante più volte un tale soggetto d'opera è passato al vaglio ed è lavorato e riassestato continuamente come un vigneto, tanto più pregnante e asciutto diventa. Avrò il mio da fare col Joseph fino alla primavera del 1914, ora sono al lavoro senza pause e farò del mio meglio per finirlo in giugno, in tempo per Parigi. 100 pagine sono già strumentate, ma è un lavoro grande e faticoso.

Hotel Marienbad, Monaco, 30.IX.[1913]

Mio caro dr. Strauss,
[...] Mi fa piacere per più di una ragione che Ella si dedichi con tanto zelo al Joseph. Non posso pensare, infatti, che questo genere di produttività energica e assidua abbia luogo senza una lieta partecipazione - e all'inizio dell'estate ero in certo modo triste e scontento quando Ella di questo lavoro mi diceva che era «noioso» e io mi domandavo perché mai allora lo avesse accettato.
A Venezia sono stato molto con Diaghilev, Bakst e la simpaticissima Lady Ripon [marchesa, mecenate, amica di D.], e il discorso è tornato più volte sul Joseph. Credo davvero che l'aspetto esteriore, ciò che il palcoscenico può fornire a un lavoro musicale, sia qui di una ricchezza e bellezza inimmaginabili - e mi rallegro di cuore di aver contribuito per la mia parte alla creazione di una cosa tanto solenne e suntuosa, che, io credo, nella versione dei Russi si conserverà per molti anni in tutta la sua purezza e precisione e condurrà una vagante e vittoriosa esistenza sui palcoscenici d'Europa e d'America, accanto ai lavori operistici esistenti e futuri, senza togliere spazio a questi.

Approvo incondizionatamente che proprio per questo balletto Diaghilev pensi a Fokin e non a Nijinsky come metteur en scène. In generale vedo in Diaghilev l'unica personalità davvero eminente, accanto a Reinhardt, in tutto il mondo teatrale europeo (con l'unica eccezione di Stanislavskij, che però è limitato alla Russia) e sono contento di saperLa legato a lui proprio con questo lavoro.
Mi ha poi interessato molto sentirmi dire da Diaghilev che, contro le prevenzioni destate in lui dai giudizi francesi, l'accoppiamento dell'opera Ariadne col Molière e le Sue musiche di scena per la commedia gli erano sembrati cosa particolarmente affascinante. [...]
Rodaun, 25.X. [ 1913]


Ora qualche parola sulla Josephslegende. Dopo le lettere di Kessler la situazione non mi sembra proprio serena, sebbene io abbia grande fiducia in Diaghilev, e già la situazione gli impone naturalmente il massimo di buona volontà. Kessler ora mi riferisce all'improvviso che è incerto se Fokin possa essere scritturato come metteur en scène. Questo «incerto» non può esserci. Deve procurarci Fokin. E nella lettera di Kessler non comprendo, né accetto, un'alternativa riguardo alla parte della donna. L'alternativa è: o la Rubinstein o la signora Vollmoeller*.A mio parere la signora Vollmoeller non deve entrare in questione. Eccetto che in una parte di comprimarla nel Mirakel, che non esigeva doti sceniche di nessun genere, ha sempre deluso. Secondo me si deve prendere in considerazione, primo et (quasi) unico loco, la Pavlova; dopo di lei, la Rubinstein per Parigi e Londra, ma difficilmente per la Germania, dove la Pavlova è senz'altro indispensabile per il prestigio del nostro lavoro. La prego di mettere in chiaro fin d'ora questo punto quando Diaghilev fra breve Le farà una visita. Cordialmente il Suo

Hofmannsthal

* L'attrice e mima italiana Maria Carmi, moglie di Karl Vollmoeller, l'autore della pantomima-balletto Das Mirakel con musiche di E. Humperdinck. Il titolo originale della pantomima era Das Wunder: tuttavia, essendo stata rappresentata per la prima volta a Londra col titolo The Miracle (Olympia Theatre, 23 dicembre 1911), era poi diventata Das Mirakel nell'allestimento viennese del 1912. Nel 1914 a Londra la Carini si alternò con la Karsavina nella parte della moglie di Putifar.
Berlino [13 dicembre 1913]

Aspettiamo Diaghilev lunedì. È difficile trattare con questa banda di esaltati che da una settimana all'altra si, odiano a coppie diverse. Tenterò, se è possibile, di ottenere Nijinsky e Fokin, credo che la partecipazione di Nijinsky sia per il pubblico l'elemento più importante. staremo a vedere quello che ci porta il futuro e la settimana di Natale! [...]
Lavoro intensamente alla partitura del Joseph.
Con saluti cordiali il Suo fedele

dr. Richard Strauss

Rodaun, 24.1.[1914]

Caro dr. Strauss,

Quando sono venuto a Berlino, avrei avuto gran piacere di ascoltare un po' della musica del Joseph, e nel nostro colloquio attendevo con impazienza una frase che alludesse a una Sua intenzione di farmi godere qualcosa di queste bellezze ancora nascoste. Ma la frase non è arrivata: e a domandarlo direttamente mi sentivo sempre imbarazzato. C'è di mezzo la mia «incompetenza musicale», il pensiero che per Lei non valga la pena suonare per il mio scarso intendimento. Perciò mi rallegro tanto quando accade che Ella suoni per qualcun altro che «ne capisce» e io posso stare ad ascoltare. Purtroppo questa volta non è accaduto, e il penultimo giorno (l'ultimo a Berlino l'ho passato a letto con un po' di febbre) Bie mi ha detto che Lei gli aveva suonato musica dal Joseph e che lui trovava singolarmente bello e fortunato questo caso particolare, che per una volta Ella avesse avuto l'occasione di creare musica drammatica senza voci. E questo poi, mi piace pensare, si ripeterà alcune volte nella Frau ohne Schatten (nei molti cambiamenti di scena, soprattutto nel III). [...]

Suo Hofmannsthal

Berlino [28 gennaio 1914]

Caro signor von Hofmannsthal!
[...] Del resto anche Lei è un viennese autentico. Invece di dirmi semplicemente: Caro dottore, mi suoni un po' di musica del Joseph, Lei attende nel colloquio una certa frase che non arriva, e a cose fatte mi scrive una lettera. Le sta bene.
Oggi a mezzogiorno sarà firmato il contratto con Diaghilev e Gunsbourg, è venuto perfetto.
Fra 3 giorni finisco la partitura e adesso aspetto la Frau ohne Schatten. Per favore, non legga più a nessuno la fiaba; anche da parte mia silenzio assoluto!

SalutandoLa cordialmente, Suo

dr. Richard Strauss

Rodaun, 31.1.[1914]

Caro dr. Strauss,
molte grazie della Sua lettera e della buona notizia che il contratto per Joseph è firmato. Un telegramma di Diaghilev da Parigi mi annuncia la stessa cosa, con gioia, e in più che per la parte femminile è quasi sicuramente scritturata la Rubinstein. Tant mieux! - [...] Lei mi dà del viennese: questa è grossa. Tanto viennese non devo essere, altrimenti l'atmosfera di qui non mi andrebbe così contro pelo. Del resto il mio racconto lungo [Andreas oder die Vereinigten - Andrea o dei ricongiunti] non ha come contenuto null'altro che l'evoluzione di un giovane viennese che diventa un essere umano (o un tedesco!). Cordiali saluti

Hofmannsthal

Rodaun, 22.4. [1914]

Dei preparativi per Joseph sono al corrente, e sono sempre fiducioso. (Ciò che non accadeva affatto nel caso di Ariadne). Mi hanno mandato le fotografie di Miassin [Per il nome del celebre ballerino, Hofmannsthal usa ancora la traslitterazione dal russo (la grafia comune fu poi sempre Massine)] nella parte di Giuseppe, e vi scorgo quasi una garanzia che egli sappia presentare l'essenziale del personaggio, esattamente ciò in cui consiste la chiara antitesi, chiara per tutti, con il personaggio femminile: la purezza.
Un favore importante: poiché il Suo nome ha grande autorità su un direttore d'albergo di Parigi, il mio nessuna, Diaghilev è poco fidato e Kessler troppo nervoso, La prego, abbia la bontà di prenotarmi una stanza non troppo cara, in uno dei piani superiori, ma non una stanza da domestico, bensì una stanza da segretario o da librettista, al Crillon, dalla mattina del 9. Non se ne dimentichi, per piacere!
Ringraziandola di cuore in anticipo, Suo

Hofmannsthal

Hotel de Crillon, Parigi, ore 11
[20 (?) maggio 1914]

Caro dr. Strauss, [...]
Riesco a sentirmi del tutto indifferente se ogni tanto (come continua ad accadere) giornalisti malevoli sfogano sulla mia persona una parte dell'astio che propriamente è diretto a Lei (è stato Lei, mi pare, a usare il giustissimo termine di parafulmine), ma la prenderci molto male se dovessi pensare che nel gruppo di persone sulle quali Ella ha autorità non si comprende o non si apprezza l'importanza che ha per Lei la mia collaborazione in tre casi stilisticamente così diversi, e soprattutto per questi elementi di stile (Rosenkavalier, Ariadne, e anche questa volta la base per un tale affresco sinfonico).
Sulla prefazione al testo (ma perché questo libretto assolutamente normale il signor Brecher [Gustav] si ostina a chiamarlo «la brochure di H. e K.»??) si può essere di parere differente - certo essa è servita da appiglio a un numero di critici mal disposti, d'altro canto è stata una guida di somma utilità per le recensioni di Schmidt (una pre-recensione!), Kalisch, Karpath, Frischauer, ecc. La forma che ha, di «Notizie che sono servite da sostrato al compositore», è ineccepibile, altrimenti nel libretto firmato da me non l'avrei lasciata -; quanto al fatto che forse si poteva benissimo dare il testo senza commenti, su ciò si può avere questa o quella opinione, ma non è un buon motivo per le impertinenze di subalterni che nella vita non hanno mai prodotto nulla. Roba simile è proprio «tedesca» nel senso non gradevole della parola.

Per quel che riguarda il balletto o l'azione in sé, mi interesserebbe oltremodo sapere quali possano essere le obiezioni -, in quanto base per la musica di un musicista serio? Parlando seriamente, se dalle discussioni o dalla stampa Ella viene a conoscere un'obiezione concreta, magari interessante, contro tutto l'insieme o nei particolari (dell'invenzione, non dell'esecuzione), per favore me la scriva.
Fino a sabato il mio indirizzo è Francoforte, Frankfurter Hof, poi Nauheim, Parkhotel.
Per piacere, prima della Sua partenza fissi la Mildenburg per Berlino, la Kussnetzoff era una nullità, e nella Carmi ho una fiducia molto limitata.
Ho il più bel ricordo del nostro incontro al Trianon, e mi dispiace molto che il soggiorno si concluda con una stonatura che a me - per il rapporto che ho con Lei - riesce sgradita e appare quanto mai fuor di luogo nel momento in cui la mia iniziativa procura dopo tutto un grande successo artistico ed economico a una Sua bella composizione sinfonica.
Sinceramente, il Suo

Hofmannsthal

Garmisch, il 25 maggio 1914

Caro signor von Hofmannsthal!
Mercoledì scorso alle 11 e 1/2 in punto ero al Suo albergo, e purtroppo ho dovuto apprendere dal portiere che Lei era andato alla stazione 5 minuti prima. Mi è dispiaciuto vedere dalla Sua lettera che Lei si è non poco irritato per la lettera del signor Brecher. Avendo però pensato che Lei sa che Brecher è stato sempre un ammiratore entusiasta della Sua arte e che ha anche reso pubblica questa ammirazione a proposito del testo di Londra [Si riferisce alla polemica sorta per la traduzione dei Bourgeois in inglese], supponevo che Lei non avrebbe preso in modo tanto personale la sua ultima lettera, che non ho creduto giusto tenerLe nascosta. Nell'insieme non posso dare proprio torto a Brecher, perché effettivamente c'era una notevole sproporzione tra gli intenti di Kessler, come li ha espressi nella introduzione*, e ciò che ne è arrivato in scena a Parigi. Il punto di vista di Kessler è che il pubblico debba almeno sapere quello che lui aveva in mente, anche se poi le sue intenzioni non erano attuate sulla scena. E questo, certo, da un punto di vista letterario è legittimo, ma a mio parere è sbagliato da un punto di vista scenico. Come stanno adesso le cose, dopo la premessa di Kessler il pubblico si attende tutto il possibile, che poi non riesce a vedere sulla scena.

Quanto all'effetto, la delusione che ne deriva è forse peggiore di quando il pubblico, senza essere predisposto da una presentazione, si gusta ingenuamente la vicenda accettandola così come si rappresenta adesso, e ne gode, il che effettivamente è accaduto a Parigi.
Credo che più di una critica cattiva sia stata provocata solo da questo; l'amabile opinione di Kessler, che io dovrei esser contento di possedere perennemente in lui e in Lei il solito parafulmine, non corrisponde affatto a ciò che desidero. A me infatti, assai più di quanto Lei creda, importa che anche da parte del pubblico e della critica la Sua preziosa collaborazione alla mia opera sia apprezzata in tutto il suo vero valore, e più che finora. Non vuol riflettere ancora se non sarebbe meglio eliminare la premessa di Kessler, o almeno ridurla a tal punto che le attese del pubblico non ne siano troppo eccitate? Molto di ciò che sta nella premessa di Kessler non erano nient'altro che spiegazioni personali tra poeta e compositore, e a dire il vero non sono affari del pubblico. Dopo che le idee di Kessler sono venute alla luce così poco in uno spettacolo come quello che si è visto a Parigi, e che al pubblico è parso così perfetto, il pubblico si convince più ancora che il poeta ha preteso qualcosa che la scena non è in grado di produrre, ed è erronea l'opinione di Kessler che il pubblico ne dia la colpa all'esecuzione insufficiente, come hanno dimostrato i fatti concreti della lettera di Brecher e della critica nella «Frankfurter Zeitung».
Io sarei dell'avviso di mettere da parte la premessa di Kessler fino a quando non riusciremo a ottenere una rappresentazione più perfetta. Se poi potessimo vedere il nostro proposito realizzato meglio nell'esecuzione, ci sarebbe sempre il tempo di pubblicare in seguito questo commento.
Ora mi rammarico molto che Lei sia partito da Parigi immediatamente. Pensavo di agire nell'interesse del nostro lavoro e credevo che Lei avrebbe attribuito maggior valore a questa voce che viene dal pubblico. Se avessi previsto l'effetto che ha avuto su di Lei, Le avrei risparmiato la lettera di Brecher.
Dunque perdoni e abbia i saluti cordiali del Suo sinceramente devoto

dr. Richard Strauss

il quale, dopo un bel viaggio, ieri sera è tornato qui, alla bella fatica per la Frau ohne Schatten.

* Al libretto della Josephslegende (ora in GW, Dramen VI, pp. 98-123) il conte Kessler aveva premesso un'introduzione sui temi poetici e simbolici del balletto (ibid., pp. 91-97): prima della quale Hofmannsthal ha posto una cauta presentazione di venti righe, in cui assegna la paternità della stessa introduzione tutta all'amico Kessler («naturalmente in modo urbano», come afferma nella sua risposta a questa lettera di Strauss).
Aussee, Obertressen, 4.VII.[ 1914]

Caro dr. Strauss,
è tornato? Di nuovo in pace? Già al lavoro? Alla fine del I atto? Allora devo stringere i pollici per Lei - se capisce questa espressione austriaca [Jemandem (o für jemanden die Daumen halten (o drücken): espressione popolare che significa «augurare a qualcuno il successo»...]. E Londra com'era? Sì, in generale, tutto bene, credo - ma nei particolari - è questo che vorrei sapere. La Karsavina [Della Carmi, che a Londra si alternava con la Karsavina nella parte della moglie di Putifar, Hofmannsthal non chiede neppure notizie] e l'allestimento? Specialmente il banchetto? ecc. Le luci!! A Parigi mi infastidivano tanto - La prego, su tutto mi scriva sinceramente un paio di righe. - E forse ha parlato con Kessler del libretto? che per me, detto fra noi, è un po' dannoso. (Anche se è vero che nella mia premessa ho detto in modo abbastanza chiaro che non desidero essere identificato con questo libretto). Ma Kessler è un po' rigido, quanto mai permaloso e irritabile - per questo ho preferito lasciare le cose così come sono.

Per il secondo atto [della Frau ohne Schatten] (che è in copisteria) provo una certa soddisfazione: ho costretto in 30 pagine giuste l'abbondanza di contenuto che la trama gli assegna. In questo mestiere, senza dubbio, s'impara sempre qualcosa, solo che si voglia imparare. Si goda il lavoro - non avrà mai un libretto più bello, né da me né da altri, è stato un favore del destino, un favore unico - e faccia in modo che la Sua gioia torni a profitto del lavoro. [...]
Cordialmente, il Suo

Hofmannsthal

Garmisch, il 5 luglio 1914

Caro amico!
Sono di nuovo qui da Londra, dove Joseph ha avuto un grande successo, sebbene la maggior parte della stampa sia stata ingiuriosa e anche le inglesi più depravate abbiano trovato indecente lo spettacolo. Nell'esecuzione c'è stato qualche miglioramento, invece il momento principale, la danza di Giuseppe, è sempre insoddisfacente e perciò noiosa, orchestra eccellente, tutte le rappresentazioni esaurite, e magnifica la prevendita per le prossime, come mi riferisce Kessler. Lei come sta? Kessler era preoccupato perché non sa più nulla di Lei da tanto tempo. Forse in due parole può scrivergli come sta. [...]

RISVOLTO DI COPERTINA - Un sodalizio artistico, spesso un’alleanza, talvolta una complicità, forse mai una vera amicizia: per oltre vent’anni Hugo von Hofmannsthal e Richard Strauss lavorarono insieme, quasi sempre restando lontani, l’uno in Austria, l’altro in Germania. Di questo lavoro comune, da cui nacquero opere come Elettra, Il cavaliere della rosa, Arianna a Nasso, La donna senz’ombra, è rimasto un documento che ci appassiona in tutte le sue mille sfaccettature: un epistolario che abbraccia la fine della belle époque, la prima guerra mondiale, il dopoguerra in due Paesi sconfitti. Nelle loro lettere il poeta viennese e il compositore bavarese si scambiano idee e progetti, ma anche gioie e malumori, incoraggiamenti e rimproveri, disegnando ciascuno un autoritratto segreto e dando uno sfondo ideale alle opere nate dalla loro collaborazione, interrotta nell’estate del 1929 dalla morte improvvisa di Hofmannsthal, che stava lavorando al libretto di Arabella. «Una vera collaborazione tra due uomini maturi» aveva scritto Hofmannsthal il 16 settembre 1916 «sarebbe una rarità straordinaria ... ma abbiamo entrambi buona volontà, serietà, coerenza, e questo è più del misero “talento” di cui oggi è fornito ogni cialtrone». La meraviglia dei risultati di questa collaborazione, oltre che la complessità e la diversità dei due artisti, giustificano pienamente ciò che una volta scrisse Richard Alewyn: «Nella letteratura mondiale non c’è nulla che sia paragonabile a questo epistolario».
La prima edizione dell’Epistolario è apparsa nel 1926.