I dizionari Baldini&Castoldi

Ariadne auf Naxos di Richard Strauss (1864-1949)
libretto di Hugo von Hofmannsthal

Opera in un prologo e un atto

Prima:
Vienna, Operntheater, 4 ottobre 1916. Prologo: il maggiordomo (rec), il maestro di musica (Bar), il

Personaggi:
Ariadne (S), Bacchus (T), una naiade (S), una driade (S), Echo (S), Zerbinetta (S), Harlekin (Bar), Scaramuccio (T), Truffaldin (Bar), Brighella (T)



Nel maggio del 1911 Hugo von Hofmannstahl propose a Richard Strauss di creare un « divertissement operistico» attorno al Bourgeois gentilhomme di Molière. Il compositore scrisse dapprima alcune musiche di scena per la commedia di Molière, proposta al pubblico tedesco nella versione di Konrad Bierling (una traduzione che risaliva addirittura al 1752), revisionata da Hofmannsthal. La composizione fu ultimata il 22 luglio 1912 a Garmisch. Secondo il progetto originario alla commedia doveva seguire, senza soluzione di continuità, l’opera in un atto Ariadne auf Naxos , su testo dello stesso Hofmannsthal. Questi, in alcune lettere a Strauss, aveva precisato di intendere il passaggio dalla commedia all’opera a sipario aperto, aggiungendo che la rappresentazione sarebbe stata collocata «dopo il dìner », davanti a Jourdain (il borghese gentiluomo) «con brevi commenti qua e là degli spettatori». La prima rappresentazione del lavoro ebbe luogo il 25 ottobre dello stesso anno al Königliches Hoftheater di Stoccarda, con la regia di Max Reinhardt (la cui collaborazione era per i due autori indispensabile alla perfetta interazione tra i due lavori) e la direzione dello stesso Strauss. Ma in seguito Hofmannsthal, stanco di vedere che l’opera riceveva più considerazione della commedia, in genere male rappresentata e proposta a volte con una traduzione diversa da quella ufficiale, pensò di rinunciare all’iniziale connubio con Molière e (nonostante il parere inizialmente contrario di Strauss) di ideare un piano teatrale autonomo e del tutto omogeneo. La composizione della Frau ohne Schatten e lo scoppio della guerra fecero slittare l’attuazione del nuovo progetto al 1915. La seconda versione di Ariadne auf Naxos prevedeva quindi un doppio spettacolo e si configurava come un classico esempio di teatro nel teatro, motivo caro a Strauss e da lui già parzialmente impiegato in precedenza (si pensi alla ‘danza dei sette veli’ nella Salome ): un antefatto, ambientato nella casa di un ricco signore nella Vienna del XVIII secolo (che Hofmannsthal chiamò ‘preludio’ e che rappresenta la ‘realtà’) e l’opera vera e propria, ispirata al mito di Arianna abbandonata da Teseo, che è rappresentata per il divertimento del padrone di casa e dei suoi ospiti. La costruzione drammaturgica diviene in questo modo ambigua perché, come ha osservato Quirino Principe, ‘realtà’ e ‘finzione’ possono essere invertite e Arianna e le maschere possono divenire spettatori mentre il compositore o il maggiordomo i personaggi della rappresentazione. I diciassette brani che costituivano le musiche di scena per il Bourgeois di Molière, dalle quali Strauss attinse alcuni spunti per la composizione del preludio, furono raccolti in una suite nel 1917 ed eseguiti il 9 aprile dell’anno successivo presso il Deutsches Theater di Berlino. La prima rappresentazione di Ariadne auf Naxos nella seconda versione fu invece allestita alla Hofoper di Vienna il 4 ottobre 1916, diretta da Franz Schalk.

Prologo . Nella Vienna del XVIII secolo, nel palazzo di un facoltoso aristocratico, desideroso di intrattenere i propri ospiti facendo rappresentare un’opera nel suo teatro privato. A ricevere la commissione dell’opera, che si ispira al mito di Arianna abbandonata da Teseo sull’isola di Nasso e in seguito consolata da Dioniso, è stato un giovane compositore di talento, allievo del maestro di musica. All’aprirsi del sipario troviamo quest’ultimo nel palazzo a colloquio con il maggiordomo. Il maestro ha saputo che all’opera seguirà una farsa impersonata da comici della commedia dell’arte e dichiara solennemente che il suo discepolo si opporrà a un tale affronto, ma il maggiordomo replica che sarà piuttosto il suo padrone a non accettare imposizioni e che il programma della serata non muterà in nulla. Mentre fervono i preparativi dei cantanti scritturati per l’opera e dei comici, il giovane compositore scorge Zerbinetta e se ne mostra interessato. Quando però il maestro gli rivela che sarà proprio lei a dirigere i comici nella farsa che seguirà l’opera, il giovane perde il suo entusiasmo. Da parte loro, anche Zerbinetta e il maestro di ballo non amano l’idea di affrontare un pubblico reduce da un’opera che immaginano noiosa e chiedono se non sia possibile iniziare lo spettacolo con l’arlecchinata. Ogni illusione cade però all’arrivo del maggiordomo, che con tono imperturbabile annuncia che, per ordine del padrone, farsa e opera non verranno eseguite distintamente ma in contemporanea. Aggiungendo con studiata noncuranza che dei veri professionisti dello spettacolo sapranno senz’altro avere ragione di un cambiamento di così poco conto, l’uomo annuncia l’imminente arrivo degli ospiti e si ritira. Il compositore è sempre più disperato: per consolarlo il suo maestro gli ricorda il più che ragguardevole compenso ricevuto, mentre il maestro di ballo osserva che non sarebbe la prima volta che un operista si piega a dei compromessi. Mentre il compositore discute con la primadonna e con il tenore, decisi entrambi a non sacrificare nulla delle loro arie, il maestro di ballo spiega a Zerbinetta che l’opera parla della figlia di un re, abbandonata dall’amante sull’isola di Nasso che, in attesa di un nuovo corteggiatore, langue di passione. Il compositore, sdegnato, vorrebbe spiegare il senso del suo lavoro ma tutto è vano: Zerbinetta, riuniti i compagni, spiega loro che dovranno impersonare una comitiva di passaggio sull’isola, che tenterà di divertire la figlia del re fino all’arrivo del suo nuovo amante. Di fronte all’indignazione del giovane musicista, Zerbinetta gli rivela di non essere ciò che sembra e di desiderare solo l’amore di un uomo al quale restare fedele tutta la vita; poi, prima che il compositore possa essere indotto a manifestare delle profferte, si allontana velocemente. Rimasto solo questi eleva un inno alla musica, l’arte per eccellenza, ma un sonoro fischio lo richiama alla realtà: lo spettacolo sta per avere inizio. Ormai annientato dalla consapevolezza di avere accettato ogni genere di compromessi, il giovane lascia il palazzo nella più grande disperazione.

l’opera . Arianna, abbandonata, piange davanti a una grotta, attorniata dalla ninfa Eco, da una naiade e da una driade che invano si sforzano di consolarla (“Ein Schönes War, Ariadne”). Temendo che abbia perso la ragione, Arlecchino le si avvicina e canta una canzone invitandola ad accettare la sofferenza per amore: nonostante tutto la vita merita di essere vissuta. Ma tutto è inutile: Arianna invoca il dio della morte. Colpiti dall’intensità e dalla sincerità di tali sentimenti, i comici si mettono a cantare e a ballare ricordando alla principessa che il tempo sa lenire ogni dolore (“Die Dame gibt mit trubem Sinn”). Arianna però non li ascolta e Zerbinetta, che se ne avvede, li congeda rapidamente. Rimasta sola con la principessa, quest’ultima cerca di parlarle da donna a donna: in fondo, i loro destini sono simili perché tutti gli uomini, chi piu, chi meno, sono traditori. Senza rispondere, Arianna si rifugia nella sua grotta lasciando Zerbinetta sola con i propri pensieri: parlando a se stessa, la fanciulla riconosce di sentirsi combattuta tra l’amore che prova ogni volta per un uomo e il suo desiderio di libertà. Ciononostante ribadisce l’intensità e la sincerità dei suoi sentimenti: ogni nuovo amante si è presentato a lei come un dio (“Großmachtige Prinzessin, wer verstunde nicht”). Arlecchino ritorna e si prende gioco dell’insuccesso di Zerbinetta; poi, insieme alle altre maschere, alle quali si è nel frattempo unito Scaramuccio, si produce in un ultimo numero comico. Subito dopo, però, fugge con Zerbinetta, che lo ha scelto come amante della giornata. Sopraggiungono Eco, la naiade e la driade annunciando l’arrivo di una nave con a bordo Bacco. In breve raccontano come il giovane dio, presa la via del mare con dei compagni in cerca di avventure, fosse approdato presso l’isola di Circe. Qui la maga aveva trasformato i compagni in porci ma non aveva potuto esercitare nessuna malìa sul dio, che aveva proseguito indisturbato il suo viaggio. Terminato il racconto, le tre ninfe invitano Arianna a uscire dalla grotta. Si ode la voce del dio. Arianna intanto, uscita, scorge Bacco e lo scambia dapprima per Teseo, poi per il dio della morte al quale chiede di essere portata via. Anche Bacco dapprima equivoca, credendo di trovarsi nuovamente alle prese con una maga, ma poi entrambi sentono nascere una reciproca attrazione, vivificata dall’esperienza delle sofferenze passate. Mentre i due, cantando il loro amore, si ritirano dietro un baldacchino, Zerbinetta, con intenzione, si rivolge agli spettatori e ricorda loro la sua filosofia: ogni nuovo amante giunge sempre come un dio.

Il mito di Arianna abbandonata da Teseo ha fornito lo spunto per più di un lavoro teatrale nel corso dei secoli, da Monteverdi a Massenet, ma la visione drammaturgica di Hofmannstahl è assolutamente unica poiché in essa coesistono l’elemento patetico e quello buffo. Lo spirito dell’opera è tutto nelle parole che il poeta inviò a Strauss nel maggio 1911: «Non come una servile imitazione, ma come un’ingegnosa parafrasi dell’antico stile eroico, intrecciato con lo stile dell’opera buffa». Dal lato musicale l’opera appare il frutto dell’esperienza maturata in due campi, quello di Salome ed Elektra e quello del più recente Rosenkavalier ; anche la presenza di personaggi come Arianna e Dioniso o delle maschere consente infatti a Strauss di accostare con estrema disinvoltura e felicità creativa lo stile tragico ed eroico e quello buffo. Va da sé che l’opera contiene pagine estremamente impegnative sotto il profilo della vocalità sia dal punto di vista drammatico ed espressivo, come l’ampio episodio in cui Arianna invoca la morte, sia da quello squisitamente virtuosistico, in particolare per il personaggio di Zerbinetta. Quest’ultima assunse da subito un’importanza centrale; per lei Strauss pensò a un soprano acuto di agilità e indicò a Hofmannsthal le arie di Gilda e di Donna Anna come possibili modelli (più per l’estensione e la struttura che per lo stile) per una grande aria di bravura. Di fatto l’aria di Zerbinetta con il rondò finale rappresenta quanto di più difficile sia mai stato concepito nella storia dell’opera sotto il profilo della vocalità e del virtuosismo (non a caso, Hofmannsthal, comprendendo che la difficoltà di reperire interpreti in grado di affrontare la parte nuoceva alla diffusione dell’opera, aveva proposto a Strauss di riscrivere l’aria). Per la parte di Bacco gli autori pensarono sin dall’inizio a un giovane tenore dalla vocalità lirica ed eroica, sul genere del Walther dei Meistersinger , mentre per il personaggio del compositore, Strauss, vincendo l’iniziale fastidio di Hofmannsthal che non voleva parti en travesti , propose (anche per un’oggettiva difficoltà nel reperire interpreti maschili adatti e capaci) un ruolo vocale simile all’Octavian del Rosenkavalier , ossia quello di mezzosoprano. Lo spirito che anima Ariadne auf Naxos è in definitiva nella linea già tracciata dal Rosenkavalier . In una lettera dell’agosto 1916 a Hoffmansthal il musicista scrisse: «Il Suo grido di allarme contro il ‘musicare’ à la Wagner mi è arrivato fino al cuore e ha spalancato la porta su un paesaggio del tutto nuovo, in cui, guidato da Arianna e specialmente dal nuovo prologo, spero di avviarmi verso il territorio dell’opera non wagneriana, giocosa, sentimentale, umana». Tali parole trovano ulteriore conferma nell’orchestrazione di sapore cameristico, ancora una volta mediata dall’esperienza del Rosenkavalier , che qui dà luogo a particolari di scrittura assolutamente originali. Strauss ha infatti previsto un’orchestra d’archi di dimensioni barocche alla quale affiancare legni e ottoni, un vasto assortimento di strumenti a percussione (non manca naturalmente l’amato Glockenspiel), due arpe, alcuni strumenti a tastiera raramente impiegati (l’armonium e la più recente celesta) e un pianoforte, qui inserito in un contesto assolutamente nuovo e con funzioni del tutto atipiche. I risultati sono una scrittura personalissima e dagli inediti accostamenti timbrici (ad esempio il non raro impiego di strumentini, violini primi e pianoforte all’unisono) e una sonorità trasparente ma versatile, in grado di connotare con grande efficacia i diversi e opposti spiriti della tragedia e della farsa.

a.p.

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