NINO SALVANESCHI

LA VIA CRUCIS DELL'ELETTRA

DAL PROGRAMMA DI SALA DELLA PRIMA
RAPPRESENTAZIONE ALLA SCALA DI MILANO NEL 1909


« Cadon tutte le ore dalle stelle... »

La via crucis dell'Elettra continua: siamo alla prima tappa straniera, a Milano.
Oggi, ogni opera d' arte - musicale in ispecial modo - che voglia essere consacrata ad un successo saldo come di bronzo, deve poter affrontare pubblici diversi di gusti, di tendenze, d'idee, e deve saper trionfare ovunque, passando sovra popoli e civiltà diverse come un soffio potente d'una forza sovrumana e ineluttabile. Questo, per tutte le estrinsecazioni artistiche, qualunque esse siano, poichè l'arte non ha patria, non ha confini, non ha limiti, ma deve, se è tale, saper regnare sul mondo; e così dev'esser più ancora per la musica, l'arte che innalzandosi sopra alle cose umane, trasporta le anime assetate e stanche alle pure fonti dove sgorga limpida e sonora una vita più bella, più morbida e più serena, divinamente più serena.
E questa via che conduce l'opera al successo, alla gloria, alla luce, questa via che volta per volta, tappa per tappa, fissa il capolavoro nell'infinito eterno, questa via crucis è viscida di fango e irta di spine, è ricca di trionfi e d'insuccessi, è aspra. di critiche e di battaglie; è una via or dolorosa or gioconda, lungo la quale, per dieci, per cento volte, l'opera sentita in modo sempre diverso, esaminata sotto punti di vista molteplici, capita o fraintesa, entusiasma, piace, passa in silenzio, tentenna, cade, rovina, per rialzarsi ancora, continuamente, davanti un nuovo pubblico preparato ad ascoltarla, ad anatomizzarla, per dir così, atto per atto, pezzo per pezzo, preparato dalle prove precedenti ad ingaggiar una nuova lotta in nome del proprio carattere, dei proprii gusti e dei proprii intendimenti d'arte.
E questa strada, che segna l'ascesa d'un'opera artistica verso la luce della gloria, si può veramente chiamare la sua via crucis, poichè non tutte le tappe d'un lavoro sono gloriose, non tutte sono gioconde.
La strada della gloria di sterpi è piena, cantava un poeta antico; vi son delle spine, delle rose e qualche lauro, v'è del sangue e del fango, molto fango... La strada della gloria, non solo per una persona, ma anche per un'opera, è conquistata poco a poco, tappa per tappa, dolorosamente... è una via crucis, moderna e teatrale, dove si vince o si muore, dove si soffre o si esulta, è una via gioconda e aspra, ma senza croce, o almeno... con una croce, forse, di cavaliere o di commendatore per quello che ha saputo giungere alla sommità...

***

Ma la via crucis dell'arte non è per tutte le opere, come la via della gloria non è per tutti gli uomini. Bisogna essere forti per poterla tentare, e un'opera dev'esser salda e vigorosa e deve uscire da un genio conosciuto per lanciarsi audacemente pel mondo.
Ora, l'Elettra sta continuando la sua via crucis. Strauss, l'autore di Feuersnot, l'evocatore rumoroso delle magniloquenti sinfonie wagneriane, l'ingegno fragorosamente bizzarro che ha saputo plasmare con una musica malata la nevrotica figura della principessa della Giudea, facendola balzare selvaggiamente viva dalle pagine di Oscar Wilde, non è un uomo ignoto, non è un debole di cui il mondo possa dubitare: egli può, egli deve sognare i più grandi orizzonti che possan aprirsi a mente d'uomo.
La Salomè, l'opera che ha sollevato critiche, polemiche e battaglie dovunque è passata colla sua rabbia sinfonica, salda nella sua struttura, forte e tremenda nella sua violenza, ch'è dote e difetto dell'arte teutonica; la suggestiva scena del bacio insanguinato; il raccapriccio, il ribrezzo, l'onda di nausea che sollevò in Inghilterra, in America, un po' anche in Italia, han formato un'aureola strana al compositore: un'aureola che non è d'oro, ma che ha i colori dell'iride, tutti. Vi fu chi lo disse grande artista, chi lo definì un matto, un anarchico musicale, chi gli scagliò l'anatema, chi lo paragonò a Riccardo Wagner, chi ne fece un dio e chi un pagliaccio.
Poi, il mondo che gli aveva urlato il suo entusiasmo e la sua rabbia, che aveva versato sull'opera sua l'ira puritana e la follia pangermanista, tacque, brontolando, in attesa d'un nuovo lavoro dal quale potesse giudicare se Richard Strauss era un artista o un millantatore, se poteva spiegare in tutta la sua estensione la forza brutale mostrata nella Salomè, o se l'opera combattuta era invece il rumoroso sforzo d'un impotente ingegno melodico.
E Richard Strauss non attese a lungo: la nuova opera è venuta.

***

Nella quiete della sua bella villa tra le montagne dell'Alta Baviera, dopo esser stato lungo tempo indeciso - quasi come Mascagni tra la Festa del Grano e la Vestilia - sulla scelta del futuro libretto, tra Tragedia Fiorentina, l'atto tragico, fulmineo di Oscar Wilde, e l'argomento Sofocleo vibrante di passione e di vendetta, non ha fatto come il maestro Pietro Mascagni ed è degno di lode: ha preso una decisione improvvisa, e non precisamente come usa fare un tedesco, ha vestito celeremente di note sapienti e possenti l'impolverato dramma antico, che Hugo von Hofmannstahl aveva ridotto per lui in linee più agili e più moderne.
L'Elettra nata così, faceva già parlare di sè, e molto, mentre il maestro lavorava calmo e tranquillo senza perdersi in chiacchiere e in interviste. La stampa, si può dire mondiale, diventava intanto sempre più pettegola, indagando nell'ignoto, criticando il suo sistema di lavoro, cercando nelle famose teorie straussiane del silenzio musicale cause ed effetti sorprendenti; e così, tra la curiosità del pubblico che s'acuiva sempre di più nell'attesa nervosa e febbrile, l'Elettra si è presentata dinanzi ai migliori critici tedeschi, francesi, inglesi e italiani, al teatro di Dresda, affollato come per una premiere wagneriana.

Il successo del pubblico di Dresda non doveva mancare, e infatti ci fu; quello che poteva invece mancare era il buon giudizio della critica già inasprita contro l'autore, e invece la critica diede un colore accademico agli applausi della platea. L'opera, veramente sentita, ma forse troppo artificiosamente studiata e accurata, spinta agli estremi limiti del possibile e del fattibile, impressionò e piacque forse per la sua struttura sinfonica possente, forse per la linea musicale che vigorosamente la sostiene, forse anche per la stranezza del destino che volle vestire il tragico e semplice fatto antico con un genere di musica tra i più moderni e i più complessi.
Dopo Dresda, dove, come dissi, critica e pubblico furon concordi nel ritenere l'Elettra come opera veramente forte e geniale, due correnti strane si notaron subito nella critica e nel pubblico tedesco. La prima trovò a poco a poco, riflettendo, qualcosa che non andava, l'«übergrandiosità», l'«übertonalità», la dose troppo violenta di forza usata da Strauss nel voler ottenere una data «Stimmung»; e il pubblico - oh, il pubblico è sempre straordinario - il pubblico trovò che l'Elettra non era poi quello che tutti si imaginavano. Com'è grandioso il pubblico nelle sue critiche !...
E allora la via crucis incominciò...
Subito, a Berlino ed a Vienna, nei cui teatri reali l'opera doveva esser rappresentata, gli artisti che provavano le loro parti scioperarono contemporaneamente; ed è un fatto curioso questo. Non intendo già per novità lo sciopero - quel fenomeno strano che serve a distinguere gli uomini dagli altri animali - ma il fatto di artisti che si ribellano perchè la parte è troppo difficile.
Sarebbe a un dipresso come se un medico si rifiutasse di curare un malato perchè troppo grave, come se un avvocato non volesse difendere un ladro perchè ha commesso troppi furti, sarebbe quel che è: un fatto straordinario. E infatti le parti di Elettra e Clitennestra sono veramente più che difficili, poichè la voce umana, nelle due partiture, è brutalmente violentata sì da render necessaria la voce bestiale. Di qui, dunque, ci si può imaginare quali siano i limiti della musica straussiana, cioè, dirò meglio, quali non siano, poichè è chiaro che la violenza sinfonica straussiana non ha limiti. Infine, dopo esortazioni e trattative l'Elettra all'Opernhaus di Berlino ebbe un esito alquanto più freddo di quello ottenuto a Dresda: fu un successo, ma meno caloroso, e la critica della capitale, per solito abbastanza moderata, appuntò le sue penne d'acciaio.
E allora la via crucis continuò...
Data a Francoforte, la nuova opera straussiana, nella patria dei commerci e delle banche, non trovava lo stesso favore che a Berlino, ma tentennava e cadeva tra i fischi e le risate. Prima tappa dolorosa... La critica, dalla Frankfurter Zeitung, che mise in seconda linea per una sera le cronache borsistiche, all'ultimo giornale di Francoforte, non trattò troppo bene l'opera nuova; ed Elettra chiese il giudizio della cittadella musicale germanica, della rocca forte dell'arte tedesca: Monaco. Ma il pubblico bavarese non è mai troppo caldo nei suoi entusiasmi e non è nemmeno troppo severo nelle critiche contrarie: sa stare al suo posto, sa applaudire e sa non applaudire: niente di più. Monaco non è una città che può dare, come pubblico, un gran successo ad un'opera. A ciò penserà la critica, forse quella più quotata come Colonia, tra tutta la Germania; così, l'Elettra se trovò un pubblico nè troppo entusiasta, nè troppo freddo, ebbe invece una critica abbastanza favorevole.
E questa fu l'ultima tappa. Ma la via crucis non è finita, continua a Milano, e continuerà ancora.

In Italia forse, l'Elettra troverà entusiasti e oppositori accaniti, già divisi probabilmente, in forti schiere; in Italia forse, l'Elettra trionferà oppure rovinerà dal fragile piedistallo di gloria sul quale si è innalzata.
Io non so, nè voglio azzardare un giudizio e una profezia: a Monaco, io son stato tra quel pubblico tranquillo; non mi son entusiasmato, e non son rimasto freddo... ma io non sono bavarese. È vero, sono italiano e perciò aggiungo che all'Elettra non mi sono addormentato, ed è già qualcosa.
Qualunque sia per essere, dunque, il verdetto della Scala, a Strauss che valorosamente chiede il giudizio di Milano, e all'Elettra che attende il risultato della prova italiana, rispondendo all'armonioso fatidico verso dell'eroina antica:

Cadon tutte le ore dalle stelle...

auguro che l'ora italica caschi dalle buone stelle per l'Elettra. E sia quest'ora benigna e propizia.