I dizionari Baldini&Castoldi

Grande-duchesse de Gérolstein, La di Jacques Offenbach (1819-1880)
libretto di Henri Meilhac e Ludovic Halévy

Opéra-bouffe in tre atti e quattro quadri

Prima:
Parigi, Théâtre des Variétés, 12 aprile 1867

Personaggi:
la Grande-duchesse (Ms); Fritz, soldato (T); Wanda, sua fidanzata (S); il barone Puck, precettore della granduchessa (Bar); il principe Paul (T); il generale Boum (Bar); il barone Grog, diplomatico (Bar); Nepomuc, aiutante di campo (T); Iza (S), Olga (S), Amélie (Ms), Charlotte (Ms), damigelle d’onore; ufficiali, soldati, musicisti, tamburini, cantinieri, contadini, dame d’onore, signori



La Grande-duchesse de Gérolstein resta legata indissolubilmente all’Esposizione universale di Parigi del 1867: Offenbach lavorò alacremente affinché la prima avvenisse in contemporanea all’apertura della mostra, che attirò a Parigi visitatori da tutto il mondo. Per quest’occasione abbandonò la piccola sala dei Bouffes Parisiens e si trasferì al Théâtre des Variétés. L’argomento dell’operetta, un’aperta satira della guerra e della vita militare, preoccupava non poco la censura, e Meilhac e Halévy trasportarono la vicenda nel Settecento, nel granducato di Gérolstein, inventato da Eugène Sue nei suoi Mystères de Paris .

La trama ricorda un poco quella della Vedova allegra : anche qui c’è un minuscolo stato, governato da una bella donna irrequieta a cui si vorrebbe dare un marito, il principe Paul. Ma la granduchessa ha un debole per i militari (“Ah! que j’aime les militaires!”) e passando in rassegna il suo esercito comandato dal generale Boum, stupido gradasso (“A cheval sur le discipline”), non manca di notare il bel Fritz, soldato semplice. Incurante del fatto che Fritz sia fidanzato con Wanda, lo nomina suo generale al posto di Boum e gli dona la sciabola un tempo appartenuta a suo padre (“Voici le sabre”). La scena di questa solenne consegna e quella precedente, uno sfoggio di virtuosismi vocali sulle parole della granduchessa «J’ai mes nerfs», dimostrano ancora una volta come Offenbach si prendesse gioco delle convenzioni operistiche del suo tempo. Fritz torna vittorioso dalla guerra e la Grande-duchesse gli dichiara il suo amore, facendo finta di parlare per un’altra dama (“Dites-lui qu’on l’a remarqué”). Il giovane, da perfetto stupido qual è, non capisce nulla, e la donna, furiosa, si unisce alla congiura che Boum e altri cortigiani stanno tramando contro di lui (“Sortez, sortez de ce couloir”), in una satira abbastanza evidente degli Ugonotti . Nel terzo atto gli interessi della granduchessa si dirottano sull’ambasciatore Grog, ma alla fine ella acconsente a sposare Paul e permette a Fritz di sposare Wanda.

L’opera segnò l’apogeo della fama di Hortense Schneider. Scoperta da Offenbach nel 1855, era stata la creatrice del personaggio della Belle Hélène , ma in quello della capricciosa granduchessa superò veramente se stessa. La sua interpretazione attirò ai Variétés statisti, diplomatici e spettatori di sangue reale, tra i quali il principe di Galles, che, pare, tornò a Londra carico di sue foto ricordo. Neppure Bismarck non mancò di rendere omaggio a questa sovrana da operetta, che lo confortava nella sua opinione che la divisione della Germania in tanti staterelli dovesse finire al più presto. Quali i motivi di tanto successo, oltre la musica sempre accattivante di Offenbach? Come al solito, gli stretti legami esistenti tra il palcoscenico e la realtà. Agli occhi di molti osservatori stranieri, l’impero di Napoleone III non appariva meno ridicolo di quello di Hortense. Basti riferire il giudizio che l’arciduca Massimiliano d’Austria, destinato a morire tragicamente proprio in quel 1867, aveva dato dopo una visita alle Tuileries: «Tutto dà l’impressione, per così dire, di una corte di dilettanti dove le varie cariche sono ricoperte da volenterosi non molto esperti ». Agli occhi del pubblico parigino le vicende di Gérolstein richiamavano dunque avvenimenti reali, ed esorcizzavano la paura della guerra.

a.t.

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