ROBERTO MASTROSIMONE


RECENSIONE A





CLICK TO ENTER


È un'edizione registrata all'Opernhaus di Zurigo nel 2001 e ripresa dall'onnipresente Brian Large. La regia teatrale è di Jürgen Flimm.
È uno dei Don Giovanni più inquietanti che sia dato di vedere eascoltare.
«Dramma giocoso» è definito nel libretto, ma di giocoso non resta nulla in quest'allestimento. Scenografia ridotta all'essenziale, costumi atemporali, come a togliere al dramma ogni riferimento preciso a epoche storiche, tutto si gioca sulle luci fortemente contrastate che tagliano la scena e i personaggi su uno sfondo perennemente oscuro. Sembra volerci ricordare che l'opera si svolge di notte e notte è in tutti i sensi, quando il Male si afferma attraverso una sua incarnazione.
Harnoncourt ricorre a un fraseggio asciutto, acido, tagliente, che mette al bando ogni edonismo sonoro, e a un'agogica varia, spesso tendente all'indugio; i recitativi sconfinano talvolta nel parlato.
Chi fosse abituato al Mozart incipriato e dai personaggi sculettanti di moda qualche decennio fa resterà sconcertato da questa visione quasi «espressionista» dell'opera. Harnoncourt comunque avrebbe avuto bisogno di ben altra compagnia di canto per condurre compiutamente in porto il suo progetto. Invece solo l'Elvira della Bartoli realizza fin in fondo le intenzioni del maestro. Un'Elvira isterica al massimo, sempre in preda a una crisi nervosa che la Cecilia riesce a interpretare alla perfezione.
Rodney Gilfry incarna bene il protagonista dal punto di vista scenico, ha l'aspetto cinico, amorale, spregiudicato, sembra quell'epifania del Male, a cui però non si sa resistere; niente di cavalleresco rimane in questo personaggio, che ricorda di più i «duri» del cinema statunitense.
Occhi di ghiaccio, ghigno cattivo, compiacimento di fronte al male.
Niente di «aristocratico» in lui: benda Donna Anna per stuprarla, uccide a tradimento il Commendatore pugnalandolo, il coltello non la spada è la sua arma, si dimostra il degno partner di Leporello, di cui non riesce a fare a meno: mai è risultato così evidente l'intenso legame che lega i due, che appaiono come l'unica vera "coppia" dell'opera. La cattiva pronuncia italiana rovina in larga parte il risultato. Così anche in László Polgár, un Leporello servile e meschino, esatto alter ego del suo padrone, di cui risulta carbon copy mal riuscita; anche voce
gutturalnasale. Isabella Rey è una Donna Anna scenicamente nobile, ma vocalmente non a suo agio (che acuti intubati!). Buono il Don Ottavio di Roberto Saccà, come la Zerlina di Liliana Nikiteanu. Senza infamia e senza lode il Masetto di Oliver Widmer. Di grande potenza vocale invece il Commendatore di Matti Salminen, che ha questa parte nel suo repertorio. La scena in cui Don Giovanni sprofonda agl'inferi è davvero impressionante e raramente mi era capitato di vederne e ascoltarne una altrettanto efficace. Un po' «aperto» il finale con la morale, in cui i personaggi cantano «Questo è il fin...» seduti allineati, leggendo come da un libretto di orazioni, mentre sullo sfondo si vede Don Giovanni che
amoreggia con una bella figliola (ed era ora, visto che per tre ore era andato in bianco!) e sulla destra del palcoscenico compare un'auto e i simboli del piacere materiale; Leporello si volge e indica agli altri personaggi e al pubblico le immagini mentre i personaggi lanciano il libretto indietro, come per dire che tutto è falso. Forse, le morali sono tutte false e l'inferno è una gran bufala inventata dai moralisti, chi se l'è spassata in questa vita a spese degli altri se la gode anche nell'altra e l'idea di una giustizia ultraterrena è un'illusione? ovvero l'inferno non è fiamme e sofferenza, ma la perpetuazione dei piaceri materiali?
La ripresa tv è in 16:9 e privilegia, giustamente, i primi piani, sottolineando l'espressività davvero eccezionale di tutti. La ripresa audio ha come producer Christopher Reaburn, mitico producer della Decca, e si sente. È in due DVD e comprende 24 minuti di extra con interviste alla Bartoli, Harnoncourt, Gilfry.
In conclusione: sicuramente un Don Giovanni da conoscere. Geniale, eccentrico forse, mai banale. Harnoncourt si dimostra davvero uno dei maggiori direttori del momento; potrà non piacere, ma non si può non restare ammirati di fronte a tanta intelligenza e coerenza interpretativa.